Un ex ebreo ed un finto cristiano, una ONG milanese e studenti ingannati
Traduzione e commento di Federico Steinhaus
A ottobre 2014 IC ha pubblicato l'intervista a Tuvia Tenenbom a cura di Giovanni Quer. Potete leggerla alla pagina http://www.informazionecorretta.com/dossier.php?l=it&d=29
Tuvia Tenenbom con la copertina del libro
Tuvia Tenenbom è un giornalista rompiscatole, invadente, bugiardo. Ma è anche ostinato, intelligente, irriverente. Usa con maestria il più classico umorismo ebraico, profondo e falsamente ingenuo, per scovare i significati nascosti di una convivenza difficile fra ebrei, non ebrei ed arabi. Il suo libro “Catch the Jew” è il bestseller n. 1 in Israele e dietro la sua apparenza esilarante si nasconde il dramma della non accettazione della presenza ebraica non solo da parte degli arabi, ma anche dei buoni samaritani europei (in particolare, e non è secondario, tedeschi).
“Catch the Jew” diverte (molto!) e fa riflettere, ma soprattutto fa capire meglio le complessità di due popoli che non si amano ma sono condannati a vivere uno a fianco dell’altro. Ecco alcuni passi dei capitoli 17 e 19, che trattano di una ONG milanese, da me tradotti in italiano.
Solo antisionista? O piuttosto antisemita?
Oggi andrò ad unirmi ad una guida turistica israeliana e ad un gruppo di adolescenti italiani, che fanno un viaggio educativo organizzato da un’istituzione italiana a Milano. Ci incontriamo alla Porta di Damasco/Bab al-Amud/Shaar Shkhem e ci dirigiamo verso un “villaggio arabo distrutto dagli ebrei nel 1948” (le virgolette sono di Tenenbom per sottolinearne l’autenticità). Bene. Itamar Shapira, la guida noleggiata dagli italiani, guiderà il tour. “Benvenuti in Israele, Palestina” ci saluta sull’autobus, che appartiene ad una società araba ed è guidato da un arabo. Itamar è l’unico ebreo qui (Tenenbom non si fa passare per ebreo, allo scopo di far chacchierare gli altri più liberamente). Oggi faremo un tour di ricerca che ci insegnerà qualcosa sull’occupazione israeliana e l’annessione di terre arabe in Israele, Palestina.
“Gerusalemme ha 900.000 residenti: il 36% arabi, il 20% ultra-ortodossi, il 10% laici che sono l’elite israeliana di origine europea, e il resto sono le creature mostruose, i coloni”. Così dice Itamar, mentre l’autobus va verso la sua destinazione. Ci viene incontro un van militare, e Itamar spiega: “questo è lo shunk, un veicolo usato dalla polizia per disperdere le dimostrazioni”. L’impressione che noi tutti ne ricaviamo, e ritengo che è quel che voleva Itamar, è che Israele è uno stato di polizia. Andiamo, e raggiungiamo la nostra prima destinazione, all’ingresso principale di Gerusalemme.
Il “villaggio”, un mucchietto di case abbandonate che si chiama Lifta (vedasi la nota alla fine!). Usciamo dal bus e scendiamo giù per la collina. Itamar vede una zona ombreggiata e interrompiamo la camminata per ascoltare una sua breve relazione. Gli ebrei “si sono impadroniti di questo villaggio nel 1952” dopo aver approvato una nuova legge, quando si sono impadroniti anche del 92-94% del resto d’Israele” all’interno della cosiddetta linea verde. E’ in base a questa legge, aggiunge, che “gli ebrei hanno espropriato terre arabe ovunque”. I giovani italiani siedono o stanno in piedi attorno ad Itamar ed ascoltano... Guardano le strutture abbandonate di queste vecchie case come ai luoghi prediletti della propria infanzia... Quanti ebrei ci sono nel mondo? chiede qualcuno. Itamar dice che è difficile rispondere. “Alcuni dicono ce ne siano 55 milioni, alcuni dicono venti milioni, altri dicono dodici milioni”. Itamar è ebreo? “Non mi considero ebreo, mi considero un ex-ebreo”. Cristiani possono diventare cittadini d’Israele? “Ti puoi convertire all’ebraismo, diventare ebreo e diventare un cittadino. Ma io non vi consiglio di diventare ebrei”.
