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Io non voterò Bibi, io sì: due opinioni 16/03/2015

Anche se Informazione Corretta ha preso posizione a favore della rielezione di Bibi Netanyahu alla guida del governo di Israele, riteniamo interessante il confronto fra due valutazioni divergenti, e quindi di un voto diverso nelle elezioni di domani in Israele. Entrambe espongono con chiarezza le idee che sono alla base di due scelte elettorali contrapposte. Alle urne il risultato domani sera.
IC commenterà i risultati mercoledì. In attesa della verifica su quale coalizione avrà i numeri per ottenere l'incarico di formare il nuovo governo.

Perché non voterò Bibi
Non voterò Bibi per tante ragioni. Prima di tutto non penso che sia l'unico capo del governo che sappia come difendere Israele dai nemici esterni meglio di altri politici israeliani: in questi sei anni non ha risolto nessuna crisi con i paesi vicini, né con Gaza e ha fatto guerre come tutti gli altri capi di governo precedenti, né più ne meno. Non voterò Bibi perché nei colloqui con l'autorità palestinese l'anno scorso si è impuntato su questioni di principio (il riconoscimento formale dello stato ebraico) e non ha portato allo scoperto la NON volontà di Abbas e dell'autorità palestinese a fare uno stato palestinese, al di fuori dei loro proclami pubblici: questa mossa ha fatto sì che tutta l'Europa votasse per uno stato palestinese. Non voterò Bibi perché non ha risolto i problemi economici di Israele, sì è vero la crescita è alta, ma a beneficiarne sono in pochi; la maggior parte degli Israeliani è stretta dell'enorme costo della vita e anche in Israele si inizia a parlare di riduzione dei consumi e di deflazione. Non voterò Bibi perché non vuole unire la popolazione dello stato di Israele sia economicamente che socialmente che etnicamente per esempio volendo togliere l'arabo come lingua ufficiale di Israele. Non voterò Bibi perché pretende di parlare non solo a nome dei suoi elettori, della sua coalizione o dello stato di Israele, ma a nome di tutti gli ebrei e questo dimostra le sue manie di grandezza. Infine non voterò Bibi perché se Bibi vincesse si rischierebbero 10 anni consecutivi di suo governo come Putin, Erdogan etc...

Davide Levy

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Trovo molto preoccupanti le stime sulle prossime elezioni in Israele perché, sebbene siano appunto stime sull'orientamento degli elettori da non considerarsi precise, fanno emergere un elettorato opposto a quello del Premier Netanyahu e dei suoi alleati decisamente cospicuo. Quello che mi domando e che non riesco a comprendere è perché gli israeliani che hanno potuto verificare le politiche succedutesi negli anni dai diversi governi, facciano ancora affidamento su personaggi che hanno procurato danni al Paese, come ad esempio Livni o che possano dare fiducia ad un candidato che non dimostra forza e decisione, necessari e vitali per Israele. Ero convinto che l'elettorato israeliano, chi conduce le campagne elettorali fosse decisamente più maturo di quello italiano, di alcuni europei e così pure di quello statunitense, potendo riscontrare con ovvietà come com'è andata in questi otto anni di sistematica demolizione obamiana. Queste stime elettorali proposte dalle agenzie dedicate mi lasciano perplesso e avvilito. Come è possibile che vi sia ancora una base eccessivamente estesa che voterebbe per uno schieramento che indebolirebbe tutto quanto fatto fino ad ora? Non era Livni che voleva aprire pericolosamente alle imposizioni capestro per Israele ad opera degli europei e degli americani? Le posizioni di Herzog che si presenta unito a Livni, non fanno temere gli israeliani per il futuro del Paese? Oggi (Domenica 15 Marzo) leggendo gli scritti del prof. Volli e Mordechai Kedar, ho avuto ancora più angoscia e insicurezza. Chi, come noi, e credo che siano in molti, avverte in questo schieramento un pericolo per il futuro di Israele, è forse esagerato o, anche in questo caso, “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”? Come è possibile che vi sia una campagna elettorale così livorosa e maligna nei confronti di Netanyahu, non dissimili a quelle che assistiamo in Italia, dove l'avversario non è più una persona da contrastare con lealtà e con determinazione, con dati alla mano e con progetti politici degni della Politica (con la “P” maiuscola) che fu, ma diventa un “pericolo” da eliminare con boutade sensazionalistiche, con temi a dir poco ridicoli (come ad esempio la “disonorevole questione” (secondo gli avversari) delle bottigliette d'acqua riciclate dalla moglie del Primo Ministro? Oppure agitando in malafede gli spettri di un futuro terribile, fatto di isolamento internazionale e di declino inesorabile? (cosa che comunque avverrebbe con qualunque governo se questo non cedesse alle imposizioni da “volontà di sterminio” dell'occidente obamiano ed europeo e dei loro protetti palestinisti). Fa molto male assistere a questo abbassamento (o crollo) morale e di lealtà nelle elezioni, dove un Popolo deve fare molta attenzione a non fare errori che potrebbero essere fatali, attenzioni che gli occidentali non si sognano minimamente, giacché non sono a rischio di distruzione, almeno per ora. Insomma, gli israeliani, conoscendo inesorabilmente sulla propria pelle le scelte politiche di alcuni governi, come fanno a dare ancora fiducia a schieramenti che hanno dimostrato fallimenti politici e di strategie a rischio della sopravvivenza? Sulle politiche interne per l'economia, mi fanno sorridere le bandiere portate avanti come vincenti, basate su una politica che rivolge l'attenzione sul costo delle abitazioni e degli affitti e sul carovita: come se fosse possibile -come avere la bacchetta magica- in un Paese libero che funziona con leggi naturali della domanda e dell'offerta, controllare -a meno di imporre prezzi “politici”, appunto, tipici di uno Stato dittatoriale o comunista- il costo degli immobili e il costo della vita e dove è sempre più crescente l'Aliyah e, dunque, la domanda di alloggi. Chi vanta e porta come idea vincente nella propria campagna elettorale una soluzione a questi problemi presenti in tutti i paesi che hanno economie forti, è uno che non dice la verità, ma vuole apparire, senza avere sostanza, per cui mi vengono in mente le sciagurate parole in un triste contesto, e purtroppo vincenti, “yes, we can”. Devo confidarvi che sono molto rattristato dover assistere a questo livellamento morale/sociale dell'elettorato israeliano a quello americano, italiano, dove Israele è in perenne pericolo di esistenza. Non me lo aspettavo, credevo che non vi fossero dubbi da che parte stare, mentre la metà degli elettori commetterebbe un errore irreversibile e molti altri sarebbero tutt'ora incerti. Che cosa devono passare ancora per capire con chi stare? In questo momento cruciale per Israele, in cui si sentono chiaramente le forze in campo, quelle per la sua salvezza e la sua forza contro quelle per il suo indebolimento, supplico con tutto il cuore D-o di Israele perché sostenga coloro che la amano e che vogliono che viva e prosperi. Con molta stima,

Lettera firmata


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