Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/06/2015, a pag. 12, con i titoli "L'Isis 'prosciuga' l'Eufrate per aprirsi la via verso Baghdad" e "Quindicimila iraniani in Siria per puntellare le forze di Assad", due servizi di Maurizio Molinari.
Ecco gli articoli:
Maurizio Molinari e il suo recente libro "Il Califfato del terrore"
"L'Isis 'prosciuga' l'Eufrate per aprirsi la via verso Baghdad"
L'Eufrate nel nord dell'Iraq
Il Califfo manovra l’Eufrate come un’arma per dare l’assalto a Baghdad seguendo un copione che evoca lo stratagemma con cui le armate di Semiramide conquistarono l’Antica Balbilonia.
Catturata Ramadi a fine maggio, i miliziani dello Stato Islamico (Isis) si sono affrettati ad assumere il controllo della diga a Nord della città. Gli ingegneri al servizio del Califfo Abu Bakr al Baghdadi hanno chiuso 23 dei 26 grandi cancelli idrici, aprendo i rimanenti tre solo per alcune ore del giorno. Il risultato è stato duplice: il livello del fiume è aumentato nell’area di Falluja, sotto controllo di Isis, ed è diminuito davanti alle città di Khalidiya e Habbaniya dove truppe irachene e milizie sciite stanno erigendo le difese per bloccare l’avanzata del nemico verso Baghdad.
Come gli antichi assiri
Ciò significa che i contadini dello Stato Islamico hanno più acqua per i loro campi, mentre le truppe di Haider Al Abadi non possono più contare sul fiume come barriera anti-Califfo. Il motivo è che il livello del fiume, secondo il capo della sicurezza di Khalidiyah Sheik Ibrahim Khalaf al Fahdawi, è «sceso di oltre un metro» rendendo possibile ai miliziani jihadisti di attraversarlo a piedi. Fino a pochi giorni fa invece le acque alte obbligavano Isis a progettare attacchi solo usando ponti e porti fluviali, presidiati in forze dalle truppe di Baghdad.
È una tattica che ricorda quanto fecero i capi militari della regina Semiramide 2700 anni fa, guidando le truppe assire all’assalto di Babilonia adoperando un «brillante trucco acquatico» che Frontinus, comandante degli Acquedotti nell’Antica Roma, descrisse così nel suo «Stragemmi»: «Obbligarono i fiumi a correre dove volevano, al fine di avere un vantaggio». Semiramide ordinò agli ingegneri di deviare il corso dell’Eufrate per consentire al suo esercito di marciare sull’asciutto fino al cuore di una Babilonia divisa in due dai flutti. La leggenda vuole che la mitica Medea, il re persiano Serse e Alessandro il Grande ricorsero allo stesso «trucco dell’acqua» per impossessarsi di Babilonia e ora questa tattica si ritrova negli ordini di campo di Abu Muslim al Turkmani, capo delle forze di Isis in Iraq.
Si tratta di un alto ufficiale delle unità speciali della Guardia Repubblicana di Saddam Hussein - al pari di Abu Ali al Anbari, capo delle operazioni Isis in Siria - che nel 2003 non ebbe il tempo di applicare contro l’esercito americano simili tattiche. Ma ora la situazione è diversa: l’avversario non sono le super-veloci divisioni dei Marines bensì un esercito iracheno lento nei movimenti di terra e dunque vulnerabile agli stratagemmi degli antichi assiri. Per Sabah Karhout, capo della provincia di Anbar, «Isis gioca sporco, facendo mancare l’acqua a donne e bambini» ma ad Al Turkmani poco importa: si è affrettato a manovrare la diga come un’arma perché vuole scompaginare i piani delle milizie sciite Hash al Shaabi, obbligandole a disperdere i contingenti lungo gli argini senza poter prevedere da dove verrà l’attacco.
Battaglia per la capitale
È un espediente che gli garantisce il «fattore sorpresa» teso a ridurre l’efficacia di Kataeb Hezbollah, i miliziani sciiti iracheni meglio armati ed addestrati perché istruiti dalla Forza Al Qods dei Guardiani della rivoluzione iraniana. Gli spietati scontri frontali avvenuti a Tikrit sono bastati ad Al Turkmani per dedurre che l’unica maniera per batterli è obbligarli a schierarsi su un fronte troppo vasto. Inizia così la battaglia per Baghdad, il cui esito dipenderà dal duello fra gli spregiudicati veterani di Saddam e le milizie sciite votate al sacrificio.
"Quindicimila iraniani in Siria per puntellare le forze di Assad"
Volontari delle milizie raccolti fra i giovani sciiti in Iran, Iraq e Afghanistan
Sono almeno 15 mila i miliziani sciiti che l’Iran ha fatto entrare in Siria negli ultimi giorni, promettendo di «sorprendere» i nemici del regime di Bashar al Assad. La notizia arriva da giornali e tv libanesi, secondo cui si tratta di miliziani reclutati in Iran, Iraq e Afghanistan per affiancare ciò che resta dell’esercito di Assad nel tentativo di strappare l’iniziativa militare agli avversari.
I miliziani, anche di giovane età, sono stati assegnati alla regione di Damasco e all’area di Latakia, lungo la costa abitata in prevalenza dagli alawiti, l’etnia degli Assad. Proprio da Latakia, il generale iraniano Qassem Soleimani, comandante della Forza Al Qods dei Guardiani della rivoluzione, ha parlato senza mezzi termini della preparazione della controffensiva contro i ribelli islamici. «Il mondo sarà sorpreso da quanto noi e la leadership militare siriana stiamo preparando per i prossimi giorni» ha detto Soleimani all’agenzia iraniana «Irna», lasciando intendere la volontà di rovesciare la situazione tattica che vede ora l’Esercito della Conquista - le milizie islamiche guidate da Al Nusra - padrone della provincia di Idlib e lo Stato Islamico (Isis) a circa 70 km dalla capitale.
Il generale Soleimani
Se Soleimani accelera i tempi della controffensiva, suggeriscono fonti arabe a Beirut, è per «risollevare il morale delle truppe siriane» ed anche per «non perdere forza contrattuale con gli Stati Uniti nel negoziato sul programma nucleare», arrivato all’ultima boa, in ragione dell’importanza che Washington assegna a Teheran per evitare il crollo della Siria nelle mani dei jihadisti.
L’Isis avanza ad Hasakah
In attesa della controffensiva di Assad, Isis sembra però in grado di cogliere un altro risultato: la capitale della provincia di Hasakah, nel Nord-Est, «può cadere nella mani del Califfo» avvertono i leader curdi locali che ne controllano circa metà. A suggerire tale sviluppo sono le cinque autobombe che ieri Isis ha fatto esplodere contro una guarnigione siriana alle porte del capoluogo di Hasakah, innescando la fuga di massa dei soldati come già a Palmira. Human Rights Watch afferma che aerei del regime hanno lanciato su alcuni villaggi di Idlib «barili di esplosivo ad alto contenuto tossico» suggerendo il ricorso ad armi proibite nell’estremo tentativo di recuperare il terreno perduto.
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