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Giudea e Samaria, West Bank, Terrasanta: le parole sono pietre 15/04/2015

Gentilissima Redazione, ho letto con molto interesse il commento di Deborah Fait sull'uso del termine Terra Santa in un articolo o servizio sulla diaspora armena. Concordo che, nel contesto, sarebbe stato più appropriato dire Israele (e Territori occupati o contesi che dir si voglia, se vi sono armeni anche in essi: cosa che ignoro. N.B.: per quanto mi riguarda, non c'è nulla di illegittimo nel conquistare un territorio in una guerra difensiva, quale fu, per Israele, la Guerra dei Sei Giorni: a maggior ragione se il territorio è la culla storica del popolo che lo conquista). Ho, invece, qualche perplessità circa l'estensione di Israele, che nell'articolo sembra includere Giudea e Samaria. Senza dubbio Eretz Israel, nella sua massima estensione storica, comprende tutto il territorio tra il Mediterraneo ed il Giordano, anzi anche una parte dell'attuale Giordania. Lo Stato di Israele, tuttavia, non ha annesso che una parte dei territori conquistati (o liberati) nel 1967: la parte orientale di Gerusalemme ed il Golan. Sicché mi sembra difficile chiedere al resto del mondo di chiamare "Israele" Betlemme o Nablus. A mio avviso, ciò contribuisce alla fortuna del termine Terra Santa, che permette di indicare l'intera area con due brevi parole e senza dover ogni volta affrontare il conflitto arabo-israeliano. Personalmente preferirei un uso più circoscritto di "Terra Santa": per i cristiani indica Israele come la Terra di Gesù e, attraverso Lui, di ogni cristiano (in senso ideale, naturalmente) ed ha un valore religioso ed affettivo altissimo. Usarlo fuori del contesto religioso mi sembra lo svilisca e, quel che è peggio, lo fa sentire come un termine polemico anche in casi in cui non lo è, come per i pellegrinaggi cattolici.
Molto cordialmente,

Annalisa Ferramosca

Lo Stato di Israele non comprende le regioni storiche di Giudea e Samaria, altrimenti definite con termini come "West Bank" o "Cisgiordania". In tal senso sono dirimenti gli accordi di Oslo.
La maggioranza degli israeliani concederebbe volentieri quelle regioni, che pure come lei ricorda hanno un'importanza storica decisiva e sono state ottenute in seguito a una guerra difensiva, a un futuro stato arabo palestinese. Israele chiede però - come dargli torto? - che questo futuro stato palestinese riconosca la legittimità e garantisca la sicurezza dello Stato democratico ed ebraico di Israele. Inoltre dovrebbe abbandonare il sostegno al terrorismo, la pratica dello stesso, l'educazione all'odio delle nuove generazioni e l'antisemitismo. Si tratta di ovvie precondizioni che la realtà palestinese odierna è ben lungi da soddisfare, e crediamo che continuerà a non soddisfarle anche nel futuro prossimo.

IC redazione


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