Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 23/03/2015, a pag. 18, con il titolo "La sfida di Obama a Netanyahu: 'Quella dei due Stati è l'unica scelta' ", l'intervista di Sam Stein a Barack Obama.
Nella intervista che Repubblica riprende da The Huffington Post, Obama ribadisce le proprie posizioni di appeasement nei confronti del regime fondamentalista iraniano. Inviatiamo a leggere, a questo proposito, la Cartolina odierna di Ugo Volli.
Ecco l'intervista:
Sam Stein Barack Obama
Iran: "Cerchiamo di portare avanti il nostro programma nucleare solo per avere una fonte di energia elettrica"
Barack Obama sfida Benjamin Netanyahu e nella sua prima intervista, concessa in esclusiva all’ Huffingtonpost , dopo le elezioni in Israele ammette, facendo riferimento ai rapporti tra Israele e la Palestina, che «lo status quo deve cambiare». Un messaggio chiaro su quale deve essere il futuro dei due popoli: «Non si possono estendere gli insediamenti». L’inquilino della Casa Bianca parla anche di Iran e nucleare e afferma: «Il nostro obiettivo è trovare un accordo nel giro di qualche settimana, non di mesi».
Dopo gli ultimi commenti di Netanyahu sulla soluzione a due Stati, gli Usa continueranno ad opporsi agli sforzi della Palestina per essere riconosciuta come Stato attraverso l’Onu? «Ho avuto modo di parlare con Netanyahu, congratulandomi con lui per la vittoria. Gli ho spiegato che continuiamo a credere che una soluzione a due Stati sia l’unica scelta per la difesa d’Israele, se vuole restare un paese democratico. Gli ho spiegato che, date le sue dichiarazioni prima dell’elezione, sarà difficile fare in modo che le persone possano ritenere realizzabili le trattative. Stiamo valutando cosa potrebbe succedere. Credo che Netanyahu debba ancora formare il governo. Ci consulteremo frequentemente. Dovremo assicurarci che, nonostante le nostre divergenze, continui la nostra cooperazione militare e d’intelligence per difendere il popolo israeliano, aiutando anche gli americani a evitare pericoli. Continueremo ad insistere che dal nostro punto di vista lo status quo è insostenibile e che, mentre teniamo conto della sicurezza d’Israele, non possiamo mantenere lo status quo per sempre o estendere gli insediamenti, non è questa la soluzione per la stabilità di quell’area ».
C’è motivo di credere che Netanyahu faccia sul serio sulla Palestina? «Beh, gli crediamo sulla parola, ha detto che non sarebbe avvenuto durante il suo mandato. Ed è per questo che dobbiamo valutare le altri opzioni disponibili per assicurarci di non avere una situazione caotica in quella zona».
Qual è stata la sua reazione agli allarmi lanciati da Netanyahu il giorno delle elezioni sulla presenza di elettori arabi pronti ad andare alle urne in massa? «Abbiamo chiarito che quel tipo di retorica era contraria a quanto di meglio c’è nelle tradizioni israeliane. Anche se Israele affonda le sue radici nella necessità di avere una patria ebraica, la democrazia israeliana si basa sulla premessa che tutti nel paese devono essere trattati equamente e giustamente. Credo che questo sia il meglio del loro governo. Se dovesse andare perduto, non solo si darà man forte a chi non crede nello Stato ebraico, ma credo anche che verrà minato il senso di democrazia del paese».
Quale impatto crede che avranno le elezioni in Israele sulla vostra capacità di convincere gli americani e il Congresso sull’accordo nucleare iraniano? «Non credo che avranno un grande impatto. Ovviamente c’è molto scetticismo in Israele sull’Iran, comprensibilmente. L’Iran ha fatto dichiarazioni vili, antisemite e sulla distruzione di Israele. È per questo motivo che ancor prima di diventare presidente ho affermato che l’Iran non dovrebbe possedere armi nucleari. Ciò che potrebbe influire sul nostro possibile accordo è, in primis, capire se l’Iran è pronto a mostrare, a provare al mondo che non sta sviluppando armi nucleari e che ci sia data la possibilità di verificarlo costantemente. Onestamente, non hanno ancora dato le concessioni che sono, a mio parere, imprescindibili per raggiungere un accordo finale. Ma si sono smossi, quindi c’è una possibilità. Un altro punto riguarda me. Dovrò essere capace di mostrare, non solo agli americani e agli israeliani, ma al mondo, che abbiamo iniziato delle procedure che impediranno all’Iran di avere armi nucleari, e che l’accordo fatto sarà non solo verificabile, ma diminuirà le possibilità di un attacco dell’Iran, cosa non così sicura in assenza di un accordo. Ed è una discussione che dobbiamo affrontare, se avremo un’intesa. Ma c’è ancora altro da fare».
Notizie recenti dicono che ci sia una bozza di accordo, ma altre informazioni riportano che ci sono ancora dei punti di scontro. A che punto siete? «Non ci sarà nessun accordo finché non sarà tutto risolto. Credo sia prematuro insinuare che ci sia già una bozza. La verità è che ci sono state manovre sul fronte Iran. Ci stiamo consultando con i 5+1. I negoziati si sono interrotti per una settimana per le celebrazioni del Nowruz (nuovo anno) in Iran e questo ci ha dato il tempo di assicuraci che tutti i membri dei 5+1 fossero d’accordo con le posizioni che stiamo prendendo. Hanno avuto modo di consultarsi, riprenderemo fra una settimana. Il nostro obiettivo è trovare un accordo nel giro di qualche settimana, non di mesi».
Al suo settimo anno in carica, cos’ha imparato sull’autoregolarsi e gestire lo stress del lavoro? «Sa, la verità è che ho la fortuna di essere abbastanza equilibrato per carattere e temperamento ».
Lei non è su Twitter. «Già, è vero. Ma ci sono emergenze ovunque. Ogni giorno sembra il giorno del giudizio. Si crede che la presidenza stia vacillando ogni volta che un problema non viene risolto nell’immediato. Mi spiego: devono pur esserci stati 15, 20 problemi negli ultimi sette anni che sono stati risolti. Abbiamo avuto il disastro petrolifero nel Golfo del Messico, il peggior disastro ambientale della storia. Tutti dicevano che la stavo gestendo malissimo. Un anno dopo, nessuno ne parlava più e, a posteriori, la nostra gestione si è rivelata efficace quanto quella di altre crisi ambientali. Vi ricordate Ebola? Ovviamente è ancora un problema serio e siamo riusciti a ridurla al minimo, ma è stato forse uno degli interventi più efficaci in un caso di salute pubblica internazionale, e lo abbiamo condotto noi. Se non lo avessimo fatto, il virus sarebbe ancora aggressivo e tutti sarebbero a rischio. Queste esperienze possono servire a ricordarvi che, per fare il mio lavoro, devo essere sempre allerta e concentrarmi sulle cose da fare, ogni singolo giorno, per far progredire le idee e i valori che mi hanno condotto fin qui».
Quante ore dorme la notte? «Probabilmente non abbastanza».
The Huffington Post (Traduzione di Milena Sanfilippo)
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