Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/04/2015, a pag. 14, con il titolo "L'Iran dirotta una nave, duello con gli Usa", la cronaca e commento di Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari e il suo recente libro "Il Califfato del terrore"
Lo stretto di Hormuz: da qui passa il 30% del petrolio mondiale
Con un blitz nelle acque degli Stretti di Hormuz la Marina iraniana ha catturato una nave cargo danese, che ha chiesto soccorso alle unità da guerra degli Stati Uniti in nome della libertà di navigazione: l’episodio rivela la tensione esistente fra le flotte di Iran e Stati Uniti che incrociano a breve distanza in un canale la cui larghezza minima è di appena 33 chilometri.
Al centro dell’incidente c’è la Maersk Tigris, nave commerciale danese battente bandiera delle Isole Marshall, che si trovava sulla rotta fra il porto saudita di Gedda e Jebel Ali, negli Emirati, quando è stata avvicinata da cinque o sei piccole imbarcazioni dei Guardiani della rivoluzione iraniana. Al comandante della Maersk Tigris è stato rimproverato di aver «violato le acque iraniane» - come spiegano fonti di Teheran all’agenzia semiufficiale Fars - chiedendogli di fare rotta verso l’isola di Larak per attraccare a Bandar Abbas.
Il comandante ha opposto un rifiuto, negando di aver sconfinato e a quel punto - secondo la ricostruzione fornita dalla Rickmers Ship Management di Amburgo - i pasdaran hanno fatto fuoco sul ponte della nave, abbordandola e facendo salire a bordo un gruppo di militari. Appena raggiunto dal fuoco, il comandante ha lanciato l’Sos, raccolto dalle unità della Quinta Flotta degli Stati Uniti, di base in Bahrein. L’ordine di «soccorso per una nave in difficoltà» è partito dal Pentagono, facendo intervenire il cacciatorpediniere Uss Ferragut, un’unità di pattuglia e aerei per la ricognizione. La Uss Ferragut, lontana 60 miglia marine in quel momento, non è riuscita ad arrivare in tempo per ostacolare la cattura del cargo ma gli aerei militari Usa hanno avuto l’ordine di «seguire a distanza» la nuova rotta verso Bandar Abbas, il grande porto nel Sud dell’Iran dove si trovano le più importanti basi della Marina militare e anche delle unità navali dei pasdaran.
Ma il Pentagono minimizza
Il portavoce del Pentagono, Steve Warren, ha definito «inappropriato» l’uso del fuoco da parte degli iraniani, evitando però di spingersi fino a parlare di atto contro la libertà di navigazione in uno specchio d’acqua che vede transitare 17 milioni di barili di greggio al giorno ovvero il 30% del petrolio scambiato via mare. Ora gli interrogativi riguardano la sorte dei 34 marinai della nave danese - di nazionalità britannica, bulgara, rumena e birmana - perché la bandiera delle Isole Marshall comporta «alcuni obblighi da parte degli Stati Uniti» come precisa il Pentagono. I portavoce dei presidenti di Usa e Iran hanno evitato di pronunciarsi sull’incidente, nel comune tentativo di evitare ripercussioni negative sul riavvicinamento bilaterale innescato dal negoziato sul nucleare di Teheran.
Resta il fatto che negli Stretti di Hormuz si trova una consistente flotta Usa, impegnata a impedire l’invio di aiuti iraniani ai ribelli houthi in Yemen, e ciò potrebbe aver innescato le frizioni con i pasdaran. A confermare le tensioni legate al conflitto in Yemen c’è quanto avvenuto all’aeroporto di Sana’a, dove i jet sauditi hanno colpito pista e torre di controllo per impedire ad un cargo iraniano di depositare «aiuti destinati ai ribelli houthi». Per Teheran si è trattato di un «crimine di guerra» perché gli aiuti erano «destinati alla popolazione civile».
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