IC7 - Il commento di Valentina Colombo
Dal 12 al 18 aprile 2015
Unione delle Comunità Islamiche d'Italia (UCOII), Comunità Religiosa Islamica Italiana (COREIS), Giovani Musulmani d'Italia, Lega dei Musulmani in Italia, Lega dei Musulmani Europei sono solo alcune delle sigle che appaiono in questi giorni sulla stampa italiana. Tutte queste realtà si propongono, o vengono presentate dai mezzi di comunicazione, come rappresentative dell'islam italiano o europeo.
Lo stesso Ministro dell'Interno Angelino Alfano lo scorso 23 febbraio ha ricevuto i “leaders rappresentanti del mondo islamico italiano”. Tra le quattordici persone convocate al Ministero figuravano rappresentanti dell’italianissima Coreis, dell’UCOII – la cui presenza è stata definita nel comunicato della Coreis “ridondante” – , della Moschea di Roma e donne rigorosamente velate.
Siamo sicuri che i musulmani che vivono in Italia si sentano rappresentati da questi “leaders” e da queste sigle? Siamo sicuri che i giovani musulmani che frequentano le nostre scuole siano disposti a ricevere lezioni da queste persone? Due mesi fa una giovane musulmana, velata, in una scuola di Chivasso mi ha detto: “io sono una musulmana e non ho bisogno di qualcuno che mi rappresenti e io non rappresento nessuno, perché chi vive in pace con se stesso e pratica la propria religione in pace non va a cercare mezzi pubblicitari o video per farsi notare.” Più di recente un gruppo di giovani studenti di origine tunisina e marocchina in un istituto marchigiano ha mostrato la propria insofferenza e rabbia innanzi all’invito, da parte dell’amministrazione comunale, a una mia conferenza pubblica dell’imam locale. Il commento dei giovani musulmani è stato: “Lui non ci rappresenta, non abbiamo nulla a che fare con lui”.
Le semplici e sincere reazioni di alcuni studenti musulmani in due scuole italiane dovrebbero fare riflettere. D’altronde, corrispondono appieno a quanto espresso, in modo più elaborato, nel 2006 dal filosofo francese di origine algerina Abdennour Bidar: “Dobbiamo infine comprendere che l’idea di ‘comunità islamica europea’ è un concetto sociologicamente vuoto: se i politici cercano degli interlocutori musulmani, se i sociologi e i giornalisti vogliono condurre un’inchiesta sul terreno, che la smettano di volere trovare una pseudocomunità, raggruppata in disparte e che vive seguendo strani costumi, una tribù con a capo dei ‘califfi-rappresentanti’… Niente, oggi in Europa, assomiglia meno a un musulmano che un altro musulmano… costoro non tengono all’islam non tanto per la fede e la preghiera quanto per un’etica, per le usanze… Non esiste più un musulmano tipo; siamo tutti diventati atipici.”
Bidar aggiungeva: nell’islam d’Europa così come nella società moderna nella sua totalità, l’esistenza precede l’essenza, in altre parole è l’uomo che fa l’islam e non l’islam che fa l’uomo. Non esiste un islam prestabilito che detta a tutti come devono vivere e pensare, ma degli individui – ciascuno con la sua anima e coscienza – che cercano di trovare il rapporto con l’islam che loro si confà, e fanno sbocciare “degli islam”, dei “modi di essere musulmano”, “dei modi molteplici di attaccamento alla cultura islamica”. In un momento storico così delicato, è necessario ricordare – dai cittadini alle istituzioni - che i musulmani non sono un’entità astratta, una sigla legata ideologicamente all’estremismo islamico oppure un’organizzazione il cui nome cela una scatola vuota, i musulmani sono delle persone che vivono accanto a noi, a scuola e più in generale nella vita e che, nella maggior parte dei casi, non sentono la necessità di un “sindacato” che li rappresenti o, peggio ancora, un’organizzazione che sfrutta i musulmani per esercitare il proprio potere.
Un’ulteriore riflessione riguarda un altro aspetto della sedicente rappresentanza dei musulmani in Italia e in Europa. Le suddette sigle, regolarmente indicate come “l’islam” rappresentano forse tutte le anime nazionali, linguistiche e culturali dell’islam italiano ed europeo? I dati e la realtà ci dicono che tra coloro che vengono annoverati e calcolati come musulmani in occidente vi sono pakistani, tunisini, egiziani, cingalesi, marocchini, donne musulmane che si sentono tali pur non indossando il velo, vi sono anche laici ed atei. Sì, laici ed atei perché non è vero che tutti coloro che provengono da paesi a maggioranza musulmana sono automaticamente dei musulmani praticanti.
Ebbene se si vuole promuovere una vera integrazione volta a evitare la vera islamofobia e le ideologie di estrema destra, quale il movimento PEGIDA in Germania, bisogna avrere il coraggio di smetterla di dialogare solo con le sedicenti “comunità” e i sedicenti rappresentanti dell’islam. Tutto questo è di per sé discriminante perché esclude chiunque non sia membro delle associazioni che si definiscono “comunità islamica”. Non solo, dialogare con certe “comunità” potrebbe corrispondere ad avere come referente chi distingue tra terrorismo e resistenza, chi propugna un islam politico e non un islam del cuore e dell’individuo.
E’ indispensabile fare chiarezza, smascherare i sedicenti rappresentanti dell’islam e fare venire a galla la realtà: l’islam non ha un’autorità, non ha un Papa, non ha sacerdoti, l’islam è fisiologicamente plurale a partire dalla morte di Maometto nel 632. Se il sedicente califfo Abu Bakr al-Baghdadi è un usurpatore, come hanno sostenuto tutte le organizzazioni legate ai Fratelli musulmani e non solo, usurpatori sono tutti coloro che si presentano e vogliono affermarsi come rappresentanti dell’islam e dei musulmani in occidente e in ogni dove. La brutta notizia, per le istituzioni e i mezzi di comunicazione, è che non esiste un “signor Islam”, la bella notizia, per noi cittadini, è che quelle sigle islamiche che ci vogliono fare credere di essere il volto dei musulmani non rappresentano la pluralità e la varietà dei musulmani che vivono tra noi. Consiglio finale: sempre diffidare dei musulmani ventiquattro ore su ventiquattro.
Valentina Colombo