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Il calcio e il ramo troppo alto 31/05/2015

Il calcio e il ramo troppo alto
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

scusatemi, devo confessarvi una debolezza. Non mi piace il calcio, non mi interessa, non ne so niente. Gli ultimi calciatori di cui ricordo facilmente il nome sono quelli della mia preistorica adolescenza: Rivera, Mazzola, Altafini, Maldini (senior). I riti dei tifosi mi infastidiscono, sono uno dei pochi disgraziati che impediscono all'audience delle partite dei mondiali di arrivare al cento per cento che meriterebbero. Trovo deplorevoli certe figure di giocatori teppisti, di cui Maradona è il prototipo.
Perché vi confesso questi miei difetti? Ma è semplice, per spiegarvi che della politica sportiva mi interessa molto poco. Trovo i dirigenti sportivi molto meno interessanti dei calciatori, che almeno i loro stipendi milionari se li guadagnano con un po' di sudore e sanno fare qualcosa di più complicato di lanciare proclami alla folla, anche solo correre e tirare calci a un pallone.

Con queste premesse, capirete che non considero l'appartenenza di un paese all'organizzazione internazionale del calcio un problema rilevante in linea di principio. Se la Gran Bretagna volesse uscire dalla FIFA (credo si chiami così, nomen omen) sulla base del fatto che continuano a guidare a sinistra e (non ufficialmente ma diffusamente) a misurare le cose in pollici, piedi e galloni - be', non avrei nulla in contrario a questa dimostrazione di sana eccentricità.
E non mi scandalizzerei certo se la stessa FIFA decidesse di espellere il Qatar, perché tratta in maniera terribilmente inumana, anzi francamente schiavistica, i lavoratori immigrati che costruiscono gli stadi per i mondiali che la stessa FIFA ha aggiudicato al ricchissimo stato sponsor del terrorismo.
Vivono in condizioni inumane, ne sono morti 1300 finora, si calcola che il costo di vite umane per i campionati mondiali del 1922 sarà di 22 omicidi bianchi per partita, cioè 4000 vittime (http://www.lastampa.it/2015/05/22/sport/calcio/la-costruzione-degli-stadi-per-qatar-una-carneficina-morti-per-partita-NKRFMIJUPrzDyanmg39PON/pagina.html ).

Ma la cosa non interessa né i difensori laici ed ecclesiastici degli immigrati in Italia, né tantomeno alla FIFA, la cui corruzione anche per questo appalto è oggetto di indagine da parte della magistratura americana. Ma naturalmente la FIFA non ha deciso di espellere il Qatar, bensì, come sapete se non altro perché questo sito vi ha informato quasi un mese fa (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=4&sez=120&id=58113 ), di sospendere Israele su richiesta della federazione calcistica dell'Autorità Palestinese, guidata da un noto sostenitore del terrorismo (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4662579,00.html ) come Jibril Rajoub, uno che ha dichiarato che se avesse una bomba atomica la userebbe immediatamente contro Israele, senza pensarci due volte (http://news.yahoo.com/moderate-palestinian-leader-swears-had-nuke-d-used-120410701.html ).

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Ci sono state varie trattative, discussioni, si è arrivati quasi al voto, quando poi la delegazione dell'ANP l'ha ritirata, visto che sarebbe stata sconfitta, in cambio di un comitato che esaminasse le loro lagnanze ( http://www.jpost.com/Israel-News/Israel-close-to-deal-with-Palestinians-to-avoid-FIFA-suspension-vote-404486 ). Ha ragione Netanyahu a dire che quella dei palestinisti alla Fifa era una “provocazione contro la pace” (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Netanyahu-Moves-like-Palestinian-provocation-in-FIFA-distance-peace-404497 ). Com'è possibile pensare a trattative di pace con qualcuno che continua a cercare di distruggere la vita normale con gli attentati quotidiani, con il boicottaggio, con le minacce di denuncia alla corte penale internazionale e con ogni sorta di continui atti di ostilità, di cui fa parte anche questa provocazione?
Se vuoi fare la pace con me, perché cerchi di distruggere il mio funzionamento come stato, regolarmente senza riuscirci?
Perché invece di cercare di aiutare i tuoi cittadini, il loro progresso, invece di creare un clima di fiducia, fai tutto quello che è in tuo potere per danneggiarmi, ostacolarmi, infastidirmi? E così che si fa la pace?

