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Le ragioni di un suicidio Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli Cari amici, Il mondo cambia, la controffensiva storica dell'islamismo ormai è arrivata in forma militarmente organizzata a poche decine di chilometri dai nostri confini (in Libia) e con avanguardie armate (il terrorismo) ormai nel cuore dell'Europa, l'America di Obama si piega (per viltà e ideologismo del presidente, ma anche per stanchezza dell'opinione pubblica e difficoltà economiche e militari) all'arroganza di un paese tutto sommato piccolo ed economicamente insignificante come l'Iran; di fronte a ogni minaccia e a ogni nemico esplicito, dallo Yemen alla Crimea fino a Cuba, l'Occidente fugge, cerca di rabbonire i nemici facendo concessioni, disarma gli amici. Il mondo cambia, ma non per il meglio: le dittature si estendono, gli stati democratici si ritirano, le rivoluzioni democratiche (vi ricordate i “verdi” di Teheran, qualche anno fa) sono tradite e lasciate a se stesse, l'autoritarismo avanza. Il mondo cambia, le democrazie restano più isolate, si sperimentano (in Cina, in Turchia, in Russia) forme di autoritarismo modernista. Resta però intatto l'odio per l'Occidente, matrice di ogni male per miliardi di persone ideologizzate dalle diverse varianti dell'Islam, da quel che resta del comunismo, dal neoperonismo sudamericano, da forme ibride di queste malattie della politica. Non importa che tutte queste popolazioni adottino gli oggetti e i riti della cultura materiale occidentale, dagli smartphone ai jeans a Facebook; l'odio contro la libertà non è incompatibile col consumismo. E naturalmente questo rancore poi si focalizza in antisemitismo, in timore e aggressività contro il piccolo popolo che si è sempre mantenuto spiritualmente libero e da quasi settant'anni ha avuto il torto imperdonabile di conquistarsi anche la libertà politica, violando la teologia politica islamica come quella cristiana e quella marxista, che tutte e tre lo volevano servo e sofferente per il torto di non essersi convertito, sottomesso, dissolto nelle grandi masse universali. L'aspetto più sconvolgente di questa situazione è che la cultura occidentale ha assunto dentro di sé quest'odio. Odio contro di sé, assunzione di ogni colpa, tentativo più o meno consapevole di rinunciare al proprio posto nel mondo e di distruggere la propria cultura, innanzitutto. Qualcosa di più del nichilismo, che sarebbe la distruzione di ogni valore: la distruzione dei propri valori e l'attribuzione di meriti inesistenti agli altri, solo perché altri. La coazione a ripetere alle scuse, alla svalutazione delle proprie realizzazioni, alla negazione della propria identità. Le società occidentali non sono il paradiso in terra, naturalmente, ma hanno portato a un livello di prosperità, di giustizia sociale, di libertà, di sviluppo della vita assolutamente inedito nella storia dell'umanità. Non c'è mai stata una società in cui l'uguaglianza dei generi, la cura per i malati, l'assistenza, la libertà di opinione, il tempo libero dalla fatica, la giustizia sociale, la disponibilità di beni e di servizi, l'accumulo della conoscenza scientifica, la libertà dell'arte fossero così diffuse ed elevate. Tutto ciò deriva dalla libertà politica ed economica che, crescendo progressivamente, sono state le vere molle dell'ascesa dell'Occidente. Ma invece di vantare questo immenso successo, questo salto vero e proprio nella storia dell'umanità che l'Europa e poi i territori contagiati dalla sua cultura hanno realizzato negli ultimi tre secoli, l'Occidente si disprezza, si accusa di colonialismo (ignorando il colonialismo degli altri, che dura ancora, mentre il nostro è durato in realtà meno di un secolo), vedendo le proprie residue ingiustizie e non quelle altrui, per esempio lo schiavismo americano (durato anch'esso un tempo limitato) e non quello islamico che dura dai tempi di Maometto e ancora continua. Quest'odio contro di sé dell'Occidente ha avuto un culmine retorico con le immense falsificazioni del discorso di Obama al Cairo che diede inizio alla mattanza che i propagandisti della distruzione chiamarono “primavere islamiche”. Obama chiese scusa a nome dell'America, inchinandosi al revanscismo arabo, inventò inesistenti contributi culturali e scientifici islamici alla storia americana, ma soprattutto diede inizio a una politica di smantellamento non retorico ma reale della presenza occidentale in Medio Oriente. L'origine di molti mali attuali è qui in questo ripiegamento strategico e nell'attribuzione alla cultura e alla politica occidentale di mali che purtroppo i popoli si sono spesso inflitti fra loro. Basterebbe uno sguardo critico alla decolonizzazione, che ormai si è conclusa da cinquant'anni almeno, per mostrare che certamente gli europei non sono stati benefattori in Asia e Africa, ma