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Ristabilire le relazioni fra Israele e Stati Uniti Analisi di Manfred Gerstenfeld (Traduzione di Angelo Pezzana) Durante l’ultima campagna elettorale, una delle priorità che il nuovo governo avrebbe dovuto affrontare era ristabilire le relazioni fra Israele e Stati Uniti. Una richiesta, per come veniva formulata, sufficientemente ingannevole da giustificare il fatto che non era stata posta in modo dettagliato. Prima della sua ri-elezione, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu era stato invitato, per la terza volta, a parlare davanti al Congresso Usa. Anche se non tutti i membri del Congresso erano presenti, la grande maggioranza dei congressisti gli ha dedicato 22 ‘standing ovations’. Per cui questo argomento non è in discussione. Non annulla però il fatto che l’invito a parlare davanti al Congresso sia stato fatto a Netanyahu in un modo offensivo per Obama. Il problema, quindi, non sta nelle relazioni di Israele con gli Stati Uniti, quanto piuttosto in quelle con il Presidente Obama. Per stabilire come le si possa migliorare, occorre esaminare la politica e il comportamento di Obama.
Prima della ri-elezione di Obama nel novembre 2012, il suo rapporto con Israele era abbastanza equilibrato. La sua Amministrazione collaborava con Israele, anche se dopo un periodo iniziale piuttosto tiepido. L’appoggio si esprimeva con l’invio di materiale militare, collaborazione nella cyberwar e nel settore dell’intelligence. Una alleanza apprezzata dalla leadership israeliana. L’unico aspetto negativo della politica di Obama era la sua sottovalutazione della realtà del pericolo dell’estremismo islamico. Obama venne in Israele in visita ufficiale nel marzo 2013. I sondaggi rilevarono che il 39% degli israeliani avevano cambiato in meglio la loro opinione su di lui, solo il 2% aveva detto di averla modificata in senso negativo. Una valutazione, quest'ultima, che oggi si rivela molto più diffua. A metà dello scorso dicembre 2014, un sondaggio chiese chi doveva essere ritenuto responsabile per il deterioramento delle relazioni fra Stati Uniti e Israele: il 39% rispose Obama, il 29% Netanyahu, il 25% entrambi. Quando venne in visita, i suoi interventi erano ben studiati, pieni di retorica positiva. Oggi, invece,le illusioni su di lui sono sparite e la maggioranza degli israeliani non si fidano più di lui. Al di là di questi sentimenti popolari, altri elementi sono venuti alla luce. Negli ultimi anni, è aumentata l’enorme criminalità di una parte del mondo musulmano, culminata con la creazione del cosiddetto “Stato Islamico”, o Isis. Questo non è il caso di Obama con lo Stato Islamico. Ogni persona mediamente informata sa che lo Stato Islamico è un movimento estremista e criminale formato dalle varie correnti dell’islam che vi aderiscono. Se così non fosse, gli Stati Uniti non avrebbero giudicato necessario dichiarargli guerra. Le analisi distorte del presidente americano sono anche evidenti nel discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2013. Obama ha dichiarato “ Entro breve tempo, lo sforzo diplomatico americano si focalizzaerà su due temi specifici: la ricerca dell’Iran di possedere l’arma nucleare e il conflitto arabo-israeliano”. Ma c’erano molti altri più importanti temi in Medio Oriente di quest’ultimo, che avrebbero dovuto attrarre l’attenzione americana, tra i quali le molte migliaia di vittime in Siria e Iraq, già più che evidente allora e ancor di più oggi. E’ ormai fin troppo chiara la disparità tra quanto Obama dice e il contenuto della sua politica. Tutti coloro che richiedono il ripristino delle relazioni con gli Stati Uniti – che di fatto vuol dire con Obama - dovrebbero spiegare in che modo pensano di raggiungere questo obiettivo, con concessioni e appeasement ai palestinesi, con il conseguente pericolo per Ia sicurezza di Israele, un prezzo che pagheremo caro nel prossimo futuro. |
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