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Corriere della Sera Sette Rassegna Stampa
10.04.2015 Accordo con l'Iran? La scelta peggiore per l'Occidente
Analisi di Angelo Panebianco

Testata: Corriere della Sera Sette
Data: 10 aprile 2015
Pagina: 22
Autore: Angelo Panebianco
Titolo: «Accordarsi con l'Iran? Buona idea, anzi no»

Riprendiamo da SETTE - CORRIERE della SERA di oggi, 10/04/2015, a pag. 22, con il titolo "Accordarsi con l'Iran? Buona idea, anzi no", l'analisi di Angelo Panebianco.


Angelo Panebianco

In Medio Oriente, spesso, ciò che un tempo appariva sensato si rivela assurdo. E per contro, ciò che sembrava assurdo si dimostra infine ragionevole. Colpa di una situazione talmente complessa e mutevole da rendere difficilissimo per chiunque orientarsi, individuare qualche punto fermo che possa servire per calcolare la rotta.

Un tempo appariva sensata l'idea dell'Amministrazione Obama di arrivare a un accordo con l'Iran sulla questione del nucleare. I vantaggi, a prima vista, erano tanti: bloccando la bomba iraniana si sarebbe disinnescata la corsa al nucleare in Medio Oriente; inoltre, l'accordo avrebbe rafforzato le correnti iraniane più disponibili al dialogo con l'Occidente mentre i falchi, i duri, sarebbero stati messi nell'angolo. Infine, ponendo fine a un isolamento del Paese che dura dal 1979 ossia dal momento della nascita del regime rivoluzionario khomeinista, si sarebbe permesso all'Iran di svolgere in modo aperto un ruolo politico-diplomatico in Medio Oriente coerente con il suo peso e la sua importanza. Ritornato membro legittimo della comunità internazionale — avevano pensato i fautori dell'accordo — l'Iran avrebbe potuto usare la sua potenza per bilanciare gli Stati sunniti consentendo così agli occidentali, Stati Uniti e Europa, di avere più margini di manovra nelle future trattative mediorientali.

Ma quella che sembrava una buona idea sulla carta sembra ora un'altra cosa. Perché ha prodotto due risultati, entrambi negativi: ha contribuito a portare quasi al punto di rottura i rapporti fra gli Stati Uniti e Israele (per Israele, infatti, l'Iran resta il più insidioso e pericoloso dei nemici) e ha terrorizzato e antagonizzato le potenze sunnite.

Nemmeno esisterebbe, forse, lo Stato islamico (ex Isis) se i sunniti, e in particolare i sauditi e i turchi che, a più riprese, lo hanno appoggiato sottobanco, non avessero vissuto come un tradimento da parte degli Stati Uniti la sua marcia di avvicinamento all'Iran. Con varie conseguenze, tutte osteggiate dai sunniti, a cominciare dalla rinuncia americana a sostenere la ribellione contro la dittatura siriana, alleata degli iraniani.

Ne valeva la pena? Valeva la pena mettere Stati Uniti e Europa nella scomoda posizione di antagonisti dei sunniti (che rappresentano la schiacciante maggioranza dei musulmani) e dei loro Stati? Senza nemmeno la certezza — va aggiunto — di riuscire a bloccare definitivamente le ambizioni nucleari dell'Iran?

Forse no. Forse, dal punto di vista occidentale, sarebbe stato più conveniente lavorare a nuovi accordi con le potenze sunnite, aiutandole contro la Siria e ottenendo in cambio sia un vero sostegno nella lotta contro lo Stato islamico sia la loro cooperazione per stabilizzare la Libia e, più in generale, per contrastare il terrorismo. Capita, nelle situazioni complesse, che i calcoli iniziali, apparentemente ineccepibili, si rivelino sbagliati.

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sette@corriere.it

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