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Il Sole 24 Ore - La Repubblica Rassegna Stampa
31.03.2015 Chi spinge per l'accordo con il regime iraniano
In prima linea Alberto Negri per il Sole 24 Ore e Repubblica

Testata:Il Sole 24 Ore - La Repubblica
Autore: Alberto Negri
Titolo: «In tre (e più) a sperare in un fallimento»

Riprendiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 31/03/2015, a pag. 27, con il titolo "In tre (e più) a sperare in un fallimento", il commento di Alberto Negri; segue un nostro commento alle pag. 16-17 di REPUBBLICA di oggi.

IL SOLE 24 ORE - Alberto Negri: "In tre (e più) a sperare in un fallimento"

L'articolo di Negri sul Sole 24 Ore, come vuole la tradizione ormai consolidata del quotidiano di Confindustria, spinge per un'intesa senza "se" e senza "ma" con il regime iraniano. Business is business, come abbiamo già ripetuto innumerevoli volte: perciò il Sole si schiera con chi vuole annullare le sanzioni contro Teheran, indifferente se questo consentirà agli ayatollah di disporre di armi atomiche.
Inoltre Negri, nella seconda parte dell'articolo, prova a riscrivere la storia della Seconda guerra del Libano, svoltasi nel 2006 in seguito all'incessante pioggia di missili che dal Libano meridionale controllato dai terroristi di Hezbollah colpiva le città di Israele. Invece, secondo Negri nel 2006 i terroristi di Hezbollah "
hanno bloccato l'avanzata dello Stato ebraico": una affermazione che presuppone di identificare in Israele l'aggressore. La solita mistificazione frutto di ostilità verso lo Stato ebraico. Ennesima menzogna del quotidiano degli industriali italiani.

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Alberto Negri

Chi teme l'accordo con l'Iran? Sono sostanzialmente in tre: la maggioranza repubblicana del Congresso, Israele e l'Arabia Saudita. Ma questi tre attori rappresentano un fronte più vasto: il Congresso, come ha dimostrato il discorso di Benjamin Netanyahu il 3 marzo, ha un filo diretto con le lobby ebraiche e anti-iraniane; Israele parla anche per una parte consistente dell'Occidente che diffida della propaganda anti-ebraica dell'Iran; l'Arabia si fa portavoce degli interessi delle monarchie del Golfo e di quel mondo sunnita che comunque dipende per salvare i bilanci dai petrodollari degli emiri.

Questa è una partita dove si scontrano interessi strategici ed economici. Dentro al Cinque più Uno la Francia per motivi di commesse militari e d'affari è incline a esprimere le preoccupazioni dei suoi ricchi clienti sunniti del Golfo. Ma allo stesso tempo invia missioni d'affari a Teheran per approfittare dell'eventuale allentamento delle sanzioni. Lo fa anche l'Italia naturalmente che con l'Iran intrattiene ottimi rapporti diplomatici ma il nostro Paese, pur invitato, rinunciò alcuni anni fa al tavolo negoziale: come dice uno dei responsabili dalla Farnesina «è come aver detto di preferire la Champions League in tv invece di giocarla».

Perché l'amministrazione Obama vuole un'intesa con Teheran? Washington teme che il fallimento dei negoziati possa condurre allo sgretolamento del sistema delle sanzioni e di ogni concreta pressione su Teheran. Russia, Cina, India e alcune nazioni europee hanno accettato di sostenere l'apparato sanzionatorio per arrivare a un'intesa, non perché diventasse permanente.

Israele e il Congresso, dove il Senato si prepara a varare un nuovo disegno legge di misure anti-Teheran, la pensano in modo opposto. Netanyahu, recentemente rieletto, è in rotta con l'amministrazione Obama per la determinazione della Casa Bianca nel voler normalizzare i rapporti con Teheran. Non si può escludere la possibilità che Israele decida, se ritenesse l'accordo con l'Iran insufficiente a prevenire lo sviluppo di un nucleare militare, di bombardare i siti iraniani come già fece con quelli di Saddam Hussein in Iraq nel 1981 o più di recente, nel 2007, in Siria. Ma questa al momento è un'ipotesi contestata all'interno dello stesso Israele e per evitare scenari catastrofici alla fine il governo potrebbe inghiottire il boccone amaro di un accordo.

Ma Israele, attraverso il Congresso, non rinuncerà a tenere il fiato sul collo dell'amministrazione Obama sulle sanzioni. Come pure c'è da aspettarsi un aumento di tensione alla frontiera con il Libano perché l'arma iraniana che Israele teme di più non è l'atomica virtuale di Teheran ma gli Hezbollah sciiti che nella guerra del 2006 hanno bloccato l'avanzata dello Stato ebraico.

L'Arabia Saudita è in una situazione ben più delicata. A differenza di Tel Aviv, Riad non ha un arsenale nucleare. E se l'ostilità iraniana verso Israele è soprattutto ideologica e propagandistica, la rivalità tra gli ayatollah e i sauditi - che incendia lo scontro tra sunniti e scilti in tutta l'area - è molto più profonda a livello strategico e geopolitico. È ben visibile nel conflitto in Yemen, roccaforte di al-Qaeda, dove l'Iran sostiene i ribelli scilti Houthi ma anche in Iraq e in Siria dove le monarchie del Golfo appoggiano i movimenti radicali sunniti: a fare la guerra al Califfato sono sciiti e curdi, certo non gli Stati sunniti che partecipano ai raid perché lo hanno chiesto gli americani. È possibile che anche se ci sarà un accordo a Losanna le guerre mediorientali continueranno come e forse peggio di prima.

LA REPUBBLICA oggi dedica le pag. 16-17 alle trattative di Losanna sulle sanzioni e il nucleare iraniano. La cronaca di Vanna Vannuccini è accompagnata da ben quattro interviste - che non riprendiamo - a intellettuali e personalità del mondo dello spettacolo iraniane, tra cui tre donne.
In questo modo Repubblica propaganda un'immagine falsa dell'Iran, un Paese dove alle donne vengono negati i più elementari diritti e gli omosessuali vengono impiccati nelle piazze. E' un modo per sottolineare la normalità di un Paese che normale non è, ed è invece  un regime sanguinario che minaccia di morte in primo luogo Israele, ma anche tutto il mondo libero e persino i Paesi arabi sunniti (che non sono certamente né occidentali né democratici).
Inutile dire che tutti gli intervistati si dicono favorevoli alla rimozione completa delle sanzioni, e sostengono che a nessuno in Iran interessi il nucleare.
Che poi la si smetta di citare come se fosse un merito la presenza di milioni di giovani sotto ai 30 anni, citazione che dovrebbe meritare un applauso, mentre non ci vuole molto a valutare perché gli anziani sono così poco numerosi  in Iran: è dovuto al fatto che muoiono prima di raggiungere la qualifica. Ma questo non viene mai scritto.


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