Perché l'odio contro Israele vince nell'opinione pubblica europea
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Gli antisemiti occidentali incontrano gli antisemiti arabi: "Israeliani macellai", "Basta uccidere bambini", "Morte a Israele", "Uniti con Hamas", "Aiutiamo Hamas"
Cari amici,
mi accade abbastanza sovente di ricevere delle lettere di questo tenore: noi ebrei, noi Israele abbiamo ragione, il nostro paese è democratico e pacifico, abbiamo un diritto internazionale valido sull'intera terra fra il Giordano e il mare (chi non ha le idee chiare, legga qui un'ampia trattazione di questo punto http://www.mythsandfacts.org/Conflict/mandate_for_palestine/MandateN2%20-%2010-29-07-English.pdf), dall'altra parte ci sono terroristi condannati dai tribunali, che lanciano razzi sulla popolazione delle città e se ne vantano, ammazzano bambini a sassate o sgozzandoli, investono apposta le persone alla fermata del tram, fanno esplodere autobus, supermercati, bar e ristoranti. E allora perché il mondo ci dà torto? Perché assistiamo attoniti a ondate sempre più violente di odio per Israele e per gli ebrei? Perché gli stati di cui siamo cittadini non ci difendono? Perché ai nostri leader viene contestato il diritto di parlare, perfino di partecipare al ricordo degli ebrei uccisi?
Bandiera di Israele bruciata: è antisemitismo
E' un quadro terribile, di solito cerchiamo di non soffermarci troppo sui dettagli, per non demoralizzarci. Ma è sostanzialmente esatto. Perché? Perché Auschwitz, ma perché settant'anni dopo Auschwitz Tolosa e Bruxelles e Parigi e Copenhagen e Itamar e la sinagoga di Gerusalemme? Perché l'odio di Obama e Hollande contro Netanyahu? Perché il mondo sopporta che i palestinisti ci ammazzino senza protestare? Perché vogliono ridurre Israele nella condizione di non potersi difendere, fregandosene delle conseguenze? Perché in sostanza accettano che l'Iran si armi con l'atomica, quando minaccia continuamente di usarla contro Israele? Perché?
Nessuno ha una risposta complessiva. Credo però che una cosa sia chiara oggi. Non è che l'antisemitismo si diffonda in seguito all'odio per Israele, come molti (anch'io tanti anni fa) hanno pensato. No, è l'antisemitismo che diffonde l'odio per Israele. Non confondiamo la cause con l'effetto. Il mondo (la parte di essa che fa politica, cultura, giornalismo) non è disposto ad accettare gli ebrei come propri pari. Molti ritengono o piuttosto oscuramente sentono, senza neanche confessarlo a se stessi, di doverci tenere in miseria e disprezzarci, di non poter acconsentire al fatto che noi siamo liberi e contenti. Almeno di non poterlo accettare finché siamo ebrei, finché non abiuriamo la nostra identità, o magari moriamo. Ebrei rinnegati ed ebrei morti meritano ogni onore. Le vittime di Auschwitz vanno ricordate come monumento alla generica malvagità del cuore umano, la cultura che viene dall'ebraismo ma lo rifiuta e si converte ad altro (il cristianesimo, il marxismo, il buonismo universale) può essere considerata con rispetto. Lo stato di Israele no, gli ebrei liberi no. Sono una provocazione, per il mondo islamico, per la Chiesa, per l'internazionalismo proletario. Se l'Iran ci tirasse una bomba addosso, col permesso di Obama e dell'Unione Europea, o se qualche islamista scannasse qualcuno di noi (Dio non voglia una cosa né l'altra), senza dubbio ci sarebbero nobili manifestazioni con alati discorsi, e magari ammetterebbero anche qualche superstite a dire la sua. Ignorando bene inteso la complicità europea, come si ignora nella giornata della memoria il fatto che l'Europa (tutta l'Europa, anche l'antinazista Gran Bretagna) fu volonterosa carnefice e complice di Auschwitz. Dunque la prima risposta è l'antisemitismo. Ci eravamo illusi che fosse finito settant'anni fa, salvo che nella mente di qualche imbecille neonazista. Oggi invece è di nuovo di moda dappertutto, anche nei più chic college americani. E' dei giorni scorsi la notizia che il direttivo degli studenti dell'Università di California a Los Angeles ha votato per non ammettere una ragazza a un ruolo giuridico, perché “troppo ebrea e coinvolta nella comunità ebraica” (http://www.thecollegefix.com/post/21317/). Come del resto gli studenti della università di Durban in Sudafrica, liberata dall'apartheid, ha proposto che gli studenti ebrei che non dichiarassero pubblicamente di condannare Israele dovessero essere espulsi dall'ateneo (http://www.timesofisrael.com/durban-university-students-seek-to-expel-jews/). Poi queste decisioni sono state annullate da organi superiori, ma quel che conta è il sentimento che esprimono, più che la loro forza giuridica.
