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La Stampa Rassegna Stampa
10.06.2015 Un anno di terrore: quel che resta di Mosul e dell'Iraq dopo dodici mesi di Stato Islamico. E la Turchia è alleata del Califfo
Due cronache di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 10 giugno 2015
Pagina: 13
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Velo, frustate e lapidazioni: in un video l'inferno di Mosul - E il Califfo ordina di non attaccare 'l'alleata' Turchia»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/06/2015, a pag. 13, con i titoli "Velo, frustate e lapidazioni: in un video l'inferno di Mosul", "E il Califfo ordina di non attaccare 'l'alleata' Turchia", due servizi di Maurizio Molinari.

Ecco gli articoli:


Maurizio Molinari e il suo recente libro "Il Califfato del terrore"

Velo, frustate e lapidazioni: in un video l'inferno di Mosul

Donne obbligate a coprirsi le mani con i guanti, uomini mutilati solo per aver fumato una sigaretta, esecuzioni in strada di oppositori e adulteri, case cristiane marcate come se fossero contagiate dalla peste e la requisizione di un quarto di ogni salario per sostenere il Califfato: è la vita quotidiana di terrore e violenza dentro Mosul come viene descritta da immagini e testimonianze raccolte dalla Bbc ad un anno dalla cattura della città da parte dei jihadisti dello Stato Islamico (Isis).

Guanti obbligatori
Il reporter Ghadi Sary riesce a far entrare gli spettatori dentro le viscere del Califfato in una Mosul che si prepara alla difesa dalla preannunciata offensiva dell’esercito iracheno di Haider al Abadi. Seguendo i fotogrammi si ascolta una donna di nome Hanaa ricostruire come, dopo essere stata chiusa in casa dal giorno dell’arrivo dei jihadisti, osò uscire assieme al marito coperta dal chador decidendo, come unico atto di libertà, di scoprirsi il viso una volta seduta al ristorante. «Ma il proprietario venne di corsa a chiedermi di ricoprirmi subito, perché mio marito rischiava di essere frustato in pubblico», racconta, affermando che in altri casi delle donne coperte integralmente dal «niqab» sono state riprese al mercato per avere le mani scoperte: «Isis ci impone di mettere anche i guanti». Neanche un centimetro di pelle femminile deve rimanere scoperto.

La fuga dei cristiani
I quartieri cristiani di Mosul appaiono deserti nelle immagini della Bbc, con le singole case marchiate da grandi lettere arabe «N», in nero, per indicare l’appartenenza a «nazareni», quasi fosse un contagio da cui stare lontani. Alcuni testimoni cristiani narrano di fughe nella notte e proprietà confiscate per ordine del Califfo, perché «se i cristiani fuggono, ciò che lasciano diventa subito di loro proprietà».

La legge del Califfato è feroce con chi viene trovato a violare la sharia: chi ruba o fuma ha la mano amputata, gli uomini adulteri vengono gettati dai tetti e le donne adultere lapidate a morte, sempre con esecuzioni pubbliche per intimorire il resto della popolazione, obbligata a versare al Califfo almeno il 25 per cento delle entrate per finanziare la «difesa» dall’imminente offensiva governativa. Con questi fondi i jihadisti hanno costruito un reticolo di bunker, tunnel, postazioni blindate per cecchini e trappole esplosive grazie alle quali contano di difendere a oltranza la più popolosa città del Califfato.

E il Califfo ordina di non attaccare 'l'alleata' Turchia


La Turchia di Erdogan ha ottime relazioni economiche e politiche con lo Stato Islamico

Pubblicando online un magazine di 46 pagine lo Stato Islamico (Isis) offre un patto di non aggressione a Recep Tayyp Erdogan. «Konstantinyye» è scritta in turco, è destinata all’opinione pubblica turca, promuove l’estensione del Califfato alla Turchia ed esce in coincidenza con l’anniversario della cattura di Costantinopoli da parte dei musulmani nel 1453.

Ma, articolo dopo articolo, mujaheddin e ideologi fedeli al Califfo Abu Bakr al-Baghdadi fanno attenzione a non suggerire l’uso della forza contro la Turchia: non si parla di attentati, di «musulmani infedeli» e di applicazione spietata della sharia «contro il nemico» come Isis fa nei suoi messaggi digitali contro gli avversari di turno. La spiegazione di questo approccio viene dal testo di un articolo, intitolato «Chi è un apostata?», nel quale la Turchia non viene descritta come un campo di battaglia dei jihadisti bensì come una «fonte di risorse umane» cruciale per il successo finale del Califfato.

Diplomazia jihadista
Nel linguaggio di Isis, fatto di messaggi affidati al Web, ciò significa che la Turchia di Recep Tayyp Erdogan è la prima nazione musulmana che non considera a priori da abbattere, con cui è di fatto possibile una sorta di patto di non aggressione. Sebbene la data di pubblicazione sia il 29 maggio, i contenuti sono stati diffusi solo all’indomani dell’esito elettorale in Turchia, che ha visto il partito di Erdogan perdere per la prima volta la maggioranza assoluta in 13 anni. Ciò significa che il Califfo sfrutta il momento di debolezza di Erdogan per tendergli la mano. È il debutto di una inedita diplomazia jihadista.

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