Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/04/2015, a pag. 22, con il titolo "Il conflitto israelo-palestinese: nuove opportunità per la pace", la risposta di Maurizio Molinari alla lettera di Lara Zinci.
Da alcuni giorni il direttore della Stampa Mario Calabresi ha affidato la rubrica delle lettere del quotidiano torinese a firme di punta del giornale, cominciando da Maurizio Molinari.
Ecco la lettera e la risposta di Maurizio Molinari:
Maurizio Molinari e il suo recente libro "Il Califfato del terrore"
Un incastro possibile? Non subito, visto il caos nel quale si dibatte il mondo arabo-musulmano
Il cambiamento presentato dal direttore Mario Calabresi a proposito della rubrica “Lettere al Direttore” sembra avermi letto nel pensiero. Era infatti mia intenzione scrivere una mail indirizzata a lei, quale corrispondente dal Medio Oriente.
Mi trovo, infatti, a dover discutere con amici, conoscenti e alunni di una tematica non facile e a sentire affermazioni quali “lo Stato di Israele è nato come risarcimento danni successivi alla Seconda guerra mondiale” oppure “la Palestina era, è e sarà sempre araba e musulmana” (quando quella terra, se le mie conoscenze non mi tradiscono, ebbe il nome di regione siro-palestinese dall’imperatore romano Adriano nel 135, quando il nome originale era Iudaea). In questo periodo di paura e tragedie c’è qualcuno che sostiene che innanzitutto “vada fermato Israele”. Come se questa nazione (l’unica democrazia, pure con evidenti contraddizioni, nell’area mediorientale) fosse un falso storico, uno Stato di plastica, un’invenzione degli Usa, a discapito di una realtà araba preesistente.
Provo, nelle mie non facili argomentazioni, a sostenere che è cronologicamente impossibile che la Palestina sia sempre stata araba, nonché musulmana, ma le mie parole cadono spesso nel vuoto. Il suo aiuto, in quanto esperto di faccende mediorientali, mi aiuterebbe.
Lara Zinci
Cara Lara,
un veterano del Medio Oriente come Vittorio Dan Segre amava ripetere “per comprenderlo, evitiamo le banalità”. Dunque andiamo oltre la contrapposizione fra chi considera Israele un corpo estraneo nella regione e chi non riconosce ai palestinesi l’aspirazione all’indipendenza. Il fallimento dell’ultimo tentativo negoziale Usa nasce dallo stallo fra il rifiuto di Israele a tornare ai confini pre-1967 e il rifiuto dei palestinesi a rinunciare al diritto al ritorno dei profughi del 1948. Immaginare di superare questa situazione chiedendo a una delle parti la resa porta a un vicolo cieco. Servono approcci creativi per lasciarsi alle spalle dinamiche che rinnovano la contrapposizione. Le trasformazioni in corso in Medio Oriente creano rischi ma offrono anche opportunità. La convergenza fra Israele e Paesi sunniti contro l’Iran sciita come contro Isis pone premesse regionali senza precedenti. Il timore comune per la bomba di Teheran e la Jihad del Califfo genera un’atmosfera che vede israeliani e sunniti (palestinesi inclusi) condividere nemici, interessi e obiettivi. Può essere la genesi di sorprendenti formule di convivenza, fra popoli e nazioni. Ma per tentare di realizzarle bisogna riuscire a pensare al conflitto israelopalestinese in maniera non convenzionale.
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