Ma poi c'è un secondo aspetto, che bisogna considerare. Doloroso, ma bisogna parlarne. Un celebre passaggio del Talmud dice “se io non sono per me, chi è per me”? (“Im ein ani li, mi li”? - Pirkè Avot 1:14). Se io non sostengo la mia causa, perché qualcuno dovrebbe farlo al posto mio? Se io nego i miei diritti, perché altri dovrebbero riconoscermeli? Purtroppo capita che una parte degli israeliani e degli ebrei del mondo appartenga a questa categoria. Vi sono quelli che negano l'esistenza del popolo ebraico, quelli che sostengono che l'esistenza di Israele nasce dal “peccato originale” della guerra (come se non ci fossero delibere degli organismi internazionali, se la guerra non fosse stata difensiva e se tutti gli altri stati non fossero nati nello stesso modo). Molti dicono che bisogna cedere alle richieste dei palestinisti, che Israele fa male a difendersi, che la politica americana e del mondo dev'essere più dura per costringere Israele ad arrivare a concessioni che giustamente la maggioranza giudica suicida, vi è chi predica di votare per i partiti arabi (Gideon Levi di Haaretz “contro l'apartheid”: http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/192282) e chi, Amira Hass di Haaretz, è tutta contenta quando i palestinisti la espellono da un convegno in quanto ebrea, ma continua a parlare di “apartheid” israeliana. Queste posizioni sono variegate, vi è certamente differenza fra Shlomo Sand e Chomski da un lato e i tre tenori (pardon i tre scrittori) Oz Yehoshua e Grossmann. E sono tutte legittime, almeno fin che restano parole: Israele è una democrazia.
Ma quando sono degli ebrei, dei membri dell'élite culturale israeliana (non i giornalisti ambiziosi e i guitti che operano da noi) a certificare per primi che Israele ha torto, ad assalire per primi Netanyahu; quando un gruppo di ex militari ideologizzati e impegnati in campagna elettorale, mentre il Primo Ministro è all'estero in una delicata missione lo assale polemicamente in pubblico (http://www.washingtonpost.com/world/middle_east/israeli-security-veterans-speak-out-against-netanyahu-speech/2015/03/01/d6300530-c02c-11e4-a188-8e4971d37a8d_story.html) e un ex capo dei servizi segreti fa comizi per smentire la principale minaccia contro Israele, subito ripreso dalla propaganda iraniana (http://italian.irib.ir/notizie/iran-news/item/182897-iran,-il-capo-mossad-meir-degan-irride-discorso-netanyahu-al-congresso-usa), senza che i loro patroni laburisti ritengano di distanziarsi da un gesto così vicino al tradimento, non ha senso chiedersi perché Israele non riesca a convincere il mondo del suo buon diritto. Non solo Pappé e Sand e Hass e altri nemici espliciti di Israele, ma anche quelli che magari dicono di essere sionisti come i tre tenori o “pro Israel, pro peace”) come la lobby filo-Obama di J-Street e i loro imitatori europei, hanno responsabilità morali pesantissime. L'odio contro Israele dipende anche dalla loro continua azione di delegittimazione. E se lo fanno per “moralità” o “severo amore per il popolo ebraico” come qualcuno può anche sostenere, tanto peggio. Significa che oltre che dannosi e maligni sono anche sciocchi.
Ugo Volli