Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/05/2015, a pag.12, con il titolo "L'Isis conquista Ramadi, truppe irachene umiliate " la cronaca di Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari
Con un assalto guidato da sei kamikaze i miliziani dello Stato Islamico (Isis) si impossessano del palazzo del governatore a Ramadi, umiliando i governativi iracheni e posizionandosi a 113 km da Baghdad. Ramadi è il capoluogo dell’Anbar, la regione irachena teatro della rivolta sunnita che alimenta il Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi.
Verso la capitale
In marzo il premier Haider al Abadi, dopo essere riuscito a riconquistare Tikrit, aveva promesso di «liberare tutto l’Anbar» in primavera, per poi lanciare l’assalto a Mosul, roccaforte del Califfo. Ma quanto avvenuto fra giovedì notte e ieri mattina disegna uno scenario differente: sostenuti dai mortai e aprendosi la strada con kamikaze in divisa e barbe tagliate gli uomini del Califfo hanno travolto le difese in centro città, fatto strage degli alleati di Al Abadi e, penetrati nel palazzo del governatore, ucciso almeno 50 fra agenti e militari, infine hanno issato il drappo nero di Isis in segno di sfida proprio al premier di Baghdad, perché l’offensiva del Califfo punta su Baghdad. Colpisce la coincidenza con l’audio di Abu Bark al Baghdadi, postato online giovedì, nel quale si chiede ai musulmani di «venire a combattere perché l’Islam è una fede di guerra». L’impressione è che Al Baghdadi, sopravvissuto all’ultimo attacco alleato, stia tentando di tenere aperti più fronti di iniziativa militare per testimoniare la vitalità del Califfato: a Ramadi contro il governo iracheno, all’aeroporto di Damasco e ad Aleppo contro le milizie di Assad, a Qalamoun contro gli Hezbollah e nel Sinai con Bayt al Maqqdis contro l’Egitto.
Tutto ciò coincide con una fase di debolezza della leadership di Isis - con Al Baghdadi ferito e impossibilitato a muoversi e il vice designato Al Afri forse eliminato - testimoniata dall’annuncio del Consiglio della Shura sulla nomina «entro il fine settimana» del «super-vice Califfo». Ciò dimostra che la forza di Isis non è dovuta ai leader ma alla catena di comando interna, disseminata di veterani di Saddam, a cominciare dal comandante Abu Ali al Anbari.
Basta con i riscatti
Ma non è tutto perché la caduta del centro di Ramadi evidenzia il fondamento delle critiche Usa a Baghdad sull’organizzazione delle truppe per l’Anbar: il Pentagono aveva sconsigliato di ricorrere in maniera massiccia alle milizie sciite-irachene, per non spingere i sunniti verso Isis, ma Al Abadi si è limitato a reclutate alcune tribù sunnite che non sono riuscite a fare la differenza.
Proprio ieri il Comitato Finanziario della coalizione anti-Isis, composto da 25 Paesi, si è riunito a Gedda per decidere che «non verranno più pagati riscatti di alcun tipo a Isis in cambio di ostaggi per non facilitare l’avversario». I riscatti «sono un’importante fonte di sostentamento per il Califfato» afferma il comitato finanziario, co-presieduto da Italia, Usa ed Arabia Saudita.
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