Mi prendo qualche minuto per parlare con l’organizzatrice di questo gruppo, una giovane signora di nome Alice. Le chiedo quale organizzazione ha gestito questo viaggio e quanto costa. “Questo viaggio è organizzato dalla Casa per la Pace di Milano... ogni persona paga circa mille euro per due settimane in Israele e nei territori occupati”. Di quanti altri paesi la Casa per la Pace si occupa? “Israele sfida e viola le leggi internazionali, non rispetta gli accordi, non rispetta i diritti umani ed è una forza occupante”. Ricevuto. Ma verso quali altri paesi la Casa per la Pace organizza viaggi? O Israele è l’unico paese del mondo che non rispetta i diritti umani? “Ci sono altri paesi, certo, ce ne sono”. E la Casa per la Pace organizza viaggi anche verso questi paesi? “No. Solo qui”. Mille euro sono pochini. Chi paga il resto? “L’organizzazione”. Chi dà all’organizzazione i soldi per farlo? “La Commissione Europea”.
Chiedo ad Alice se, per poter esaminare tutti i lati, lei ed i suoi amici vanno anche dall’altra parte, dagli ebrei, ed ascoltano quel che hanno da dire. Beh, mi dice, il gruppo è con gli ebrei oggi e domani, ossia con Itamar, e poi andranno dai palestinesi. E’ così che sentiranno entrambe le parti. Dopo pranzo voglio ricongiungermi agli italiani. Chiamo Itamar, ma lui non risponde... Il giorno dopo raggiungo nuovamente l’ex-ebreo Itamar e gli italiani. Oggi vanno a Yad Vashem, non ad un’altra Lifta, e mi chiedo come si sentiranno nel museo degli ebrei morti. Itamar fa del suo meglio per adattare la storia della seconda guerra mondiale in una storia contemporanea. Lo fa facendo paragoni fra allora ed ora. Se siete perplessi e non sapete cosa significa, lasciate che io sia più esplicito: fra i nazisti di ieri e gli israeliani di oggi. “Nell’Israele di oggi, gli africani sono rinchiusi in campi di concentramento”. Itamar prosegue nella visita. “Con l’inizio della sconfitta nel 1942 comincia quello che viene chiamato lo sterminio degli ebrei. Quello che vedete qui è tutto dal punto di vista delle vittime ebree, del resto questo è un museo ebraico. Ma quel che vedete qui, con i nazisti e gli ebrei, succede anche oggi in Palestina. Quel che succede qui in Israele è un Olocausto. Oggi l’esercito israeliano fa le stesse cose, ed anche l’esercito americano”.
Nella sezione dedicata al ghetto di Lodz, Itamar afferma che “oggi l’Autorità Palestinese uccide molta gente per ordine di Israele”. “Non abbiamo alcun ordine di Hitler che dice “uccidete tutti gli ebrei in Europa”. Oggi sappiamo che l’uccisione degli ebrei non era partita dall’alto ma è stato qualcosa che veniva dal basso, da parte di soldati che sperimentavano l’orrore della morte attorno a loro...”.
E’ interessante vedere di cosa la gente dell’Unione Europea si occupa oggi: usare Yad Vashem, il monumento a milioni di ebrei assassinati da loro stessi, come una piattaforma per fare una propaganda velenosa contro i sopravvissuti della loro macellazione. Quando camminate qui con Itamar, vedendo Auschwitz ma sentendo il nome di Palestina, osservando un ufficiale nazista in un video ma sentendo il nome di Israele, non potete negare quanto la propaganda di Itamar sia efficace...
A questo punto aggiungo la nota sulla quale voglio indirizzare l’attenzione dei lettori fin qui increduli e/o arrabbiati. Nel capitolo 21, alla pagina 188 del testo inglese, Tenenbom racconta di essersi recato con un amico americano (attivista di sinistra) in un quartiere vicino a casa sua, non lontano dall’Università Ebraica. Passano dinanzi ad una lunga serie di case magnifiche, con Range Rover ed Audi parcheggiate nel cortile recintato. Chi vive qui? domanda Tenenbom. “Queste ville sono di proprietà della gente di Lifta”. Non esistono poveri profughi di Lifta, mi dice. Lifta, all’entrata di Gerusalemme, che Tenenbom aveva visitato col gruppo di Itamar, era ai tempi andati un villaggio di briganti che depredavano i pellegrini. Essi erano da sempre proprietari di molte terre nei dintorni e sono oggi tra le famiglie più ricche fra tutti i clan arabi.
Federico Steinhaus