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Corriere della Sera Sette Rassegna Stampa
15.05.2015 La protesta degli ebrei etiopi è legittima, ma Israele non è Baltimora
Il commento parziale di Stefano M. Torelli

Testata: Corriere della Sera Sette
Data: 15 maggio 2015
Pagina: 60
Autore: Stefano M. Torelli
Titolo: «Tel Aviv come Baltimora?»

Riprendiamo da SETTE di oggi, 15/05/2015, a pag. 60, con il titolo "Tel Aviv come Baltimora?", il commento di Stefano M. Torelli.

Stefano M. Torelli riprende la notizia delle proteste degli ebrei etiopi in Israele nei primi giorni di maggio. Dimentica però di citare i programmi volti all'integrazione che Israele propone alle minoranze ebraiche (come in questo caso) e non solo. Inoltre il reddito inferiore, rispetto alla media nazionale, degli ebrei etiopi è dovuto in gran parte alle condizioni di partenza, che sono quelle di persone originarie di un Paese africano come l'Etiopia. La violenza di alcuni poliziotti è sempre esecrabile, ma Baltimora e quanto accaduto in Israele sono due storie ben differenti. Torelli non perde mai un'occasione per stravolgere la realtà israeliana.

Ecco l'articolo:

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Stefano M. Torelli

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Bibi Netanyahu conversa con un soldato israeliano di origine etiope

Il 3 maggio Tel Aviv è stata testimone di durissimi scontri tra la polizia israeliana e decine di ragazzi appartenenti alla comunità etiope. Sebbene non sia un fenomeno molto noto, gli etiopi che vivono in Israele sono circa 135.000 (quasi il 2% della popolazione totale) e la comunità ebraica etiope (anche nota come Beta Israel) vive quasi interamente in Israele, dove è emigrata in varie ondate soprattutto tra il 1984 e l'inizio degli anni Novanta. Degli altri, meno di 5.000 vivrebbero ancora in Etiopia, mentre un migliaio negli Stati Uniti.

Tanto basterebbe per capire quanto sia importante lo Stato di Israele per questa piccola minoranza. Come tutte le minoranze, però, anche quella etiope lamenta spesso discriminazioni e un mancato processo di integrazione nel mondo del lavoro, della scuola e nell'esercito. A ciò si aggiungano le accuse contro la polizia di commettere violenze indiscriminate contro i suoi membri, in un clima di mai sopito razzismo.

È così che un video diffuso lo scorso aprile in cui si vedono le immagini di Damas Pakedeh, un giovane soldato israeliano di origine etiope, picchiato apparentemente senza motivo e arrestato da alcuni poliziotti, ha riacceso le proteste. II 30 aprile queste si sono concentrate a Gerusalemme e, come già detto, a maggio si sono registrati scontri più violenti a Tel Aviv.

Ma la trasformazione delle piazze israeliane in una nuova Baltimora, seppur dall'altra parte dell'Oceano, è giustificata dai fatti? Stando ad alcuni dati, sicuramente la comunità etiope vive in condizioni socio-economiche inferiori rispetto alla media della popolazione israeliana. Secondo uno studio patrocinato dal ministero dell'Immigrazione israeliano, il 52% degli etiopi israeliani vive al di sotto della soglia di povertà, contro il 17% della media nazionale, mentre il 45% della forza lavoro tra i 22 e i 64 anni è disoccupata. Di contro, ben il 30% di tutti i minori in carcere in Israele appartiene alla comunità etiope.

Per il primo ministro Netanyahu le violenze della polizia contro gli etiopi sono ingiustificabili e il governo ha organizzato un incontro ufficiale con i rappresentanti di questa minoranza, ma per alcuni si tratta solo di un'operazione di facciata. Non è del resto la prima volta che in Israele si pone questo problema: nel 1996 scoppiò lo scandalo del sangue donato dagli etiopi che veniva "scartato" per paura di malattie infettive e nel 2012 fu rivelato che alle donne etiopi che emigravano in Israele veniva somministrato a loro insaputa un farmaco per renderle sterili.

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sette@corriere.it

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