Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 03§/06/2015, a pag. 16, con il titolo "Raid inutili, coalizione anti-Isis in panne", l'analisi di Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari e il suo recente libro "Il Califfato del terrore"
Cosa fa l'Onu di fronte ai crimini dello Stato Islamico?
La coalizione anti-Isis fa mea culpa al summit di Parigi sui carenti risultati ottenuti sul campo e si impegna a raddoppiare gli sforzi militari per tentare di battere il Califfo, ma evita di affrontare il proprio tallone d’Achille.
«La cattura di Ramadi e Palmira da parte dello Stato Islamico è stato un fallimento globale» ammette il premier iracheno Haider al Abadi intervenendo alla riunione dei 25 Paesi più impegnati nelle attività belliche contro i jihadisti di Isis. Il termine «globale» per Al Abadi si spiega con «la carenza di armi e intelligence» a disposizione delle forze di Baghdad davanti ad un nemico «composto da migliaia di volontari americani, francesi e tedeschi ben addestrati e armati» e dunque «non creato in Iraq».
Al Abadi chiede di poter acquistare più armi da Russia e Iran nonostante le sanzioni, preme su Washington per avere i missili anti-tank da usare contro i blindati-kamikaze del Califfo e promette che «Ramadi sarà liberata» grazie a un «piano in via di definizione» che prevede anche «l’impiego di unità sunnite» e non solo di milizie sciite. Ma in realtà Al Abadi prepara l’assalto a Ramadi soprattutto grazie al sostegno dell’Iran, assente a Parigi: a dimostrarlo sono le sei batterie lanciamissili che Teheran ha affiancato ai tremila miliziani sciiti a cui spetta il tentativo di riconquista.
Il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, e il vicesegretario di Stato Usa, Anthony Blinken, assicurano: «Raddoppieremo gli sforzi per sostenere le truppe irachene» ovvero gli unici contingenti di terra a disposizione della coalizione per contrastare il Califfo. Anche se il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, ammette: «Non ci illudiamo, la vittoria militare non sarà facile da ottenere ed anche vincere la pace sarà difficile». Blinken parla di «tempi lunghi» dopo «lo smacco di Ramadi».
Il punto debole
Fonti diplomatiche Usa indicano che il summit ha raggiunto l’intesa per rafforzare l’impegno anti-Isis su sei fronti: la campagna militare, il flusso di volontari attraverso la Turchia, le fonti finanziarie, il contrasto della propaganda online, il sostegno economico ai territori iracheni riconquistati e gli aiuti umanitari.
Ma a evidenziare la debolezza di tale strategia c’è il silenzio del summit sul tallone d’Achille delle operazioni: il 75% delle missioni aeree si concludono senza lancio di ordigni per carenza di obiettivi. È il Comando Centrale Usa a Tampa a diffondere i dati: nei primi 4 mesi dell’anno i jet hanno condotto 7319 missioni e solo in 1859 - pari al 25,4% - sono state usate bombe. Il motivo è la carenza di obiettivi dovuta al fatto che Isis disperde le forze in unità molto ridotte, celandole fra i civili, comportandosi da «nemico ibrido» - come lo definiscono il portavoce del Pentagono - difficile da identificare ed eliminare per mancanza di informazioni di intelligence che potrebbero essere garantite solo da contingenti di truppe scelte sul terreno.
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