Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 22/04/2015, a pag. 45, con il titolo "La tragedia degli armeni", l'intervento di Baykar Sivazliyan, presidente dell’Unione Armeni e la risposta di Sergio Romano.
La replica di Sergio Romano a Baykar Sivazliyan, presidente dell’Unione Armeni, esemplifica una tipica tecnica utilizzata dall'ex ambasciatore: quando è a corto di argomenti, non risponde, limitandosi a scrivere tre righe, con una citazione tipo 'cavoli a merenda'.
Ecco l'intervento di Baykar Sivazliyan:
Baykar Sivazliyan
Armeni impiccati dai turchi a Istanbul
Mai avremmo immaginato di dover rispondere a un vero, seppur isolato, caso di negazionismo del genocidio armeno a pochi giorni dalle parole di papa Francesco e della risoluzione del Parlamento europeo dove compare chiaramente la parola genocidio riferita ai tragici eventi del 1915-1917. Spiace dover ricordare, se non la storia, anche solo la stringente attualità ad un ex ambasciatore Sergio Romano che si ostina, senza alcun argomento, a sostenere verità dettate da interessi che ci sfuggono, riassumibili nella pedissequa emulazione delle peggiori argomentazioni negazioniste del Governo turco. A Romano consigliamo alcune letture: Il genocidio degli armeni di M. Flores; Nazionalismo turco e genocidio armeno di T. Akçam; Il secolo dei genocidi di B. Bruneteau. E ricordiamo che quando nel 1944 Raphael Lemkin coniò il termine genocidio, alla base della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio dell’Onu del 1948, aveva la precisa intenzione di distinguere qualche «massacro» occasionale dal sistematico annientamento di un popolo com’era il caso degli armeni da lui preso a triste modello per quel neologismo infausto. I turchi avevano la deliberata volontà di cancellare un’intera etnia, tanto che alla fine della Guerra mancava all’appello il 70% della popolazione armena. Piccoli e innocui massacri? Incidenti occasionali? Pare proprio di no. Romano parla di «gara del genocidio», lasciando intendere che di mere questioni nominalistiche si tratti quando è il primo a introdurre dei distinguo. È offensivo attribuirci di essere interessati alla «borsa valori» dei genocidi per strappare qualche giornata della memoria sui calendari. E ancora più offensivo è far riferimento a interessi politici quando qui gli unici interessi in gioco sono quelli economici delle potenze occidentali con la Turchia, interessi che sono il primo ostacolo al riconoscimento che ci è dovuto. Non vogliamo appuntarci stelle al petto. Né tanto meno appagare qualche sentimento antiturco che non abbiamo, dal momento che larga parte della società civile turca è pronta a tendere la mano. Il problema sono i governi turchi: ragioni dunque politiche nel senso deteriore del termine. Parlare di «genocidio» appiattisce la storia secondo Romano? Chiamare le cose col loro nome non è un esercizio retorico se coinvolge un milione e mezzo di morti. Quelle vittime, che saranno beatificate il 24 aprile, devono essere “contestualizzate” per l’ex ambasciatore? La risposta la lasciamo ai lettori.
Baykar Sivazliyan, presidente dell’Unione Armeni
Ecco la risposta di Sergio Romano:
Sergio Romano
Non è facile discutere razionalmente con chi liquida come negazionista un testo dove, tra l’altro, si rimprovera alla Turchia la reticenza con cui ancora parla del dramma armeno. Mi consolo comunque ricordando che, secondo Talleyrand, tutto ciò che è esagerato è insignificante. Siamo perfettamente d’accordo invece sul fatto che la risposta, in ultima analisi, vada lasciata ai lettori.
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