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Il Giornale - La Stampa - Avvenire Rassegna Stampa
15.05.2015 Papa Francesco, riconoscere lo 'Stato di Palestina' è un aiuto ai terroristi
Lettera aperta di Fiamma Nirenstein, cronaca e commento di Maurizio Molinari, cronaca di Andrea Avveduto

Testata:Il Giornale - La Stampa - Avvenire
Autore: Fiamma Nirenstein - Maurizio Molinari - Andrea Avveduto
Titolo: «Lettera di un'ebrea a Francesco - Abu Mazen, missione da Renzi: 'Riconosca lo Stato palestinese' - La gioia palestinese per i rapporti con la Santa Sede»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 15/05/2015, a pag. 1-12, con il titolo "Lettera di un'ebrea a Francesco", la lettera aperta di Fiamma Nirenstein; dalla STAMPA, a pag. 17, con il titolo "Abu Mazen, missione da Renzi: 'Riconosca lo Stato palestinese' ", la cronaca di Maurizio Molinari; da AVVENIRE, con il titolo "La gioia palestinese per i rapporti con la Santa Sede", la cronaca di Andrea Avveduto, preceduta da un nostro commento.

A destra: Papa Francesco con Abu Mazen

Ecco gli articoli:

IL GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Lettera di un'ebrea a Francesco"

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Fiamma Nirenstein, candidata presidente nelle prossime elezioni della comunità ebraica di Roma

Caro Papa,

Eccellenza, è con umiltà ma guardandola negli occhi che mi permetto di scriverle per spiegarle quale grande tristezza mi abbia colto, da giornalista che da decenni si occupa di Medio Oriente e anche da ebrea, quando ho dovuto leggere che il Vaticano, il suo Vaticano, riconosce lo Stato palestinese con un nuovo trattato. Si dice che ancora il documento non è firmato. Papa Francesco, ci pensi ancora un poco. Sospenda la firma. Il Vaticano non è uno dei tanti Stati nazionali che compongono la comunità europea. Agli occhi della Storia esso è depositario di una memoria e di una responsabilità tutte particolari del rapporto fra ebrei e cristiani.

Mi lasci ricordare che il Vaticano ha una storia difficile con Israele, da rivoluzionario Giovanni Paolo si decise a riconoscerlo vent'anni dopo che gli egiziani lo avevano già fatto. Non è ora che si annaffi come una pianta preziosa questo piccolo Paese che ha cura dei suoi cristiani e li difende a differenza di tutto il Medio Oriente? Il Vaticano non ignora che il mondo palestinese è una voragine di incessante e propagato antisemitismo nei libri di testo, nelle vignette, nella tv, persino nell'incitamento a uccidere gli ebrei. Da quando Fatah e Hamas sono alleate nel governo dei palestinesi, è ancora peggio. Lei Santo Padre, non vorrà di certo avallare uno Stato antisemita dato che una sua parte fondamentale, Hamas, obbliga a uccidere gli ebrei nella sua carta.

Papa Francesco, lei sa bene che a Betlemme i cristiani sono fuggiti discriminati e maltrattati, e sa che a Gaza i cristiani subiscono persecuzioni. Non si tratta di un epifenomeno che Fatah potrà cancellare, perché secondo le indagini più recenti alle elezioni che prima o poi Abu Mazen dovrà concedere (fu eletto per quattro anni nel 2005, e basta) Hamas avrà due terzi dei voti. Santità, la pace non si ottiene, dato che certo è questo che vuole, promettendo a una parte tutto senza trattare. La pace si fa in due, soprattutto quando la materia è davvero controversa. È ingeneroso pensare che una parte sola possa disegnare i confini fra due Paesi di cui uno, Israele, è minacciato quanto nessun altro. Dovrebbe ormai essere ben consapevole, caro Papa, di quanto l'odio islamista sia pertinace e aggressivo. Israele è stato aggredito fin dalla sua nascita non per ragioni strettamente territoriali, ma perché rappresenta una cultura democratica nel cuore della umma islamica. È uno straniero da eliminare.

Per sopravvivere ha sempre dovuto difendersi duramente, come potrebbe farlo senza avere la parola sui confini, che invece i palestinesi identificano con quelli del '67, a due metri dall'aeroporto internazionale, a uno da Gerusalemme. Santo Padre, si è accorto che dopo il suo annuncio l'Autorità palestinese ha fatto sapere che non ricomincerà a negoziare se non si stabilisce un termine dell'«occupazione» israeliana? Inoltre Francesco, lei ama la democrazia: come se lo immagina il nuovo Stato? Che riconosca pari diritti dei suoi cittadini, anche se sono dissenzienti, omosessuali, donne?

