Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 08/06/2015, a pag. 15, con il titolo "Quei nomi nazisti rimasti attaccati alle nostre malattie", l'analisi di Giacomo Galeazzi.
Giacomo Galeazzi
Riccardo Di Segni
Chi si sottopone alla fecondazione usa spesso il «test di Clauberg» per misurare l’azione del progesterone. Peccato che Carl Clauberg, ginecologo a Konisberg, mise a punto sulle internate nei lager il trattamento contro la sterilità femminile. Sono decine le patologie che portano denominazioni assegnate da medici nazisti. Per i tribunali sono criminali di guerra, per la comunità scientifica no. La campagna mondiale per cambiare nome a queste malattie parte oggi da Roma con un convegno organizzato all’università La Sapienza dalla comunità ebraica. Una svolta epocale.
Tra i relatori il rettore Eugenio Gaudio, il rabbino capo e medico Riccardo Di Segni, Cesare Efrati (Ospedale Israelitico). «Serve un accordo internazionale per cancellare i nomi: un gesto di alto valore etico - precisa Di Segni - Io stesso ho studiato per decenni malattie senza sapere che si riferivano a criminali nazisti». Gilberto Corbellini, ordinario di storia della medicina, illustrerà la proposta di effettuare una bonifica etica della nomenclatura medica, cancellando gli eponimi usati per denotare alcune malattie che ricordano medici che aderirono al nazismo, macchiandosi di gravi crimini. «Come nei casi di Julius Hallervorden e Hugo Spatz, neuropatologo il primo e psichiatra il secondo, che insieme danno il nome a una sindrome neurodegenerativa, ma che avevano espiantato e studiato i cervelli di centinaia di bambini, adolescenti e malati di mente uccisi nell’ambito del progetto nazista che dal 1939 prescriveva l’eutanasia per i soggetti ritenuti non degni di vivere», evidenzia Corbellini. Criminali e luminari come Hans Reiter.
Gilberto Corbellini
Esperimenti crudeli
I pazienti affetti da spondilite soffrono di “sindrome di Reiter”, cioè di una infiammazione dei tessuti connettivi scatenata da infezioni batteriche. Durante la Seconda guerra mondiale, il regime nazista e l’esercito tedesco effettuarono centinaia pratiche di «sperimentazione umana», usando e costringendo come cavie i deportati in diversi campi di concentramento. Tali esperimenti sono stati ritenuti crudeli, e per questo medici ed ufficiali coinvolti furono condannati per crimini contro l’umanità in processi storici come quello di Norimberga. I fini dichiarati erano in molti casi verificare la resistenza umana in condizioni estreme o sperimentare vaccini, ma spesso gli scopi non furono riconducibili se non alla perversione del personale medico. Un inferno.
Esperimenti a fini militari (decompressione per il salvataggio da grande altezza o congelamento-raffreddamento prolungato); a carattere scientifico (sterilizzazione, esposizione a raggi X, castrazione chirurgica) e ricerche per la preservazione genetica della razza (sperimentazioni sui gemelli monozigotici o cura ormonale dell’omosessualità). Molte di queste procedure venivano eseguite non solo senza il consenso della «cavia» ma anzi contro il suo volere e molte portavano a morte sicura o atroci dolori.
O lasciavano, se il prigioniero sopravviveva, menomazioni e danni permanenti. «E’ incredibile la crudeltà e la spietatezza degli esecutori, ma ancor di più il fatto che molti degli autori erano medici e scienziati di chiara fama e elevata professionalità», osserva Efrati. Malgrado i crimini e le barbarie di cui si macchiarono ed il fatto che molti di loro furono processati e ritenuti colpevoli, ancora oggi alcune delle loro ricerche e dei loro dati vengono usati come materiale per ricerche attuali (come le tecniche di congelamento impiegate da università americane), o come metodi diffusi ancora nella pratica clinica. Malgrado l’orrore.
I camici bianchi dei lager
«La nomenclatura medica celebra medici nazisti come Hans Eppinger, Murad Jussuf Bei Ibrahim, Eduard Pernkof, Hans Joachim Scherer, Walter Stoeckel e Friedrich Wegener - sottolinea Corbellini - Oltre a propagandisti dell’eugenica razziale e dell’eutanasia per i ritardati mentali: Eugene Charles Apert, Wilhelm His jr., Robert Foster Kennedy e Madge Thurlow Macklin». Da Roma parte l’iniziativa per la pulizia morale, anche a favore delle giovani generazioni di medici che si stanno formando senza neppure ricordare i crimini compiuti da alcuni loro colleghi legati al nazismo e al fascismo. Nomi che evocano tragedie e rimasti nell’uso per l’inerzia dell’abitudine o per resistenze nazionalistiche.
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