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L'ipocrisia antisemita dell'Europa Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici, avete probabilmente letto nei giorni scorsi dell'iniziativa di sedici ministri degli esteri di paesi europei che chiedono all'Unione Europea e in particolare a Mogherini di imporre a Israele un'etichetta speciale per i prodotti che siano stati lavorati in Giudea, Samaria e Golan. Per la cronaca, si tratta di Italia, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Belgio, Svezia, Malta, Austria, Irlanda, Portogallo, Slovenia, Ungheria, Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi e Lussemburgo. Solo la Germania tra i grandi Paesi Ue si è astenuta. Se non l'avete fatto, trovate qui (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=16&sez=120&id=57925) un articolo riportato l'altro ieri da Informazione Corretta, con il giusto commento che qualifica questa mossa come antisemita. Del resto la stessa reazione è arrivata da Israele. Ha parlato il ministro degli esteri Liberman (http://www.timesofisrael.com/liberman-suggests-eu-slap-west-bank-products-with-nazi-yellow-star/) suggerendo che l'etichetta “made in West Bank” sia scritta su una stella gialla come quella che i nazisti obbligavano gli ebrei a indossare (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/liberman-suggests-eu-print-made-in-the-west-bank-label-on-yellow-star/2015/04/17/) . Ma si è espresso anche Yair Lapid, uomo di sinistra e capo del partito Yesh Atid, all'opposizione rispetto a Netanyahu e a Lieberman, dicendo che la richiesta dei ministri europei è “un boicottaggio de facto di Israele” (http://www.jpost.com/Israel-News/Lapid-to-Mogherini-EU-foreign-ministers-are-calling-for-a-de-facto-boycott-of-Israel-398385).
In realtà la richiesta europea è attentamente motivata in maniera tale da sembrare innocua. Come scrive l'Ansa (http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2015/04/16/mo-ministri-ue-a-mogherini-introdurre-etichette-anticoloni_501f13ca-f141-45a1-a43a-dfc1f97ff525.html), “etichettare i prodotti che provengono dagli insediamenti dei coloni, sostengono i ministri nella lettera, rimbalzata sui media israeliani, è 'necessario' per informare i consumatori europei che devono sapere l'origine dei prodotti che stanno acquistando.” Inoltre i 16 ministri "restano dell'idea" che l'indicazione della provenienza dai territori occupati sia "un passo importante nella piena attuazione" della "soluzione dei due stati" ed osservano che "la continua espansione degli insediamenti illegali israeliani" nei territori "minaccia la prospettiva di un giusto accordo finale di pace". L'informazione dei consumatori, nel senso normale dell'espressione, cioè il permettere a chi acquista di sapere qual è il valore e il contenuto reale di ciò che gli viene proposto, palesemente non c'entra nulla, essenso già previsto dai regolamenti comunitari. Non si tratta qui di sapere se il vino del Golan, per fare un esempio di eccellenza, rispetti o meno le norme sul grado alcolico e l'assenza di additivi, ma di aggiungere un'informazione politica che faciliti il boicottaggio da parte delle organizzazioni antisraeliane. L'Unione Europea, che viola le sue stesse leggi finanziando di fatto col sostegno all'AP gli stipendi dei terroristi in carcere (http://www.palwatch.org/main.aspx?fi=520), che interviene contro le norme del diritto internazionale costruendo abitazioni illegali, senza i necessari permessi urbanistici, nella zona C della Giudea e Samaria, amministrata da Israele secondo gli accordi di Oslo (http://www.dailymail.co.uk/news/article-2874883/EU-funding-illegal-building-West-Bank-says-report.html) dovrebbe secondo questa proposta discriminare per ragioni politiche i prodotti lavorati anche in parte da territori che Israele amministra proprio in seguito agli accordi di Oslo, firmati dall'OLP e dall'Europa stessa come garante. Notate che come al solito niente del genere è richiesto ad alcuna altra amministrazione di zone contese. Alla Turchia nessuno chiede di certificare che il suo vino non venga dalle zone che ha occupato a Cipro; col Marocco c'è addirittura un accordo di collaborazione per sfruttare congiuntamente la pesca nelle acque dell'ex Sahara spagnolo, che dovrebbe essere lo stato dei Sarahui e per cui l'Onu ha deliberato invano diverse volte un referendum. Non vi è neppure la richiesta di accertare se il petrolio che arriva al Mediterraneo attraverso la Turchia non provenga dallo Stato Islamico, che ne trae i fondi per la sua attività terrorista. Nessuna situazione di conflitto, grande o piccola, subisce dall'Europa la pressione dedicata a realizzare un nuovo stato terrorista in Giudea e Samaria. Insomma, questa etichetta non serve affatto a informare i consumatori, ma a fare una guerra economica a Israele, dividendo la sua economia, cercando di rendere infruttuosa la produzione in Giudea e Samaria, aggirando così le regole internazionali stabilite con i trattati sulla libera circolazione delle merci. Ha ragione Lieberman a definire la lettera dei ministri “ipocrita e cinica”. Si tratta cioè del primo atto di quell'offensiva europea contro Israele che era stata annunciata già da mesi (e già commentata in questa “cartoline”). Non potendo agire più che tanto Obama, impegnato a fare approvare al Congresso il suo accordo tagliola con l'Iran, la pressione su Israele è diventata compito dell'Europa. Che l'Italia si sia unita a questa folle guerra dell'Europa contro lo stato degli ebrei, mentre dal suo ventre nasce di nuovo l'antisemitismo di sempre, è una grandissima ma non imprevista delusione.
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90 |
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