La Freedom House scrive che è vero tutto il contrario, purtroppo. E Hamas usa a Gaza un codice penale shariatico. Lei, vorrebbe uno Stato palestinese senza pena di morte? Non è così. Inoltre, le milizie tuttavia uccidono per strada nemici e sospetti di collaborazionismo. E i giornalisti non sono liberi. La realtà economica è piagata dalla corruzione e sostenuta dall'enorme sussidio internazionale. Sarebbe bene aiutare a costruire lo Stato prima di riconoscerlo.

Caro Papa, sappiamo che lei è molto preoccupato per la sorte dei cristiani in Medio Oriente. Giusto, ma non è così che guadagnerà loro più protezione e simpatia, anche se magari Abu Mazen gliel'ha promesso e vorrebbe farlo: l'onda è grandissima, l'idea che l'instabilità del Medio Oriente abbia a che fare col conflitto israelo-palestinese è finita, i confini e gli Stati crollano e si ridisegnano secondo l'Isis e gli sciiti guidati dall'Iran. La mossa del Vaticano eccita e non placa l'antagonismo verso cristiani ed ebrei perché è una mossa di appeasement prima che di pace. Inviti semmai le parti alla trattativa bilaterale, e i palestinesi alla cessazione della denigrazione antisemita. Questo aiuterà la pace. Sua con rispetto.

LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Abu Mazen, missione da Renzi: 'Riconosca lo Stato palestinese'  "

La cronaca di Maurizio Molinari riporta le opinioni espresse dalla parte palestinese in merito al riconoscimento da parte del Vaticano dello "Stato di Palestina". Non manca di sottolineare l'atteggiamento favorevole verso Israele dimostrato da Matteo Renzi, ricordando come il Parlamento italiano abbia evitato di votare una mozione che reclamava il riconoscimento di uno Stato palestinese. E' vero che c'è poi stato l'adeguamento di Gentiloni, che si è uniformato al boicottaggio dei prodotti israeliani distribuiti da aziende che operano anche al di là della Linea verde. Si vedrà con l'arrivo domani di Abu Mazen a Roma quali saranno le dichiarazioni da un lato di Renzi e, dall'altro, del Papa.

Ecco l'articolo:

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Maurizio Molinari

Il presidente palestinese Abu Mazen incontra oggi a Palazzo Chigi il premier Matteo Renzi augurandosi che l’Italia «segua l’esempio del Vaticano nel riconoscere il nostro Stato». Sono alcuni dei più stretti collaboratori di Abu Mazen a descrivere le attese del governo palestinese nei confronti dell’Italia. «Il Vaticano ha mandato un messaggio importante in un momento non casuale», afferma Bassam Salhi, membro del comitato esecutivo dell’Olp, spiegando che «il riconoscimento dello Stato di Palestina è il passo da adottare per qualsiasi Paese che, come l’Italia, vuole salvare la soluzione dei due Stati in Medio Oriente». «Ci auguriamo che l’Italia getti il suo peso a favore di questo percorso» aggiunge Salhi, parlando in sintonia con Xavier Abu Eid, braccio destro del capo negoziatore Saeb Erakat, secondo il quale «l’iniziativa presa dal Vaticano può creare un nuovo momentum favorevole al riconoscimento del nostro Stato da parte dell’Europa» e dunque «sta ora all’Italia di Renzi muoversi in questa direzione».

Primo faccia a faccia
Negli ambienti del governo palestinese si considera Renzi «un buon amico di Israele» aggiungendo che «questo può essere un elemento positivo per sostenere la soluzione dei due Stati» ma c’è attesa per le parole che il premier dirà ad Abu Mazen nel loro primo incontro. «Il riconoscimento della Palestina non ostacola ma accelera la soluzione dei due Stati, è un passo a lungo dovuto da parte dell’Italia - osserva Abu Eid - ma il pronunciamento del vostro Parlamento in merito è stato modesto, direi debole, rispetto alle posizioni di altri partner dell’Ue, non abbiamo grandi attese per ciò che Renzi potrà dire o fare a breve ma crediamo che l’Italia possa esprimersi con maggiore sostegno».

Nemer Hammad, consigliere di Abu Mazen ed ex rappresentante diplomatico palestinese a Roma, aggiunge un altro elemento: «Il nuovo governo israeliano di Netanyahu è più estremista di quello precedente ed è dunque importante che l’Italia si esprima con chiarezza contro gli insediamenti ebraici sui territori palestinesi, trovando la maniera per punirli». La decisione del ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, di associarsi alla recente posizione dei Paesi europei sull’identificazione dei prodotti israeliani provenienti dagli insediamenti in Cisgiordania è stata considerata un «passo nella direzione giusta» a Ramallah. Ma ora Nemer Hammad, parlando al telefono da Amman, chiede a Renzi di fare di più: «È importante punire gli insediamenti in maniera efficace, per avere effetto, se Israele evade le misure europee cambiando le etichette di provenienza, l’Unione europea deve trovare il modo per riuscire a identificare i prodotti che provengono dagli insediamenti ebraici sui territori dello Stato palestinese».

