La sconfitta del sultanicchio
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
A destra: Erdogan lascia transitare i terroristi dello Stato Isalmico e blocca alla frontiera i profughi siriani
Cari amici,
oggi sono contento. Proprio contento. Sono andato a dormire bene ieri sera e mi sono svegliato meglio. La ragione? Sette lettere: t-u-r-c-h-i-a. La notizia della sconfitta di Erdogan e della vittoria del partito curda è ottima. Innanzitutto per i turchi, che hanno mostrato al mondo e innanzitutto a se stessi, che una democrazia anche ridotta in un angolo possa sconfiggere il fascismo strisciante del partito al potere.
Recep Tayyip Erdogan
Vi ricordo che Erdogan come primo ministro aveva represso nella maniera più brutale le manifestazioni degli studenti (vi ricordate Piazza Taksim e il parco Gezi a Istanbul? http://it.wikipedia.org/wiki/Proteste_in_Turchia_del_2013 Sembra passato un secolo e invece sono solo due anni... L'Europa e l'amministrazione Obama naturalmente non fecero un bel niente per difendere i ragazzi che manifestavano pacificamente, come non avevavo fatto nulla a favore del movimento verde di Teheran del 2009-2010... http://it.wikipedia.org/wiki/Movimento_Verde). Che si era inventato una congiura militare, che gli stessi tribunali turchi avevano giudicato inesistente, per decapitare l'esercito. Che nell'ultimo anno aveva usato tutta la sua forza in maniera molto discutibile sul piano legale per contrastare un suo compare, tal Fethullah Gülen, uno strano predicatore religioso con molti addentellati burocratici e politici (http://it.wikipedia.org/wiki/Fethullah_G%C3%BClen), che prudentemente era scappato da tempo negli Stati Uniti. Che aveva destituito giudici e poliziotti rei di aver scoperto e documentato la corruzione della sua famiglia. Che, diventato presidente della Repubblica, si era fatto una specie di palazzo reale di mille stanze ad Ankara. Che aveva cercato in tutti i modi di abolire di fatto la libertà di stampa, sbattendo in carcere centinaia di giornalisti, da ultimo minacciando dell'ergastolo il direttore di un giornale che aveva denunciato le collusioni con l'Isis, di cui vi parlerò fra poco. Che aveva restaurato tutti i costumi islamici abbandonati da tempo, il velo, l'antica scrittura arabeggiante, il finanziamento delle scuole religiose. Ormai si parlava apertamente di un cambiamento altamente simbolico, la restituzione al culto islamico dell'antichissima chiesa di Aghia Sofia, trasformata in moschea dopo la conquista islamica di Costantinopoli, che Kemal aveva ridotta a museo negli anni Trenta. Del resto all'interno come all'estero Erdogan praticava apertamente una politica neo-ottomana, dunque imperialista autoritaria e islamista che aveva il progetto esplicito di soffocare la modernizzazione dei costumi del paese.
Naturalmente la sconfitta di Erdogan è relativa, il suo partito ha ancora il 40% dei voti, il che non meraviglia in un paese per lo più composto di piccoli villaggi in cui il peso del potere è molto forte. E in cui l'islam non ha mai perso peso e importanza. Ma il suo progetto di modificare la costituzione, che attualmente è sostanzialmente parlamentare in un regime presidenziale autoritario incontra una sostanziale battuta d'arresto. Il suo partito non ha i numeri per votarla, probabilmente non ne ha neanche più la voglia. E' possibile che Erdogan voglia tentare l'avventura di nuove elezioni, ma non è detto che il partito lo segua in una sfida pericolosissima all'opinione pubblica.
Il voto fa molto bene alla regione. Perché, partita dieci anni fa col programma “zero problemi con i vicini”, il governo di Erdogan ha attaccato briga con tutti. Da amico di Assad è diventato il suo peggior nemico; da un progetto di riconciliazione con l'Armenia che era arrivato addirittura a un accordo scritto è arrivato al tentativo esplicito e violento di boicottare il centenario del genocidio, inclusa una clamorosa lite col Papa; il processo di avvicinamento all'Unione Europea si è interrotto, non solo per il pessimo stato dei diritti umani, ma anche per le minacce a Cipro, di cui la Turchia occupa militarmente la metà e che cerca di tiranneggiare. Anche le relazioni con l'Iran, con cui pure Erdogan aveva fatto traffici contro il boicottaggio, sono andate storte. L'antica alleanza con Israele si è rotta, prima con una clamorosa scenata a Peres (al morbido Peres, non con Netanyahu) al Word Economic Forum di Davos, poi con la vicenda della flottiglia per Gaza, curata da un'organizzazione turca vicina ad Al Qaeda protetta dal regime turco. Questi gesti erano intesi a procurare alla Turchia popolarità nel mondo arabo, nell'ottica del progetto neo-ottomano che è la linea fondamentale di Erdogan. Peccato che gli arabi non si fidino della Turchia e che in particolare non gradiscano l'affiliazione del regime turco alla Fratellanza Musulmana, l'organizzazione che ha cercato di sovvertire l'Egitto, la Tunisia, la Libia e anche l'Arabia Saudita, oltreché naturalmente Gaza con il suo braccio palestinista, Hamas. Il risultato è che la Turchia ha pessimi rapporti con tutti questi paesi e che ormai assieme all'altro stato estremista della regione, il Qatar, è isolato anche nel mondo musulmano. E qui viene l'ultimo atto, il legame sempre più evidente con lo stato islamico, con cui sono documentati rifornimenti turchi di armi e volontari, oltre al rifiuto di consentire alla coalizione anti-Isis di usare le sue strutture militari. Per non parlare della cinica inazione di fronte all'attacco dell'Isis alla città curda di confine di Kobane, che è stata assediata per mesi e poi sanguinosamente liberata casa per casa, proprio sotto gli occhi delle truppe turche che evidentemente speravano di vedere la strage dei curdi.
Insomma, la Turchia di Erdogan è stata uno dei fattori più negativi nella grande crisi del Medio Oriente dell'ultimo decennio. L'Europa e anche l'America di Obama non hanno avuto il coraggio di dirlo, anzi hanno cercato un'illusoria complicità con l'islamismo turco. Il nostro governo non ha avuto la dignità di mandare una delegazione decente alle celebrazioni del genocidio armeno per paura di irritare Erdogan. Come vi ho già scritto, ancora quattro giorni fa Obama consigliava pubblicamente l'Europa di prendersi nel corpo la bomba islamista turca (http://www.lefigaro.fr/international/2009/04/06/01003-20090406ARTFIG00496-turquie-dans-l-ue-obama-persiste-et-signe-.php). Tutto questo non sparisce, naturalmente, per una sconfitta elettorale. Ma il pubblico turco mostra di non gradirlo, di volere una politica meno autoritaria all'interno e meno ambiziosamente aggressiva all'esterno. Posso solo sperare che il messaggio sia ascoltato. Per ora sono contento.
Ugo Volli