Tattiche negoziali sofisticate, qualche illuso potrebbe sostenere. Tentativi di captare la benevolenza del mondo facendo le vittime. Bizzarre tattiche, che non portano da nessuna parte, dato che sono atti di ostilità, non di rappacificazione. Quanto alla benevolenza del mondo, espressa in mille “riconoscimenti”, essa non è certo in grado di indurre gli israeliani al suicidio, come si è visto anche dai risultati delle ultime elezioni in Israele.
Ma c'è di più. Queste iniziative, oltre ad avvelenare i rapporti con quello che dovrebbe essere un partner con cui trovare un accordo che potrebbe inevitabilmente essere solo di compromesso, hanno un effetto collaterale che rende impossibile ogni accordo.

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Per capirlo, torniamo alla sceneggiata della FIFA. Come per il tentativo di ottenere la statualità con una delibera del consiglio di sicurezza dell'Onu, sei mesi fa, anche questa provocazione era chiaramente destinata al fallimento.
Per lo statuto della Fifa ci vuole il 75 per cento dei voti per ottenere la sospensione di una federazione. Gli europei non sono arrivati al punto di antisemitismo necessario per un atto così simile alle leggi razziste del nazifascismo, molte delegazioni asiatiche e sudamericane erano perplesse.
Era difficile dall'inizio che i palestinisti vincessero il voto, anche se a un certo punto si era diffusa la voce che il Qatar (già, quello dei 4000 operai morti) si era messo a comprare voti con moneta sonante (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4662441,00.html ).

Dunque dal punto di vista palestinista la rinuncia era ragionevole, seppur tardiva: sempre meglio non far registrare una sconfitta per poterci tentare la prossima volta senza un precedente negativo. Ma la notizia è stata accolta malissimo a Ramallah, con proteste e accuse di tradimento (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Palestinians-pan-withdrawal-of-motion-to-suspend-Israel-from-FIFA-404510 ). Il pubblico della propaganda palestinista era stato indotto a credere che la sospensione fosse giusta (e non lo è, pensate che fra gli argomenti addotti è che vi sono nel campionato italiano squadre di calcio formate da persone che abitano territori oltre la linea armistiziale del '49, che gli stessi palestinisti hanno concordato a Oslo di assegnare all'amministrazione israeliana).
E soprattutto che sarebbe stata un successo, che era un diritto da cui non si può recedere.

Lo stesso è stato detto per il riconoscimento all'Onu, per il non iniziare le trattative fino a che Israele non riconoscerà quel che non può riconoscere, cioè quelle linee del '49 come frontiere, per ogni singola pretesa palestinista. La parola “compromesso” è demonizzata come la “normalizzazione”. E il pubblico, sottoposto a un lavaggio del cervello senza soste, a queste cose crede ed è indotto a trattare come un tradimento qualunque attoi di realismo.

L'incitamento estremista continuo da parte dell'ANP, la rivendicazione massimalista, il rifiuto di dire alla propria base che una pace richiederà inevitabilmente un taglio molto netto delle proprie pretese (o in alternativa, la distruzione di Israele e la strage dei suoi abitanti, che continuano a predicare in molti), fa sì che, anche se volesse, la dirigenza palestinista non sarebbe in grado di fare inghiottire alla propria base i costi di qualunque trattativa.
L'ANP è salita, come usano dire gli americani, su un ramo troppo alto per riuscire a scenderne.
E questa è un'altra ragione per cui parlare in questo momento di pace, invece che di gestione del conflitto, come si ostinano a fare Obama e l'Unione Europea, è del tutto irrealistico.

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Ugo Volli


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