Riprendiamo da LIBERO di oggi, 21/05/2015, a pag. 13, con il titolo "I libri di Osama: su Usa, Francia e suicidio", il commento di Andrea Morigi.
Andrea Morigi
Osama Bin Laden
Osama Bin Laden si teneva accanto un manualetto di prevenzione contro il suicidio. Doveva essere un po’ in crisi, barricato nel suo compound di Abbottabad, in Pakistan. Confuso lo era di certo perché cercava improbabili tracce di Maometto nella Bibbia e si interrogava sulla figura di Gesù Cristo, la crocifissione e la risurrezione. Nella sua biblioteca, declassificata e resa nota ieri dalla Central Intelligence Agency statunitense, il fondatore di Al Qaeda conservava qualche volumetto curioso, ma soprattutto aveva raccolto più libri e documenti di una commissione d’inchiesta sul terrorismo islamico.
Teneva d’occhio gli analisti del settore, Reuven Paz, Walid Phares e Rohan Gunaratna fra tutti, seguiva la produzione scientifica dei centri universitari che si occupano di ricerca sul fondamentalismo islamico, cercava informazioni sulla risposta occidentale alla sfida della guerra santa. Si preparava così a celebrare in grande stile il decimo anniversario degli attentati dell’11 settembre 2001.
Noam Chomsky, l'ideologo anti-israeliano: ispiratore di Osama Bin Laden. A destra la copertina del libro ritrovato nella biblioteca di Bin Laden.
Se è quasi scontato che volesse colpire ancora l’America, l’obiettivo nascosto sembra fosse invece la Francia. Nella libreria compaiono un testo di storia dell’economia francese e il manoscritto inedito di uno studio intitolato: «La Grande depressione è stata causata dalla Francia». Secondo Jeffrey Anchukaitis, portavoce dell’ufficio del direttore del National Intelligence americano che ha declassificato parte dei documenti trovati nel covo il giorno dei raid dei Navy Seals, Osama era «interessato ad attaccare la Francia nella speranza di determinare un crollo economico che avrebbe trascinato nel disastro anche gli Stati Uniti e il resto del mondo occidentale».
Prediligeva gli intellettuali più critici del sistema capitalistico, in particolare Noam Chomsky, che gli consentivano di individuarne i punti deboli. Si interessava agli scritti di Bob Woodward, il giornalista del Watergate, ma pare avesse una spiccata propensione verso le teorie del complotto e i revisionisti dell’Olocausto ebraico.
Assenti invece, a quanto pare, le opere degli autori che negano la paternità di Al Qaeda sulla strage delle Torri gemelle e del Pentagono. Quelli erano insopportabili, dopo tutto lo sforzo di addestramento, organizzativo e mediatico per attribuirsi l’atto di terrorismo più celebre della storia. Sospettoso di natura, tendeva a essere ossessionato dalla sicurezza. Più che i droni o le spie, a preoccupare Bin Laden, erano le microspie che pensava si potessero trovare anche nei vestiti indossati da una delle mogli. «Prima che Um Hamza arrivi qui è indispensabile che si lasci tutto dietro, compresi libri, vestiti, qualsiasi cosa abbia posseduto in Iran», scriveva il capo dell’organizzazione terrorista in una lettera datata 26 settembre 2010.
La sua corrispondenza è rivelatrice dell’ansia di un uomo braccato da tutte le polizie del mondo. «Alcune microspie», scriveva ancora in attesa dell’arrivo nel compound della moglie Khairiah Sabar, chiamata Um Hamza in onore della madre del proprio figlio preferito, «sono così piccole che potrebbero essere inserite in una siringa ed è possibile infilarle in una delle cose che si portano con sè».
Così, era rimasto praticamente isolato. Si era affidato a messaggeri che trasportavano i «pizzini», come i mafiosi. Diffidava di Internet perché, spiegava ai propri collaboratori, «può essere utilizzato solo per i messaggi generali ma non assicura la segretezza nei rapporti tra i mujahideen. Il corriere è l’unico modo per garantirla».
In realtà fu proprio un corriere, secondo quanto raccontato ufficialmente, a condurre la Cia sulle tracce di Osama e mettere a punto l’operazione dei Navy Seals che uccise il fondatore di Al Qaeda. Il giorno del blitz nel covo, dove abitava con le sue mogli e la numerosa prole, nel maggio 2011, era un uomo solo e disperato, ma ancora mortalmente pericoloso come una belva sanguinaria.
Per inviare la propria opinione a Libero, telefonare 02/999666, oppure cliccare sulla e-mail sottostante