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Ugo Volli
Cartoline
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Vendere la corda al nemico che ti ci impiccherà 12/04/2015

Vendere la corda al nemico che ti ci impiccherà
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

sono passate appena due settimane dall'annuncio in pompa magna dell'accordo di Losanna, suspence e trionfo secondo le migliori regole hollywoodiane, e le magagne iniziano a venir fuori.
L'Iran vuole l'annullamento di tutte le sanzioni, quelle decise dall'Onu e quelle imposte dal Congresso americano, in contemporanea alla firma dell'accordo definitivo di giugno, mentre gli occidentali, memori delle molte volte in cui i persiani sul tema del nucleare hanno eluso o fermato le ispezioni o hanno barato sulle regole internazionali dell'agenzia atomica, vogliono un potere di controllo, e dunque sono disposti a eliminare le sanzioni solo gradualmente; gli iraniani hanno dichiarato che non si sognano di permettere ispezioni in tutte le loro basi né tantomeno l'istallazione di telecamere fisse. Hanno detto che non si sognano di trasferire all'estero il materiale fissile, c'è perfino incertezza sul numero di anni in cui varrà l'accordo.

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Obama, in un'intervista al New York Times, naturalmente pensata come propagandistica, ha dichiarato una cosa molto allarmante: che garantisce sul non armamento atomico dell'Iran “fino a che lui resterà alla guardia”
(http://www.haaretz.com/opinion/.premium-1.651084 ), il che non sarà più, per fortuna, in là del dicembre del prossimo anno. Poi, ha detto, il tempo di preparazione atomica degli iraniani diventerà più breve, fino a ridursi a settimane alla fine dell'accordo.
E allora? Mah, lui confida nella progressiva apertura del regime - che però non è avvenuta negli scorsi 36 anni, tant'è vero che il regime degli ayatollah è all'attacco nello Yemen, a tremila chilometri da casa, dove ieri sono stati catturati due suoi ufficiali (http://in.reuters.com/article/2015/04/11/yemen-security-strikes-idINKBN0N207G20150411 ).
E allora? Obama confida, spera, suppone che le cose possano cambiare: wishful thinking, pensiero desiderante, confusione fra i fatti e le speranze. Come se io volessi comprarmi una casa consegnando al notaio lo scontrino del Totacalcio. (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/obama-espouses-his-iran-strategy-if-if-if-and-blind-hope/2015/04/06/ )

Ma al di là dell'evidente debolezza dell'accordo, c'è un problema assai più grande, che di solito non viene discusso. La bomba atomica che Obama si rifiuta di distruggere, mirando solo a ritardarla “finché lui è al comando” non è il fine dell'Iran. Nessuno strumento militare lo è mai, salvo per qualche mitomane che si diverte a vestirsi da Napoleone, e gli ayatollah non sono certamente così.
La Bomba è il mezzo. Anzi, per essere precisi, uno dei mezzi. Un mezzo molto importante, naturalmente ma non l'unico né il principale. La Bomba si minaccia più che usarla, serve come assicurazione estrema, come dissuasione. Cioè rende inattaccabili. Ma chi attacca l'Iran, a parte il problema del suo armamento nucleare?
A Nord ha la Russia, che è il suo fornitore principale, e la Turchia, alleata/rivale.
A Est il Pakistan e l'Afghanistan, che possono dare fastidi ma hanno ben altro a cui pensare.
A Ovest l'Iraq che è nelle sue mani, e l'Arabia, più gli staterelli del Golfo, che vogliono stare in pace a godersi i loro soldi.

L'Iran è grande sette volte l'Italia, ha una popolazione come la Germania, chi si può sognare di attaccare briga? Non certo Israele, che non ha bisogno di nemici e anzi prima degli ayatollah era alleato dello Scià.
E allora? La Bomba serve come assicurazione in un progetto politico di espansione che vediamo già in atto ora. L'Iran vuole diventare al più presto la potenza regionale egemone del Medio Oriente e poi chissà, magari il leader dell'Islam e dunque una potenza mondiale. Per farlo, combatte direttamente o attraverso satelliti in Irak, in Siria, in Libano, a Gaza, nel Bahrein, nell'Arabia meridionale, in Yemen. Ha il controllo di quattro capitali arabe (Baghdad, Damasco, Beirut, Sanaa).
E' insomma una potenza imperialista bella e buona. La Bomba serve a garantire questo.

L'accordo di Obama propone di sostituire la Bomba con la garanzia americana. Bell'accordo: l'Iran avrà la Bomba e la garanzia. E' questo che temono i paesi arabi. I paesi arabi più di Israele, che ha la deterrenza delle sue bombe atomiche. I paesi arabi che hanno la memoria storica del dominio persiano che prima di Maometto si è esteso spesso in tutta la Mesopotamia, fino all'Egitto.
Gli arabi che sono per l'80 per cento sunniti e che hanno dominato gli sciiti per 14 secoli e ora temono la vendetta. Gli arabi così impauriti da allearsi senza dichiararlo troppo, ma concretamente, con l'ex arcinemico Israele.
Israele non è espansionista, non vuole dominare i paesi circostanti, è disposto a convivere con i suoi arabi se non lo combattono come dimostrano 67 anni dello Stato. Gli arabi temono, ma dovrebbe temere di più l'Europa e anche l'America. L'Europa perché dipende massicciamente dal petrolio arabo, che passa per lo stretto di Hormuz (sotto controllo iraniano) e poi per lo stretto di Gibuti (sotto il controllo yemenita che l'Iran cerca di comandare).
L'America non dipende dal petrolio arabo (ne ricavava il 20% della sua energia, che adesso è molto meno grazie all'innovazione tecnologica).
Ma se l'Iran usasse il suo controllo per bloccare i rifornimenti all'Europa, tutta l'economia mondiale andrebbe in crisi profondissima, compresa quella americana. Già nel 1980, nella sede solenne del discorso sullo stato dell'Unione davanti al Congresso, il presidente Carter (il “buon” Carter, zio spirituale di Obama, non i cattivi Bush o Reagan) dichiarò che gli Stati Uniti avrebbero considerato un casus belli il tentativo di una potenza di controllare il golfo persico.
E da allora sotto diversi presidenti, gli Usa sono scesi in guerra due volte per questa ragione.

Ora il nipotino Obama lascia il Golfo in mano all'egemonia persiana, Bomba o non Bomba. Fornisce agli ayatollah la copertura politica per entrare negli stati arabi (al tempo della guerra fra Iraq e Iran gli Usa avevano appoggiato Saddam per evitarlo). E gli toglie le sanzioni provocando un afflusso di ricchezza che certamente non andrà, almeno per la maggior parte, alla popolazione, ma all'apparato religioso-militare che gestisce l'espansionismo persiano.

E poi ci si meraviglia che si espanda lo Stato Islamico (di fatto una conseguenza dell'invasione iraniana, non la sua causa): perché gli stati sunniti non dovrebbero appoggiarlo, per contrastare quella che percepiscono (probabilmente a ragione) come un'alleanza dell'America con l'Iran, con in più l'aggiunta dei soliti servi sciocchi europei che pensano di essere furbissimi mentre, come diceva Lenin, vendono ai loro nemici la corda a cui saranno impiccati?

Ugo Volli


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