Quel convoglio per Monte Scopus
Ricordo di David Cassuto
La stele in ricordo delle vittime dell'attacco terroristico al convoglio medico di Monte Scopus
Yom Haazmaut, festa dell’Indipendenza. Alcuni giorni fa siamo andati a compiere il nostro dovere civile verso questo nostro Paese, per la cui nascita c'era in quei giorni una grande aspettativa; chiunque ne prenderà in mano la guida, dovrà affrontare le sfide difficili che ci sono di fronte, senza deviare a destra o a sinistra: il nostro futuro dipende solo da noi.
Sono passati 67 anni da quella amara e frenetica giornata. Da allora continuiamo ad incontrarci ogni anno. Allora eravamo giovani. Con gli anni siamo maturati e oggi i capelli, di chi ne ha ancora, sono diventati grigi. Ma il dolore non si è alleviato, è ancora con noi, come se il terribile evento sia avvenuto ieri; un evento la cui gravità supera qualsiasi cosa Tzahal si sia mai trovato di fronte.
Allora non sapevamo ancora cosa ci aspettava: i paesi arabi ci dichiararono guerra sicuri che in pochi giorni sarebbero usciti vincitori dal confronto con il giovane popolo! Ma questo giovane popolo la pensava diversamente e ha invece vinto quella sanguinosa guerra. Abbiamo poi ancora vinto duri e numerosi scontri e non abbiamo altra scelta che affrontare e vincere anche gli altri scontri che ci aspettano in futuro.
Mia madre, che il suo ricordo sia benedetto, è stata uccisa nel convoglio di autoambulanze che attraversava la parte sotto l’occupazione giordana di Gerusalemme per raggiungere Har HaTzofim. Era sopravvissuta ai campi di sterminio in Polonia, dopo esser tornata a riprendere i suoi figli – me, mia sorella Shoshana e mio fratello Daniel - sotto la sua protezione. Pensava che le sue tragedie fossero terminate. Ma la Storia la pensava diversamente e per questo non ha avuto l'onore di vederci crescere sul promettente suolo del nostro Stato – dello Stato d'Israele.
Nonostante il dolore, mamma, siamo cresciuti, ci siamo sviluppati e abbiamo mantenuto le speranze che tu e Papà avevate infuso in noi prima che le nostre strade si dividessero. Il babbo è stato ucciso nella maledetta terra polacca, ma tu sei tornata a noi; ti abbiamo abbracciato ma non per molto; sei caduta qui, in prossimità del luogo in cui ci troviamo oggi, mentre insieme ad altro personale dell'Università e dell'Hadassa, stavate salendo al Monte Scopus per mettere in atto la vostra vocazione verso i malati, verso il popolo ebraico, verso l'intera umanità. Una mano feroce e traditrice ha spezzato le vostre vite nel mezzo.
Il nonno, M. D. Cassuto, ti ha dedicato uno speciale ricordo in una lettera dal titolo "Dove sei, figlio mio?", che aveva scritto a sé stesso quando ancora non sapeva quale sorte fosse toccata al babbo.
"Dove sei, figlio mio? Lontano dai tuoi anziani e inconsolabili genitori, lontano dai tuoi figli in fiore, in tutto e per tutto degni di te ... La tua giovane esistenza è stata stroncata dalla mano crudele del nemico, dalla quale un benevolo dono della Provvidenza salvò la dolce e cara compagna della tua vita per darle la gioia di riabbracciare i suoi figli e di riprendere la sua opera per loro e per concederle poi l'onore di sacrificare la sua vita nell'eroica lotta del popolo nostro per la sua libertà. ... Dove, dove sei, figlio mio?"
Fratelli miei, sorelle mie, notate bene ciò che dice qui il vecchio professore: " l'onore di sacrificare la sua vita nell'eroica lotta del popolo nostro per la sua libertà ...". Se questa terribile tragedia fosse avvenuta oggi, si sarebbero sollevate grida di protesta: "Settantotto caduti ... commissione d'inchiesta ...". Non era questo, lo spirito di allora e sarebbe bene che non lo fosse neanche oggi: ogni caduto, tanto nella Guerra di Indipendenza quanto in Tzuk Eytan – l'Operazione Margine di protezione – come pure in tutte le altre operazioni belliche avvenute in questo lungo periodo, merita di salire e stare di fronte al trono di onore; tutti i 23.169 caduti sono morti per la santificazione di D-o, del popolo e della Terra e a noi, in piedi, a capo chino, è vietato lamentarci della loro morte; questo è il prezzo di uno Stato, questo è il prezzo di una sovranità , questo è il prezzo della vita come Nazione indipendente.
Oggi ci troviamo di fronte a un mondo ostile che ha già dimenticato che cosa abbiamo passato solo 70 anni fa, che cerca di accusarci di false colpe che non hanno alcuna base nella realtà e che torna a osteggiarci come se non si fosse compiuta nei nostri confronti una terribile shoà, come se non avessimo eroicamente sostenuto per 67 anni innumerevoli e continue guerre, instancabilmente, sempre pronti e determinati a combattere.
Verrà il giorno, mamma, in cui sarà dimostrato che la tua perdita - insieme a quella degli altri caduti in questo convoglio e di tutti i caduti nelle operazioni belliche che hanno coinvolto Israele - non è stata vana e questo popolo vedrà sorgere la pace. Ma ciò accadrà solo se saremo pronti a lottare per essa. Dice il proverbio latino: Si vis pacem para bellum – se vuoi la pace prepara la guerra. Noi vogliamo la pace e la raggiungeremo forti e rafforzati.
Nonostante tutte le calunnie che ci vengono da ogni parte del mondo, dimostriamo a noi stessi e al mondo il nostro vantaggio morale che trova espressione in tutti i campi della vita: nella scienza, nella medicina, nella agricoltura, nell'arte, nella letteratura, nell'economia e in altro ancora... e non di meno nell'enorme miracolo della nostra esistenza come Stato! Di certo porteremo la benedizione a questa zona satura di guerre e odio e infine capiranno tutti gli abitanti della nostra regione, che i vantaggi che noi offriamo a loro e a tutti i popoli del mondo, sono una benedizione insostituibile e alla fine questa benedizione porterà la pace tanto auspicata da tutti.
Cara madre! Abbiamo mantenuto la missione che avevi riservato a noi, tuoi figli, e noi e i nostri figli e i figli dei nostri figli e tutto questo meraviglioso popolo, seguiremo la via dell'amore, della verità e della pace verso un futuro che porterà con sé benedizione e sicurezza a tutto il mondo ......... Grazie!
David Cassuto