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Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli A destra: Barack Obama a lezione di storia da Benjamin Netanyahu: "Qual è la parte che non capisci?" Cari amici, c'è una condizione basilare per poter essere davvero liberi ed è l'autonomia, nel senso etimologico di darsi regole da sé, di avere un ambito di decisione su cui gli altri non interferiscono. Questo vale certamente per gli esseri umani, che pure sono limitati dal fatto di vivere in grandi e piccole società, di avere relazioni familiari e di lavoro, insomma di doversi continuamente confrontare con una responsabilità nei confronti degli altri. E dunque, anche quando e dove non sono schiavi né soggetti a regimi oppressivi, godono di una responsabilità piuttosto limitata. Ma il principio dell'autonomia, o se volete in questo caso della sovranità vale anche per gli stati: sono liberi solo quelli in grado di regolarsi da sé nelle proprie scelte. Il che non significa, naturalmente, negare la legalità internazionale o rifiutare i condizionamenti interni dovuti alla dialettica democratica, e neppure evadere dalle relazioni bilaterali che regolano gli interessi comuni agli altri. Ma solamente stabilire che uno stato libero si determina da sé e che questa sfera dev'essere rispettata dagli altri stati. Noi facciamo forse fatica a capire questo concetto, perché l'Italia ha rinunciato a buona parte della sua autonomia a favore di un'entità (l'Unione Europea) che a sua volta tende a non presentarsi come un soggetto politico, ma come un corpo burocratico benevolente che bada con paterna attenzione che nessuno stato membro ammetta sul suo mercato zucchine troppo curve o imponga di distinguere fra la cioccolata fatta come si deve (col burro di cacao) oppure con altri grassi poco salubri. Sono casi reali, piccoli esempi. Ma tutta la nostra organizzazione commerciale, scolastica, di sicurezza ecc. è soggetta a questa specie di condizionamenti che esprimono sì politiche ma non sono stati soggetti a dibattito politico ma solo a decisioni apparentemente tecniche. Del resto questa regolamentazione sovranazionale apparentemente tecnica (e solo benevolente) è una tendenza molto forte nel mondo che rientra in quel modello manageriale-burocratico, cioè antipolitico, come previsto da Max Weber un secolo fa con la sua “gabbia d'acciaio” e da un libro ingiustamente dimenticato di James Burnham, in cui si prevedeva “La rivoluzione dei manager” già nel 1941.
Resta comunque la distinzione fra le persone e gli stati che sono riconosciuti come liberi e adulti, cioè autonomi, e quelli che non sono trattati come tali. In questa categoria, fra gli stati, un posto speciale spetta a Israele. Accade continuamente che organizzazioni internazionali, altri stati, singole persone non solo ignorino l'autonomia e la sovranità israeliana, ma ostentatamente la neghino. E questo non solo dall'esterno, ma anche dall'interno. Leggete per esempio questa intervista della figlia di Moshè Dayan, nota esponente dell'estrema sinistra: la comunità internazionale, dice, deve avere il “coraggio di 'imporre' il dialogo, di contestare con atti e non solo a parole quelle scelte operate dal governo Netanyahu... di esercitare il diritto-dovere all’interferenza, per il bene dei due popoli” (http://www.huffingtonpost.it/2015/05/08/yael-dayan-israele_n_7243246.html?ncid=tweetlnkithpmg00000001). Qualcosa che nessuno si sognerebbe di dire non solo a giganti come Russia e Cina, ma anche al modo in cui la Spagna, per esempio, gestisce il proprio rapporto con baschi e catalani o la Gran Bretagna con scozzesi e irlandesi. E che ricorda una famosa richiesta del direttore di Haaretz (il giornale arabo in lingua ebraica su cui scrivono palestinisti estremi come Amira Hass e Gideon Levi) di “stuprare Israele” per fargli fare la politica che lui riteneva più opportuna (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/124729#.VVL6r_ntmko). Ma i traditori (come chiamare altrimenti dei personaggi che chiedono alle potenze straniere di imporre con la forza al proprio paese delle politiche contrarie a quelle democraticamente scelte da elettorato e parlamento?) non sono soli, anzi, alimentano un atteggiamento che è diffuso. L'amministrazione Obama ha sempre presentato le scelte più ostili a Israele come motivate “dalla sua sicurezza” che evidentemente gli israeliani non sono in grado di cogliere. Perché fare un accordo con l'Iran che gli consentirà di minacciare Israele con la bomba atomica, per esempio? Ma “per la sicurezza di Israele”, è chiaro, no? E perché fissare l'obiettivo di una trattativa con l'Autorità Palestinese sulla base dei “confini di Auschwitz”, come diceva Abba Eban, cioè di quelle linee armistiziali del '49 conquistate con sacrificio immenso da Israele, ma che non garantiscono per nulla la sua sicurezza, come si è visto nelle guerre successive e soprattutto nell'esperienza dei ritiri da Gaza, Libano meridionale, parti di Giudea e Samaria, che sono diventate regolarmente basi terroriste? Ma per il bene di Israele, naturalmente... Aggiungo qualche episodio recentissimo. Dopo