Gli altri appuntamenti
Oltre a Renzi, Abu Mazen vedrà oggi a Roma il capo dello Stato, Sergio Mattarella, e Gentiloni mentre domani farà tappa in Vaticano per l’incontro con Papa Francesco. E domenica assisterà alla canonizzazione di due suore palestinesi del XIX secolo: Marie Alphonsine Ghattas di Gerusalemme e Mariam Bawardy della Galilea diventeranno le prime sante contemporanee risalenti alla dominazione Ottomana in Palestina.

AVVENIRE - Andrea Avveduto: "La gioia palestinese per i rapporti con la Santa Sede"

Avvenire non perde occasione per pubblicare un articolo sui festeggiamenti, da parte palestinese, per il riconoscimento dello "Stato di Palestina" da parte del Vaticano. Invece di parlare della situazione dei cristiani nei territori amministrati dalla ANP o dominati da Hamas, che è sempre più drammatica, il quotidiano dei vescovi prosegue la propria linea storica di avversione a Israele, l'unico Paese del Medio oriente in cui le comunità cristiane sono libere e in rapido sviluppo.
Ecco il link al nostro commento uscito ieri su IC: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=58186

Ecco l'articolo:

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«E' una notizia emozionante, che ci aspettavamo». Quasi un anno fa infatti era stato proprio papa Francesco, da Betlemme, a parlare di «buone relazioni tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina». Oggi la Chiesa cattolica di Terra Santa esulta per la decisione del Vaticano di riconoscere lo Stato palestinese. Monsignor William Shomali, vicario patriarcale della Chiesa madre di Gerusalemme, esprime «piena soddisfazione» per il progresso delle relazioni bilaterali tra i due Paesi. Mentre da Roma, in un’intervista a Tv2000 il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, afferma: «La prossima firma di un accordo con lo Stato di Palestina si colloca esattamente nell’ottica di contribuire in maniera concreta alla realizzazione di un disegno che permetterebbe a due popoli di avere un proprio Stato, di vivere all’interno di ciascuno con confini sicuri e internazionalmente garantiti. Non dobbiamo scoraggiarci per le difficoltà».

La notizia giunge alla vigilia della canonizzazione delle beate Mariam di Gesù Crocifisso e Maria Alfonsina Danil Ghattas, due palestinesi dei giorni nostri, domenica ad opera di papa Francesco in San Pietro. Anche il vicario patriarcale per Israele monsignor Giacinto Boulos Marcuzzo sottolinea i diversi aspetti positivi dell’accordo. «È un piccolo contributo alla pace, perché ristabilisce l’uguaglianza tra Israele e lo Stato di Palestina». Convinto che l’accordo porterà a una soluzione graduale del conflitto, monsignor Marcuzzo sottolinea anche gli aspetti più secondari ma non meno importanti del riconoscimento. «È fondamentale perché riconosce la Chiesa cattolica in Palestina, ovvero tutti quei Santuari, ospedali e opere di carità gestiti dai religiosi che ancora non hanno un riconoscimento giuridico ufficiale».

Soddisfazione giunge anche dall’Autorità palestinese. In una nota diffusa in queste ore le autorità di Ramallah spiegano come «questo risultato sia il frutto di una serie di riunioni tra le parti, che serve l’interesse della pace e della stabilità, rafforza la convivenza pacifica, edifica ponti tra le diverse cullture, civiltà e religioni». Con «estrema gratitudine e stima a papa Francesco» commenta Hanan Ashrawi, esponente del comitato esecutivo dell’Olp e aggiunge: «Il riconoscimento della Palestina e del suo popolo è un investimento importante a favore della pace, della sicurezza e della stabilità regionale».

Non è dello stesso avviso Israele, che ha liquidato l’accordo come un ulteriore passo che «allontana i palestinesi dai tavoli dei trattati di pace». A Ramallah però oggi si festeggia. «Siamo felici di questo riconoscimento – continua la nota – e vediamo uno sviluppo positivo non solo dal punto di vista politico, ma anche umano e giuridico». Per Ashrawi, l’accordo «spiana l’inizio di una nuova era in cui il mondo vedrà nella Palestina uno Stato indipendente». In partenza per Israele e Cisgiordania, l’alto commissario per la politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, ha dichiarato che «il popolo israeliano e quello palestinese meritano non solo un futuro, ma anche un presente di pace». Domani intanto il Papa incontrerà Abu Mazen, che oggi vedrà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il premier Matteo Renzi. Domenica poi il presidente palestinese parteciperà alle canonizzazioni. «Le due nuove sante – chiosa Marcuzzo – non possono che dare un appoggio indiretto ma sicuro alla pace».

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