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Il Secolo XIX Rassegna Stampa
16.03.2015 Noa: grande artista, non come analista politica
Ma Renato Tortarolo che la intervista trasuda odio anti-Israele

Testata: Il Secolo XIX
Data: 16 marzo 2015
Pagina: 3
Autore: Renato Tortarolo
Titolo: «'Bibi ha sbagliato ogni mossa, è il momento di liberarcene'»

Riprendiamo dal SECOLO XIX di oggi, a pag. 3, con il titolo "Bibi ha sbagliato ogni mossa, è il momento di liberarcene", l'intervista di Renato Tortarolo alla cantante israeliana Noa.

La grande cantante Noa non è molto a suo agio quando si tratta di politica, forse farebbe meglio a limitare i propri interventi e concentrarsi sulle sue straordinarie capacità musicali.
Quello che però davvero stona in questo articolo non sono le risposte di Noa, quanto le domante di Tortarolo. E' un esempio di giornalismo disonesto e ostile tout court a Israele. E non solo, riprende addirittura alcuni degli stereotipi del classico antisemitismo delle Chiese cristiane, a partire dall'idea che il "Vecchio Testamento" non contenga un messaggio di pace ma, tutt'al più, di severa giustizia.

Ecco il pezzo:


Noa

Noa, lei ha scritto una preghiera per le elezioni dove attacca Netanyahu e cita le parole di Gesu "ama il tuo prossimo come te stesso". Non mi pare che la comunità araba la pensi allo stesso modo... «Intanto quelle parole non sono solo di Gesù, ma esistono nel giudaismo come nell'Islam. A Netanyahu rimprovero arroganza, cecità, corruzione, avidità, la lista è lunga. Ma lasci stare la comunità araba. L'ho detto più volte, non penso che Israele abbia tutte le colpe per la situazione in cui ci troviamo, ci sono molte forze del male come l'Islam radicale che congiurano. Ma noi israeliani dobbiamo assumerci la nostra parte di responsabilità, a cominciare dalla condotta vergognosa del governo di Netanyahu. Con le elezioni, potremo esercitare un diritto democratico e liberarcene».

Lei parla sempre di pace ma nel Vecchio Testamento non ce n'è molta. Davide e Salomone sembrano piuttosto risoluti no? Non sarebbe più utile parlare di giustizia? «Nella Bibbia c'è tutto, la conosco bene, ma guardare indietro non ha senso. Non esiste una verità assoluta, vale anche per il concetto di giustizia, che possa essere usata per distruggere. Non penso nemmeno che la Storia ci possa insegnare qualcosa o darci indicazioni su ciò che sarà. Semmai dobbiamo impegnarci per migliorare, comportandoci con rispetto e umanità».

Due anni fa Roger Waters invitò i suoi colleghi a non suonare in Israele. Qualcosa di simile è stato fatto solo per la Cuba di Castro e il Sudafrica dell'apartheid. Le sembra ragionevole? «Sono contraria a questo boicottaggio. Posso capirlo solo per i territori occupati, dove mi rifiuto di suonare o di comprare prodotti che vengono da là. Ma la punizione collettiva di tutti gli israeliani, compresi quelli che si battono per la pace? Non fa altro che rafforzare la destra. Io rispetto gli artisti che vengono qui ed esprimono le loro opinioni. Ci vuole coraggio, come Leonard Cohen che ha devoluto la maggior parte dell'incasso a organizzazioni pacifiste. E poi nessuno si è mai sognato di boicottare artisti sudafricani che si battevano contro l'apartheid. Perché dovrebbe succedere a noi? Dopo vent'anni di sacrifici, dovrei farmi chiudere la bocca come sognano quei razzisti che odiano gli arabi?».

L'impegno civile sta tornando però la stessa America è combattuta fra difendere i suoi soldati, come in "American Sniper", e denunciare un razzismo che non si è mai spento: non le pare che alla fine abbiano sempre ragione le stesse comunità, magari quelle che un tempo sono state più vessate, da quella nera a quella palestinese...? «Non ragiono in termini di bianco e nero. I soldati sono tutti cattivi? I palestinesi tutti buoni compresi i terroristi? E tutti gli israeliani cattivi compresi i pacifisti? Mi sembra superficiale, no? Credo che i moderati dovrebbero essere uniti dappertutto per combattere l'estremismo e lavorare per la vita. E dobbiamo farlo in buona fede, insegnare ai nostri figli che siamo tutti uguali».

Lei dedica l' album "Love Medicine" alla forza dell'amore, anche passando per l'orrore dell'Olocausto. Quando scrive queste canzoni pensa a quanti, fra i suoi coetanei, hanno difeso o stanno difendendo il perimetro di uno stato che ha più nemici che armi? «Credo nel diritto degli ebrei a vivere in Israele e, allo stesso tempo, riconosco e rispetto i diritti dei palestinesi a fare lo stesso, per cui sostengo la soluzione dei due stati. Ma le ripeto: non è mai tutto bianco o nero. Da noi ci sono artisti che non fanno sentire la loro voce, temono di pagare un prezzo troppo alto. Chi può biasimarli? L'impegno è una scelta del tutto personale».

Quarant'anni fa Bob Dylan fu criticato perché avrebbe investito nell'industria militare. Era un opportunista o in certi momenti occorre essere più realistici che romantici? «Non sapevo questa storia e non vedo motivi per giudicarlo oggi. Come ha detto il presidente Obama: "Viviamo in un mondo di scelte imperfette"».

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lettere@ilsecoloxix.it

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