le elezioni, il governo americano e l'Unione Europea hanno deciso di esercitare pressioni perché ricomincino le trattative chiaramente inutili con l'Autorità Palestinese, minacciando anche una risoluzione dell'Onu (http://www.jpost.com/Israel-News/Senior-Palestinian-official-Says-Americans-EU-pressuring-PA-to-renew-peace-talks-with-Israel-402554) - cosa che naturalmente non fanno per tutti gli altri conflitti che li riguardano da vicino, come per esempio l'occupazione russa dell'Ucraina orientale, quella turca di Cipro settentrionale e magari anche il blocco dei confini armeni da parte della Turchia, ultima conseguenza di un genocidio non riconosciuto. Di conseguenza Unione Europea e amministrazione Obama, che hanno evitato accuratamente di interessarsi allo stillicidio di atti terroristici favoriti dall'Autorità Palestinese, che tacciono sull'uso di armi chimiche da parte della Siria (vi ricordate, era una “linea rossa” di Obama) e sul loro trasferimento a Hezbollah perché le usi in futuro contro i civili israeliani (http://www.jpost.com/Middle-East/Report-Syria-is-transferring-chemical-weapons-to-Hezbollah-to-avoid-international-inspection-326236), si indignano moltissimo perché Israele costruisce un po' di appartamenti in un sobborgo di Gerusalemme (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4655454,00.html) e naturalmente strillano se Israele abbatte delle costruzioni abusive arabe (http://www.timesofisrael.com/pm-orders-demolition-of-eu-funded-palestinian-settlements-in-west-bank/), magari perché queste costruzioni sono finanziate dall'Unione Europea e (simbolo di una programmatica violazione di sovranità) ne portano la bandiera bene in vista (http://www.dailymail.co.uk/news/article-2874883/EU-funding-illegal-building-West-Bank-says-report.html). Un altro esempio ancora. Il nuovo governo ha in mente alcune riforme tipicamente interne, per esempio sul ruolo della Corte Suprema (che non ha pari in Occidente, essendo insieme Corte di Cassazione e Corte Costituzionale, ma accessibile senza filtri giudiziari, cioè su semplice petizione, senza bisogno della deliberazione di un giudice inferiore e neppure di una causa, ed essendo infine rinnovata da un comitato in cui i giudici della stessa Corte Suprema hanno un ruolo predominante, cioè sostanzialmente irresponsabile rispetto all'ordinamento democratico). Bene, gli Stati Uniti hanno pensato bene di esprimere pubblicamente la loro “inquietudine” rispetto a questi sviluppi (http://fr.timesofisrael.com/les-etats-unis-et-lue-sinquietent-de-projets-de-loi-israeliens/). Provate a pensare se la Russia o il Brasile avessero pensato bene di dire il loro pensiero sulla legge elettorale appena approvata faticosamente dall'Italia... Per non annoiarvi troppo evito di parlarvi delle Ong finanziate da amministrazione Obama e Unione Europea, che sono intervenute pesantemente nella campagna elettorale israeliana o magari fanno da eco a campagne internazionali di delegittimazione, come fa Breaking the silence (http://www.algemeiner.com/2015/05/08/israeli-soldiers-call-breaking-the-silence-report-on-gaza-war-a-%E2%80%98total-lie%E2%80%99/). Insomma, è evidente il tentativo di negare l'autonomia e la sovranità di Israele, anche nel senso apparentemente positivo di cercare di imporgli una protezione internazionale al posto della sua autodifesa. Quanto i contingenti internazionali ai confini siano utili al momento buono, Israele lo sa per esperienza, visto che alla vigilia di tutte le guerre gli osservatori Onu sono spariti, magari chiedendo protezione allo stesso Israele. O, se avesse bisogno di conferma, potrebbe chiederlo agli abitanti di Srebrenica. Ma il punto su cui voglio concludere è un altro. Anche questa negazione della sovranità rimanda alla condizione degli ebrei nel passato. Sottomessi, dichiarati “proprietà personale” del sovrano, fino naturalmente al pogrom che li ammazzava in massa, gli ebrei erano anche sottoposti all'inquisizione che doveva controllare che praticassero la fede ebraica come piaceva alla Chiesa (per esempio la Kabbalah era malvista). La chiesa si riservava di decidere quali preghiere potessero dire (certe volte fu per esempio proibita la “Amidà”, preghiera principale della liturgia ebraica), che libri potessero studiare (il Talmud fu spesso bruciato), come dovessero essere i loro riti, le loro regole interne, i loro rabbini. Ora tutto questo non accade più nei confronti dei singoli, ma si cerca di stabilire un'analoga condizione di inferiorità nei confronti di Israele, l'ebreo fra gli stati. Naturalmente con le migliori intenzioni, per il suo bene - com'erano per il bene degli ebrei i battesimi forzati e perfino le esecuzioni di un tempo. Con la differenza che inquisitori, musulmani e nazisti sapevano bene di essere nemici degli ebrei. Mentre Obama e l'Unione Europea credono, forse anche sinceramente, di non essere antisemiti. Perché non c'è nemico peggiore di quello che crede sinceramente di essere tuo amico e di picchiarti per il tuo bene.
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90 |
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