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Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


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La Stampa Rassegna Stampa
30.04.2015 Arabia Saudita contro il terrorismo islamico: una svolta?
Cronaca e commento di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 30 aprile 2015
Pagina: 14
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Un nuovo erede anti Al Qaeda: la svolta del re saudita Salman»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/04/2015, a pag. 14, con il titolo "Un nuovo erede anti Al Qaeda: la svolta del re saudita Salman", la cronaca e commento di Maurizio Molinari.


Maurizio Molinari e il suo recente libro "Il Califfato del terrore"

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Il re saudita Salman

Il re saudita Salman sceglie come proprio erede l’arcinemico di Al Qaeda con una decisione che svela la volontà di trasformare Riad nella roccaforte della controrivoluzione anti-jihadista. Salito al trono a fine gennaio, dopo la morte del fratello Abdallah, Salman aveva trovato come principe ereditario - l’erede designato - il fratello Muqrin ma ora lo sostituisce con il ministro degli Interni Mohammed Bin Nayef ovvero l’uomo che dalla fine degli anni Novanta guida le operazioni anti-terrorismo a difesa della monachia wahabita. Nato nel 1959 a Gedda, educato a Riad e in Oregon, Bin Nayef si forma seguendo corsi di antiterrorismo in Gran Bretagna e Usa.

Al ritorno in Arabia, nel 1999, l’allora re Fahd lo nomina viceministro degli Interni e da quel momento è lui a guidare una guerra senza tregua contro ogni gruppo jihadista. Dopo gli attacchi dell’11 settembre contro l’America è lui ad essere l’interlocutore di Cia ed Fbi nella caccia ad Al Qaeda e nei cinque anni seguenti usa il pugno di ferro contro le cellule di Bin Laden nel regno. Elimina uno dopo l’altro i capi locali di Al Qaeda e nel 2009 Ayman al-Awlaki, leader jihadista in Yemen, decide di ucciderlo. È una trappola ben congeniata: il super-ricercato Abdullah Hassan Al-Asiri fa sapere di volersi consegnare a Bin Nayef in persona, parte dallo Yemen arriva a Gedda e viene accolto dal ministro che, in segno di rispetto, gli evita perquisizioni corporali.

L’attentato
Al-Asiri ha una mini-bomba inserita nella cavità anale e quando gli stringe la mano si fa esplodere. Bin Nayef sopravvive, con una ferita a due dita, e decide di trasformare la lotta ai jihadisti in dottrina militare, trovando nello zio Salman, ministro della Difesa, un alleato di ferro. Sono i militari di Salman e gli 007 di Bin Nayef a fare dell’Arabia il Paese-guida del fronte anti-jihadista come della sfida all’Iran sulla soglia del nucleare: dall’intervento in Bahrein contro le rivolte sciite, al sostegno per Al Sisi in Egitto contro i Fratelli Musulmani fino alle pressioni sul Qatar per cacciare i leader fondamentalisti egiziani. L’intervento panarabo in Yemen, contro i ribelli sciiti ma anche per sradicare Al Qaeda, è un assaggio di cosa hanno in mente.

Ed è significativo che la svolta coincida con altre due decisioni: la sostituzione del ministro degli Esteri Saud al-Faisal, in carica dal 1975, col giovane ambasciatore a Washington Adel al-Jubeir e la nomina a viceprincipe ereditario di Mohammed Bin Salman, 30enne figlio del sovrano. L’intento è svecchiare il regno: Bin Nayef è il primo nipote del fondatore Ibn Saud che diventerà re mentre Bin Salman e al-Jubeir appartengono alla nuova generazione, molto legata agli Usa. La volontà di cementare il legame strategico con Washington, guardando oltre l’avvicinamento Obama-Iran, trova conferma dal segnale del re sul fronte delle riforme interne: ad agosto le donne saudite potranno, per la prima volta, votare e essere elette ai consigli municipali.

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