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La Repubblica Rassegna Stampa
16.04.2015 Pakistan: ragazzo cristiano bruciato vivo da fondamentalisti islamici
Scontro di civiltà? Nooo...

Testata: La Repubblica
Data: 16 aprile 2015
Pagina: 16
Autore: O.C.
Titolo: «Pakistan, violenze sui cristiani: quattordicenne arso vivo da islamici fondamentalisti»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 16/04/2015, a pag. 19, la cronaca "Pakistan, violenze sui cristiani: quattordicenne arso vivo da islamici fondamentalisti".


Pakistan: bruciata una croce

È morto ieri Nauman Masih, il ragazzo cristiano quattordicenne aggredito e arso vivo venerdì scorso per le strade di Lahore, in Pakistan. Il giovane Nauman, apprendista sarto, era stato fermato da un gruppo di musulmani radicali diretti a una moschea che gli avevano chiesto di quale religione fosse. Alla risposta: “Sono cristiano”, hanno iniziato a picchiarlo, lo hanno cosparso di kerosene e gli hanno dato fuoco. L’adolescente è riuscito a fuggire, gettandosi su un mucchio di sabbia nel tentativo di spegnere le fiamme che già avvolgevano i suoi vestiti.


Nauman Masih

Ricoverato in ospedale, aveva oltre il 50% del corpo ustionato. Le sue condizioni si sono presto aggravate e ieri mattina è morto. Da tempo nella provincia di Lahore, nel Punjab, si susseguono episodi di violenza religiosa: a marzo c’è stato un attentato suicida contro due chiese cristiane che ha causato la morte di venti fedeli e il ferimento di altri ottanta. Pochi giorni dopo due musulmani sono stati linciati e uccisi da un gruppo di cristiani.

Tre settimane fa, un altro ragazzo cristiano, è stato sequestrato da una folla di musulmani, picchiato e gettato in una fornace. A novembre dell’anno scorso uno degli episodi più atroci quando una coppia di cristiani accusati di essere blasfemi — s’era sparsa la voce infondata che avessero distrutto dei fogli con versetti del Corano — vennero arsi vivi da una folla inferocita. In Pakistan i cristiani sono appena il 3 percento dei 180 milioni di abitanti del paese e come altre comunità minoritarie hanno molte difficoltà nel professare la loro fede.

È il caso di Asia Bibi, la donna condannata a morte per blasfemia nel 2010. Ieri i suoi familiari sono arrivati in Italia per incontrare il Pontefice. Dopo Papa Francesco, che li ha ricevuti nell’udienza generale, il marito e una delle figlie di Asia Bibi hanno avuto un incontro con il sottosegretario agli esteri Della Vedova.

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