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La Stampa Rassegna Stampa
05.04.2015 Tutti i dubbi sull'intesa con l'Iran
Analisi di Richard Haass

Testata: La Stampa
Data: 05 aprile 2015
Pagina: 21
Autore: Richard Haass
Titolo: «Tutti i dubbi sull'intesa con l'Iran»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/04/2015, a pag. 21, con il titolo " Tutti i dubbi sull'intesa con l'Iran " l'intervento di Richard N.Haass, Presidente del Council on Foreign Relations
(
Traduzione di Carla Reschia)

Avere dei dubbi sul risultato della decisione presa a Losanna è cosa buona, ma non basta passarli in rassegna. Obama avrebbe dovuto comportarsi con Teheran come il generale Sisi ha fatto con lui. Obama ci ha provato, Sisi l'ha mandato a quel paese, e alla fine Obama ha ceduto. Tutto qui. Ma Obama è ormai chiaro, è un complice, non ci sono altre spiegazioni logiche al suo comportamento.

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Richard Haass              Kerry con al Sisi

Ecco l'articolo:

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, recita il proverbio. Qualcosa che sembra risolto e certo non si rivela tale alla prova dei fatti. Se non c’è ancora un proverbio del genere, credo che presto ci sarà. La ragione, naturalmente, sono i «Parameters for a Joint Comprehensive Plan of Action Regarding the Islamic Republic of Iran’s Nuclear Program ». L’accordo di massima stipulato tra l’Iran e i 5+1 (i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu – Cina, Gran Bretagna, Francia, Russia e gli Stati Uniti, più la Germania) rappresenta una pietra miliare politica e diplomatica, contiene molti più dettagli e ha uno scopo molto più vasto di quanto sia stato annunciato. Ma, con tutto questo, il testo lascia senza risposta almeno tante questioni quante quelle che risolve. In effetti – e come dimostreranno le settimane, i mesi e gli anni a venire – i temi di maggior rilievo devono ancora essere definiti. E’ più corrispondente alla verità dire che il vero dibattito sul nucleare iraniano è appena iniziato. L’accordo di massima pone limiti significativi al programma nucleare iraniano, inclusi il numero e il tipo di centrifughe, il genere di reattori e la quantità e la qualità dell’uranio arricchito che il Paese è autorizzato a detenere. I parametri sono stati fissati in vista delle ispezioni necessarie a provare che l’Iran sta mantenendo i suoi impegni. Ed è stata predisposta la cancellazione graduale delle sanzioni una volta verificato che l’Iran abbia mantenuto i suoi impegni. La lineadi fondoè che l’accordo conceda un anno di preavviso dalmomento in cui l’Iran potrebbedecideredi costruireuna o più armi nucleari al punto in cui arriverebbe a raggiungere l’obiettivo. Questa valutazione presume che la sorveglianza stabilita dall’accordo permetterà di rilevare ogni inosservanza abbastanza presto da consentire una risposta internazionale coordinata, in particolare la reintroduzione di sanzioni, prima che l’Iran possa dotarsi di armi nucleari.Ci sono almeno cinque motivi per dubitare che l’accordo entrerà in vigore o avrà l’impatto desiderato. Il primo riguarda i prossimi 90 giorni. Quello annunciato è un interim; un accordo globale formale dovrebbe essere completato entro la fine di giugno. Nel frattempo, qualcuno potrebbe cambiare idea perché chi ha negoziato l’accordo interinale tornando a casa si troverà ad affrontare le critiche del proprio governo e dell’opinione pubblica interna. Già stanno emergendo differenze significative nel modo in cui gli Stati Uniti e l’Iran stanno presentando il negoziato. Una seconda preoccupazione nasce dai temi specifici che devono ancora essere risolti. Il più difficile potrebbe essere la tempistica della rimozione delle sanzioni economiche. Sono la cosa che maggiormente preoccupa l’Iran. Queste sanzioni sono la maggior causa di pressione sul comportamento iraniano, e molti negli Stati Uniti e in Europa vorranno mantenerle in vigore fino a quando l’Iran non avrà completamente adempiuto ai suoi obblighi. Un terzo interrogativo è se le varie parti approveranno qualsiasipatto a lungo termine.E soprattutto l’Iran e gli Stati Uniti. In Iran, i cosiddetti «falchi» avranno senz’altro da obiettare a un accordo con il «Grande Satana » che pone limiti alle ambizioni nucleari del loro Paese. Ma tra gli iraniani c’è anche un diffuso desiderio di veder finire le sanzioni economiche, e l’Iran approverà il patto se lo vorrà, come probabilmente lo vuole, la Guida Suprema l’Ayatollah Ali Khamenei. Le incertezze sono maggiori negli Stati Uniti. Il presidente Barack Obama deve fare i conti con un contesto politico molto più complesso, a cominciare dal Congresso. C’è una preoccupazione diffusa e comprensibile all’idea di lasciare all’Iran risorse nucleari di qualsiasi genere; preoccupazioni anche sull’adeguatezza delle disposizioni per il monitoraggio e sulle ispezioni, e su quello che accadrà tra 10 o 15 o 25 anni quando i vari limiti imposti all’Iran decadranno. E’ tutt’altro che garantito che il Congresso si convinca ad approvare il patto finale e/o la fine delle sanzioni. Il problema dell’approvazia una quarta area di preoccupazione: come verrà implementato qualsiasi accordo finale. La storia del controllo delle armi suggerisce che ci saranno occasioni in cui l’Iran, che detiene un record di informazioni importanti nascoste agli ispettori delle Nazioni Unite, sarà sospettato di non obbedire alla lettera, tanto meno allo spirito, del negoziato. E’ necessario un accordo sulle procedure per giudicare il comportamento iraniano e per la determinazione delle risposte adeguate. Il quinto motivo di preoccupazione non deriva tanto dall’accordo, quanto dal complesso della politica estera e di difesa dell’Iran. L’accordo riguarda solo le attività nucleari dell’Iran. Non dice nulla sui programmi missilistici iraniani o sull’aiuto fornito ai terroristi e ai loro alleati e ancor meno di quello che sta facendo inSiria oYemen o in Iraq o inqualsiasi altra parte del turbolento Medio Oriente, o sui diritti umani nel Paese. L’Iran è un’aspirante potenza imperiale che cerca il primato regionale. Anche un accordo nucleare firmato e implementato non interesserà questa realtà e potrebbe anzi aggravarla perché l’Iran potrebbe uscirne con una reputazione rafforzata e conservando intatta l’opzione per costruire,nel lungo termine, armi nucleari. Obama ha ragione: un accordo nucleare simile a quello delineato è preferibile a un Iran in possesso di armi nucleari o a una guerra preventiva. Ma qualsiasi accordo deve anche generare una fiducia diffusa, negli Stati Uniti come nella regione, sul fatto che porrà un limite serio al programma nucleare iraniano, e che ogni imbroglio verrà scoperto per tempo e affrontato con fermezza. Questo non sarà facile. In effetti, non è esagerato prevedere che l’impegno necessario per generare tale fiducia possa rivelarsi tanto arduo quanto gli stessi negoziati.

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