Riprendiamo da SETTE di oggi, 15/05/2015, a pag. 90, con il titolo "Israele, dove il giardino sboccia nel deserto", l'analisi di Micaela De Medici.
Bambine interrano sementi del Keren Kayemet LeIsrael
Il progetto del padiglione di Israele all'Expo
Campi di grano si stendono a perdita d'occhio dove un tempo c'era il deserto. E milioni di alberi hanno avuto la meglio su terreni aridi e pietrosi. Quando si parla di Israele, le immagini che abbiamo negli occhi sono quelle di un conflitto che si perpetua da decenni. Esiste però un altro aspetto, meno noto, di questo piccolo Stato che ha saputo plasmare un ambiente non favorevole all'insediamento umano, trasformandolo in una testimonianza vivente dei miracoli che può compiere l'ingegneria agricola. Questo è ciò che Israele vuole mostrare al mondo durante i sei mesi di Expo.
«L'idea di partecipare all'Esposizione Universale ha preso forma almeno sette anni fa, per due ragioni. In primo luogo per gli ottimi rapporti con l'Italia. Poi perché il tema "Nutrire il pianeta, energia per la vita" è molto pertinente con il percorso del nostro Paese», racconta Kanne Bolton, direttore del dipartimento delle attività internazionali del KKL (Keren Kayemeth LeIsrael), il Fondo Nazionale Ebraico, una Ong che dal 1901 raccoglie risorse per lo sviluppo di Israele, salvaguardandone la natura e l'aspetto ecologico, e che ha sponsorizzato la partecipazione a Expo promossa dal ministero israeliano per gli Affari Esteri. «La terra a nostra disposizione era poca: abbiamo dovuto fare i conti con scarse risorse di acqua e con la necessità di procurarci cibo ed energia, coniugando tutto questo con la sostenibilità ambientale».
Modello Innovativo. Per riuscire in questa impresa, in un luogo dove il problema primario era quello dell'acqua, sono state e restano determinanti le nuove tecnologie, settore nel quale Israele è leader con i suoi 8 milioni di abitanti e una superficie di quasi 21 mila km quadrati (poco meno della Toscana), è il primo Paese al mondo per quota di Pil investita in ricerca e sviluppo. E l'agricoltura è, senza dubbio, uno dei campi di applicazione privilegiati.
«Expo è per noi un'opportunità di mostrare alla gente come lavoriamo e di condividere con gli altri Paesi un modello innovativo di sviluppo, prezioso per il pianeta», spiega Bolton. «Le persone resteranno sorprese perché vedranno qualcosa di molto diverso dall'idea diffusa che in generale si ha del nostro Paese. Una regione arida, spesso legata a tematiche di conflitto: la gente vede solo questo. In realtà da parte nostra c'è un grande sforzo per creare e promuovere una vita migliore». E continua: «Abbiamo fatto passi avanti in ogni campo: dalla cura per l'ambiente con la riforestazione (240 milioni gli alberi piantati in Israele nel corso degli anni, ndr), alle nuove tecniche di irrigazione (come la drop irrigation, o irrigazione a goccia, che somministra acqua alle piante lentamente, ndr), fino agli impianti di dissalazione e agli sforzi per evitare gli sprechi».
Tutto questo — senza dimenticare, naturalmente, identità, cultura e tradizione enogastronomica — sarà sotto gli occhi dei visitatori, attraverso film 3D ed effetti multidirezionali, tappezzerie luminose di led e, soprattutto, il "campo di grano verticale" di 7o metri per 12 che caratterizza il padiglione israeliano: «È la dimostrazione di che cosa si può fare anche con uno spazio molto piccolo e con poca acqua».
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