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La Stampa Rassegna Stampa
21.05.2015 Guerra al terrorismo islamico: serve una strategia complessa
Editoriale di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 21 maggio 2015
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Una strategia per ridurre i rischi»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/05/2015, a pag. 1-23, con il titolo "Una strategia per ridurre i rischi", l'editoriale di Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

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L'attacco al museo del Bardo di Tunisi

La cattura di Abdelmajid Touil, accusato di essere coinvolto nell’attacco al Museo Bardo di Tunisi, dimostra come il sistema anti-terrorismo che protegge 60 milioni di italiani abbia un importante punto di forza ma anche un pericoloso tallone d’Achille.

La forza sta nella cooperazione con i servizi di intelligence di Tunisia e Marocco ed anche nella capacità di sorvegliare e catturare in tempi rapidi personaggi che si sospetta siano ad alto rischio: la caccia ai jihadisti richiede formule nuove di integrazione con le polizie dei Paesi da cui provengono ed il blitz di Gaggiano ne attesta l’efficacia.

Se durante la Guerra Fredda la sicurezza dei cittadini dalla minaccia dei tank del Patto di Varsavia era assicurata dall’integrazione fra i nostri reparti corazzati e quelli della Nato sul fronte di Trieste, nella stagione della guerra al terrorismo jihadista a tutelare i connazionali è la capacità delle nostre forze di sicurezza di operare in stretta sintonia con quelle dei Paesi del Mediterraneo. E tale integrazione va rafforzata con intese e risorse capaci, in prospettiva, di operare direttamente nei Paesi a rischio, aiutandoli a identificare e neutralizzare le minacce sul nascere.

Ma c’è anche un tallone d’Achille e sta nel fatto che Abdelmajid Touil ha sfruttato i barconi dei clandestini per muoversi nel Mediterraneo ed entrare nel nostro Paese.

La capacità anche dei gruppi terroristi di infiltrare e gestire il traffico dei clandestini è documentata dal recente rapporto del «Global Initiative Against Transnational Organized Crime» di Ginevra, secondo cui lo Stato Islamico (Isis) ha già ottenuto almeno 323 milioni di dollari dal traffico di esseri umani verso l’Europa. Alcune delle testimonianze raccolte nel rapporto descrivono come i clandestini, durante il percorso dal Sud-Sahara alla costa mediterranea, paghino più gruppi armati senza sapere chi siano. E i recenti episodi di cristiani buttati in mare dai barconi suggeriscono quanto il virus jihadista sia presente anche tra alcuni dei musulmani in arrivo.

Ciò significa che la gestione degli arrivi, da parte dell’Italia, deve includere la necessità di identificare possibili terroristi. I controlli che vengono fatti non hanno consentito di fermare Touil e dunque devono essere modificati.Servono misure di sicurezza più aggressive che, dal momento del salvataggio dei clandestini in mare, siano capaci di creare uno scudo a difesa del Paese. Al fine di accrescere la protezione dei cittadini in attesa di trovare, sul piano politico e militare, la risposta più efficace alla partenza dei barconi dalla costa maghrebina. La risoluzione Onu che l’Unione Europea si augura, con compiti di polizia e possibilità di interventi contro i trafficanti di uomini è solo il primo, debole, tassello di una strategia destinata ad essere più vasta includendo caccia ai jihadisti, sostegno a governi locali e progetti di sviluppo economico regionale di lungo termine. Ma la difesa dei cittadini ha tempi più urgenti, non può aspettare la soluzione al problema dell’immigrazione clandestina. Bisogna combattere il rischio di infiltrazioni terroristiche come se i clandestini non esistessero e bisogna trovare una risposta strategica ai clandestini come se i possibili terroristi non fossero fra noi. Da qui l’impellenza di un’integrazione fra le unità anti-terrorismo di tutti i Paesi del Mediterraneo capace di trasformare il mare comune in una barriera fisica anti-Jihad.

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