che i popoli liberati invece di dedicarsi alla costruzione della loro prosperità e civile convivenza hanno speso buona parte delle loro energie a opprimersi e a scannarsi. L'odio contro di sé dell'Occidente si focalizza anch'esso contro il popolo ebraico, teologicamente condannato alla schiavitù e alla distruzione, che si ostina a vivere, a governarsi e produrre cultura e prosperità. Solo così si spiega la continuazione della centralità, in un mondo che cambia così tanto, del tentativo di rafforzare il terrorismo palestinese, che è oggi forse il solo impegno europeo di politica internazionale. L'Europa non ha una voce sola sull'Ucraina, su Cipro, sullo Stato Islamico, su quel trattato commerciale interatlantico destinato a cambiare profondamente le nostre vite, se passerà. L'Europa è una gigantesca burocrazia, non una politica esplicita, salvo che su un solo punto: il tentativo di creare con la massima urgenza il ventesimo stato arabo e di darlo in mano alle forze terroriste, alle spese del solo stato veramente democratico fra l'Atlantico e l'India, fra il Mediterraneo e il Capo di Buona Speranza. Se no non si spiegherebbe perché il papa possa non solo “riconoscere” uno stato che palesemente di fatto non esiste, come la “Palestina” (senza un territorio definito, con due poteri in guerra fra di loro, senza indipendenza economica né militare); ma addirittura proclamare “angelo della pace” (http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/palestina-palestine-palestina-vaticano-vatican-vaticano-41113/ ) un terrorista non pentito, un esaltatore e organizzatore del terrorismo come Muhammed Abbas (chiamato Abu Mazen secondo il suo nome DI GUERRA) . E' una storia esemplare, perché l'”angelo della pace” (http://www.mfs-theothernews.com/2015/05/pope-francis-meets-angel-of-peace.html ), in questione, chiamato con un titolo del tutto inedito alla tradizione teologica, è l'organizzatore degli attentati di Monaco, in cui furono ammazzati gli atleti israeliani nel bel mezzo delle Olimpiadi (e ricordiamocelo, non solo i paesi arabi, ma anche quelli comunisti rifiutarono di rispettare un minuto di silenzio alla loro memoria), ma è anche quello che usa gli aiuti internazionali per pagare lauti stipendi ai terroristi incarcerati, che lancia sanguinose compagne di aggressione contro i civili israeliani, che ha rifiutato tutti gli accordi di pace che gli sono stati sottoposti (http://www.americanthinker.com/blog/2015/05/pope_francis_calls_abbas_an_angel_of_peace.html ). Per venire più vicino alla persona di Papa Francesco, l'”angelo della pace”, quando fu invitato dal Papa a un rituale di pace nei giardini vaticani l'anno scorso, ebbe la buona idea di far recitare, al momento delle preghiere i versi della seconda Sura del Corano che invocano la sconfitta defli infedeli (http://www.ilgiornale.it/news/cronache/preghiera-dellimam-allincontro-col-papa-allah-facci-battere-1039228.html ); un fatto scandasloso, certamente poco angelico e del tutto non pacifico, che il commento vaticano alla cerimonia cercò di occultare subito (http://www.frontpagemag.com/2014/ned-may/the-vatican-falls-for-the-interfaith-scam/ ) e il cui occultamento si è spinto fino al punto di far cancellare da You Tube il video dell'incontro per “violazione di copyright” (guardate qui per incontrare questa straordinaria censura: https://youtu.be/DNnFQgGY25s ). Insomma, anche l'ondivago Papa Francesco, nonostante qualche sussulto d'orgoglio, come l'occasionale riconoscimento del genocidio armeno, si piega alla narrazione araba che rappresenta il terrorismo come pace e la pace come occupazione. Forse anche perché in questa maniera si pone in perfetta continuità con il millenario antigiudaismo cattolico. Ma anche perché in qualche modo eredita la “teologia della liberazione”, cioè l'odio contro l'Occidente, la politica filocomunista di una parte della Chiesa, che si schiera per principio con i totalitarismi dei “popoli oppressi” contro la libertà - anche quando i “popoli oppressi”, dopo aver eliminato gli ebrei dai territori che controllano, estendono la loro intolleranza ai cristiani e li obbligano a fuggire o li uccidono, come fa non solo lo Stato Islamico, ma anche, più silenziosamente e accortamente ma non meno efficacemente, il non stato terrorista dell'Angelo della Pace. Contro questa tendenza al suicidio, bisogna oggi resistere, se vogliamo lasciare in eredità alle generazioni che verranno la nostra prosperità e la nostra libertà. Ma resistere all'odio per la libertà vuol dire innanzitutto appoggiare Israele. La battaglia contro l'islamismo trionfante non si combatte oggi tanto in Libia e in Siria (dov'è già forse perduta e nessuno sa cosa fare), ma sui confini di Israele e contro il tentativo di Obama e dell'Europa di distruggere lo stato ebraico. Ugo Volli |
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