Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 26/05/2015, a pag. 3, con il titolo "Brulica ancora di vita la galassia islamista nel lombardo-veneto", l'analisi di Cristina Giudici.
Cristina Giudici Abdel Majid Touil
Il gruppo di jihadisti di Cologno Monzese andati a combattere in Siria
Indipendentemente dall’esito della controversa vicenda che riguarda Abdel Majid Touil, il giovane marocchino fermato la settimana scorsa nell’hinterland milanese su richiesta delle autorità tunisine perché sarebbe coinvolto nella pianificazione della strage al museo del Bardo, un dato è inconfutabile: le radici della galassia islamista in Italia restano ben piantate in Lombardia. Ed estese fino alla propaggine orientale del nord-est. Gli ultimi due provvedimenti di espulsione firmati dal Viminale pochi giorni fa riguardano infatti due islamisti che hanno vissuto fra il Veneto e il Friuli- Venezia Giulia.
Arslan Osmanoski, macedone, fino a due giorni fa viveva a Corva, in provincia di Pordenone, mentre Anass Abu Jaffar, che ora si trova in Marocco, viveva a Belluno. Entrambi sono finiti nelle indagini sui foreign fighters che partono per raggiungere i tagliagole dello Stato islamico, per via delle loro amicizie con due mujaheddin partiti per la Siria: Ismar Mesinovic e Munifer Karamalenski.
Anass Abu Jaffar, che sul suo profilo Facebook si dedica al proselitismo della “Scienza del Corano”, era amico di Mesinovic, morto durante un combattimento nel gennaio del 2014. Sebbene ora da Casablanca affermi di non capire il motivo del provvedimento del Viminale, quando si seppe della morte di Mesinovic commentò: “Voglio ricordare questo fratello morto perché il suo sogno era di riportare giustizia in quella terra”.
E’ probabile che queste due espulsioni siano state decise proprio in questi giorni anche come risposta politica del governo italiano alle richieste della Tunisia, dopo che alcuni magistrati del pool antiterrorismo di Milano hanno espresso qualche dubbio sul ruolo del marocchino arrestato a Gaggiano. Un modo per difendere il nostro lavoro di intelligence davanti a quello che sembra essere un errore giudiziario degli inquirenti di Tunisi. In ogni caso fra la Lombardia e il Veneto – dentro e fuori le associazioni culturali islamiche trasformate in moschee abusive – è cresciuta una nuova generazione di aspiranti jihadisti che hanno raccolto il testimone dei loro cattivi maestri. Come confermato e ribadito dalla Digos lombarda, più e più volte.
Quelli che negli anni 90 frequentavano la moschea di Viale Jenner, allora un crocevia di combattenti in partenza per la Bosnia e per l’Afghanistan. Nell’hinterland milanese si sono inoltre stabiliti diversi imam yemeniti, formati a Jamiat al Imam, l’università della fede fondata a Sana’a dallo sceicco salafita Abdul Majid Zindani, sostenitore di al Qaida. Ma in tutta la Lombardia sono cresciuti (e moltiplicati) anche lupi solitari, che dentro il magma della rete sono diventati reclutatori o aspiranti jihadisti. L’emblema di questa generazione è un ex rapper marocchino che viveva in Val Camonica, Anas el Abboubi, partito per la Siria nel 2013, ora diventato un tramite per i reclutatori albanesi di jihadisti in Italia. Un marocchino che, all’inizio del suo percorso di radicalizzazione, sembrava solo uno scappato di casa e si era addirittura recato alla questura di Brescia per chiedere l’autorizzazione per una manifestazione a favore della Palestina e poter bruciare la bandiera di Israele. Nella galassia integralista cresciuta nel nord d’Italia c’è anche un pachistano, arrestato recentemente: Muhammad Zulkifal, imam di Zingonia, in provincia di Bergamo, apparteneva a una cellula che in Italia faceva fundraising per finanziare attività terroristiche in Pakistan.
Nella nuova generazione di jihadisti, sparsi fra la Lombardia e il Veneto, ci sono anche molti balcanici, sempre più numerosi. Negli ultimi anni hanno creato un ponte con imam radicali, come Bilal Bosnic, ora in carcere in Bosnia, come conferma al Foglio Giovanni Giacalone, esperto di fondamentalismo islamista nei Balcani. Nelle loro trincee nel nostro paese, ci sono anche diversi italiani convertiti. E chissà come mai è passata inosservata l’audace pensata di un italiano convertito, che vive nella provincia di Belluno, al centro di una vicenda dal sapore surreale perché nello scorso aprile ha cercato di acquistare un drone da inviare in Siria.
A differenza dei loro padri, i nuovi rampolli islamisti non perdono tempo a studiare il Corano. E si muovono da soli, nelle zone grigie del web, diventando jihadisti faida- te. Difficili da individuare perché fanno parte di una cerchia ristretta, fondata su legami famigliari. Altri invece operano alla luce del sole: molte moschee dell’hinterland milanese sono gestite da trentenni che hanno studiato nelle università italiane e sanno mimetizzarsi bene nella società che li ha accolti. E si dedicano, seppur monitorati dalla polizia, al proselitismo jihadista con spregiudicata disinvoltura.
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