Netanyahu vince le elezioni malgrado la campagna di odio contro di lui Commento di Manfred Gerstenfeld
(Traduzione di Angelo Pezzana)
Vincitori e perdenti nei risultati delle elezioni per la 20° Knesseti, anche se solo alcuni giorni prima, guardando i sondaggi, si sarebbe detto che non c’era alcun bisogno di elezioni, perché i due blocchi erano sostanzialmente identici a quelli della Knesset precedente.
Il vincitore di queste elezioni, più ancora del suo partito, il Likud, è stato il Primo Ministro Binyamin Netanyahu.
Era diventato il simbolo da colpire e gli attacchi non erano limitati alla sola opposizione. Un numero molto variegato di persone, anche al di fuori dei partiti, come ad esempio un gruppo di circa 200 ex ufficiali della difesa e dei servizi di intelligence, avevano fatto apertamente campagna elettorale contro di lui.
Il Likud aveva preso una batosta elettorale quando si era alleato nel 2013 con il partito Israel Beitenu di Avigdor Liberman, arrivando a soli 18 seggi, mentre oggi ne ha 30. Il confuso messaggio del Campo Sionista sosteneva che Netanyahu aveva fallito alla guida del paese. I suoi leader, Isaac Herzog e Tzipi Livni, affermavano che come logica conseguenza Netanyahu avrebbe dovuto andarsene. Una richiesta sbagliata. Mentre le economie mondiali erano in crisi, quella israeliana dava buoni risultati e in campo militare non si poteva certo parlare di insuccesso.
Netanyahu aveva anche resistito a forti pressioni internazionali che gli intimavano di cedere ancora più territori ai palestinesi, che molto facilmente si sarebbero trasformati in altre aree controllate dagli islamo-nazisti di Hamas.
Un altro vincitore di queste elezioni è stato il nuovo partito Kulanu di Moshe Kahlon, già Ministro Likud delle Comunicazioni, il cui maggior merito era stata la riduzione dei costi della telefonia e di internet. Anche se non aveva candidati famosi, è riuscito a ottenere 10 seggi, per cui non sarà possibile per Netanyhau formare un governo senza di lui. Diventerà certamente Ministro delle Finanze, come aveva già annunciato lo stesso Netanyahu alla vigilia delle elezioni. Strategicamente, Kahlon potrebbe essere più utile come Ministro della Casa senza Portafoglio, per risolvere il problema dell’alto costo degli alloggi, un problema che tocca la maggior parte degli israeliani. Un incarico che però potrebbe anche andare a qualcuno del suo partito.
Un terzo vero vincitore è la Lista Araba Unita. Durante la 19° Knesset, Israel Beitenu si era battuta per alzare la soglia di sbarramento dal 2 al 3.25%. Liberman riteneva che così facendo alcuni piccoli partiti arabi non sarebbero riusciti a superarla. Invece, comunisti, islamisti e nazionalisti arabi palestinesi, superando le loro differenze, hanno dato vita a una lista unitaria., che ha stimolato anche la partecipazione al voto degli arabi. La Lista Unita ha ottenuto così 13 seggi, due in più di quando erano divisi. Un aiuto gli è venuto da un pessimo commento di Netanyahu nel giorno del voto, quando dichiarò che i cittadini ebrei dovevano partecipare al voto per contrastare il voto massiccio degli arabi.
Molto riconoscibili i perdenti. Il partito Yesh Atid, ufficialmente di centro, ma in pratica orientato verso il Campo Sionista, ha avuto 11 seggi invece dei 19 predcedenti. Il suo leader carismatico,Yair lapid, sembrava essersi scaricato di dosso le critiche per la sua responsabilità in quanto Ministro delle Finanze, ma non ci è riusito.
Anche i partiti religiosi hanno perso parte del loro elettorato. Habayit Hayehudì, guidata da Naftali Bennett, è passata da 12 a 8. Negli ultimi giorni prima del voto, parecchi suoi elettori sono passati nelle fila del Likud. Shas, in queste prime elezioni dopo la morte del proprio leader religioso Rabbi Ovadia Yosef, è sceso da 11 a 7. United Torah Judaism ha perso un seggio dei 7 che aveva a causa in parte dell’invito del Rabbi Shmuel Auerbach a boicottare le elezioni.
Il Partito Yachad, guidato dall’ex leadeer di Shas Eli Yishai, non ha superato la soglia di sbarramento.
Tutti i partiti religiosi insieme hanno ottenuto 21 seggi, contro i 30 della passata legislatura. Due deputati di Yesh Atid, il Generale della Riserva Elaazar Stern e Rabbi Dov Lipman, non sono stati rieletti.
Altro perdente è stato Israel Beitenu. Da 13 è passato a 6, a causa degli scandali venuti alla luce all’inizio della campagna elettorale, che hanno coinvolto con accuse di corruzione una esponente di primo piano come Faina Kirshenbaum.
Un altro perdente è stato Meretz, dell’estrema sinistra, passato da 6 seggi a 5. Quando sembrava che fossero invece due i seggi in meno, la sua leadser Zahava Galon annunciò di volersene assumere la responsabilità, dimettendosi, lasciando così il quinto posto a Tamar Zandberg, che è rimasta parlamentare. Ma poi Galon ha annullato le sue dimissioni.
Il Campo Sionista è stato a torto giudicato perdente, perché Herzog, in lista con il Partito Laburista e Hatnuah di Tzipi Livni, è comunquew arrivato secondo con 24 seggi, mentre divisi ne avevano 21 nella Knesset precedente.
Dato che i sondaggi non sono più permessi nei due prima delle elezioni, l’impressione generale era che Campo Sionista superava di parecchi seggi il Likud.
In questi ultimi due giorni il Likud ha fatto degli sforzi enormi per risalire la china. L’esempio più rilevante è stato il comizio nella Rabin Square di Tel Aviv domenica 15 marzo prima del voto. Netanyahu ha contattato gli elettori con un messaggio telefonico pre-registrato proprio durante il giorno delle elezioni.
I tre exit polls di Canale 1,2 e 10 hanno fatto grandi errori. Davano il Likud a 27/28, contro i 27 del Campo Sionista, numeri che venivano comunuque considerati un grande successo per il Likud, se si guardavano i sondaggi precedenti. Qualche scusa l’hanno meritata se li paragoniamo con quelli pubblicati durante tutta la campagna elettorale. In effetti molti elettori, una volta entrati nel seggio elettorale, hanno cambiato intenzione di voto.
La coalizione che pare logica e quindi possibile è quella che vede 67 parlamentari, tra Likud, Habayit Hayehudì, Shas, United Torah Judaism, Kulanu e Israel Beitenu.
Le sfide che il nuovo governo deve affrontare sono grandi.
Le preoccupazioni socio-economiche degli elettori sono rilevanti.
La campagna di delegittimazione di Israele si farà sempre più dura, anche dopo l’uscita di Netanyahu sul fatto che si opporrà alla nascita di uno stato palestinese.
La relazione con gli Usa richiede miglioramenti, non ci sono solo tensioni personali fra i leader dei due paesi. Che però sarà possibile in misura limitata fin tanto che alla Casa Bianca c’è il Presidente Barack Obama.
Durante la sua presidenza il prestigio degli Stati Uniti è fortemente diminuito. Obama ha anche spesso ignorato o persino nascosto politiche estremiste in molte parti del mondo musulmano.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta.