Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/05/2015, a pag.14, con il titolo " L'Egitto modello di convivenza per battere la barbarie dell'Isis ", la corrispondenza dal Cairo di Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari Tawadros II
Per capire la minaccia dello Stato Islamico
Barba grigia, mantello nero, voce squillante e con nelle mani lo scettro di Papa di Alessandria e Patriarca della Chiesa di San Marco:Tawadros II, leader religioso dei copti, descrive le «persecuzioni dei cristiani» in atto nel mondo arabo come frutto del «terrorismo di chi vuole riedificare il Califfato» auspicando «un patto internazionale per fermarlo»: è questa la richiesta di cui è portatore al Festival delle Religioni che si apre martedì a Firenze, esprimendo la convinzione che «la patria deve essere la casa e famiglia di ogni fede».
I copti egiziani come hanno vissuto la decapitazione di 21 correligionari in Libia da parte di Isis?
«Come una immane tragedia. Le famiglie delle vittime sapevano che i parenti erano in Libia, erano abituate alla lontananza. Molti egiziani hanno i propri cari che lavorano all’estero, si va in Libia perché vicina. Le famiglie sono di Minya dove c’è la maggiore concentrazione di cristiani copti. La nostra Chiesa è abituata ad offrire a Dio dei martiri, per questo nella liturgia ogni giorno ne celebriamouno. I decapitati sono i nuovi martiri».
Quali conseguenze ha tratto da questo crimine?
«Sono stati uccisi solo perché cristiani e solo perché egiziani. Siamo fieri di loro perché non hanno rinnegato la loro fede. Nel Santo Sinodo abbiamo creato una commissione che si occupa di monitorare tutte le violenze contro i cristiani egiziani».
I cristiani sono oggetto di violenze, aggressioni e abusi in Iraq, Siria ed altri Paesi. Ci sono chiese bruciate, villaggi svuotati, migliaia di profughi in cammino. Perché Isis perseguita i cristiani, cosa sta avvenendo nel mondo arabo?
«La persecuzione dei cristiani è il risultato di due fattori. Primo: l’odio dichiarato contro i cristiani solo per il fatto di avere una fede diversa dai terroristi. Secondo: l’ideologia estremista dei gruppi che cercano di ricostruire il Califfato. È bene aggiungere che tali violenze sono dirette anche contro musulmani solo perché considerati ostili a tali gruppi e a questa ideologia.Dio ha scelto il Medio Oriente come culla della diversità religiosa, e qui abbiamo da sempre fedi diverse che convivono. Ma i terroristi vanno contro la volontà di Dio».
Alcuni cristiani sono stati uccisi mentre tentavanodi immigrare in Europa: gettati a mare dai barconi o decapitati da Isis. Perché i terroristi colpiscono anche i migranti?
«Perché sono privi di ogni sentimento di amore verso il prossimo: tutti coloro che sono diversi da loro sono nemici da eliminare. Ci perseguitano, ovunque, perché odiano il Cristianesimo e ci considerano infedeli o pagani. Tutto ciò è la conseguenza della volontà di creare uno Stato Islamico, il Califfato che esisteva secoli fa».
Quale è lamigliore risposta alla persecuzione dei cristiani?
«È nella coesistenza fra cristiani e musulmani, come avviene in Egitto da 14 secoli. In un’atmosfera che consente di risolvere i problemi quando si manifestano. L’Egitto è una sola famiglia. Nel 2013 quando sono state distrutte le nostre chiese dopo la caduta del regime dei Fratelli Musulmani abbiamo espresso, per iscritto, perdono nei confronti dei responsabili. Perché dentro una stessa famiglia si perdona. Nel momento in cui subiamo le violenze dobbiamo essere testimoni di Cristo, accettare la volontà divina e le difficoltà che comporta. Questo perché è la patria comune che può aiutarci a ricostruire le nostre vite. Una patria senza chiese è meglio delle chiese senza patria».
Come dialogare con l’Islam per battere i terroristi jihadisti,quali sono gli interlocutori che vede nel mondo musulmano?
«Abbiamo creato un’associazione a tal fine, che ha due fondatori: la Chiesa e l’Università musulmana diAl-Azhar. Si chiama “La Casa della Famiglia”. È lo strumento con cui tentiamo di risolvere ogni problema fra cristiani e musulmani. In qualsiasi momento assieme al Grande Imam Al- Tayeb possiamo riunirci, agire».
Il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi ha compiuto gesti importanti verso i copti: dal discorso d iNatale nella cattedrale al rafforzamento dell’istituto della cittadinanza nella Costituzione. Da dove nasce questa attenzione per i cristiani?
«Al Sisi viene da una famiglia egiziana che ha convissuto con i cristiani. Conosce da sempre egiziani di fedi differenti e ciò ha contribuito alla sua identità, umanità. Nel suo approccio ai cristiani rappresenta la maggioranza degli egiziani.È un elemento che aiuta a comprendere perché la popolazione si riconosce in lui. Ad evidenziare questo approccio di Al Sisi c’è quanto dice nei discorsi: l’identità egiziana non ha un’accezione religiosa, prevale il concetto di patria come famiglia di tutti. Ecco perché i sogni degli egiziani sono riposti in lui».
Crede che questo approccio possa diventare un modello di convivenza fra fedi diverse anche per altri Paesi arabi?
«Certo, i Paesi arabi hanno bisogno del modello egiziano di convivenza fra cristiani emusulmani ».
Quale messaggio porterà al Festival delle Religioni di Firenze?
«A Firenze dirò che è necessaria la collaborazione internazionale contro il terrorismo e l’integralismo. Bisogna dunque rafforzare quei principi che portano all’accettazione del prossimo».
Quali sono i punti di incontro fra le tre fedi monoteiste?
«Le tre fedi possono collaborare per diffondere assieme i principi che le accomunano: amore e pace per tutti. La pace nasce non solo dai grandi eventi internazionali ma soprattutto nelle menti delle persone comuni. Decisive sono le scelte dei singoli».
Cosa vede nell’orizzonte dei rapporti fra Italia ed Egitto?
«I nostri popoli hanno molto in comune, sul piano dei valori e della Storia, c’è un sentimento che ci unisce. I rapporti bilaterali sono stretti ed ho un legame forte con il vostro Paese. Per questo ho scelto l’Italia come primo Paese europeo da visitare dopo l’insediamento nel 2013».
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