Antisemitismo ed Europa: una sintesi in tre fasi
Commento di Federico Steinhaus
Europa 2015: due immagini
E’ difficile di per sé ragionare su un argomento ansiogeno come l’antisemitismo; lo è ancor più quando la rabbia, la frustrazione, lo sgomento sono sentimenti che si mescolano e rendono maggiormente faticosa l’obiettività che è legittimamente chiesta da parte di chi legge le nostre considerazioni e deve vagliarne la validità.
Battista, sul Corriere della Sera , si è scagliato con giusta e forte indignazione contro l’Università di Londra i cui docenti hanno deciso di mettere al bando Israele, con tutte le sue istituzioni, i suoi docenti, i suoi cittadini. Eppure questa è solo la punta di un iceberg che, senza voler esagerare, si insinua negli animi degli europei e rischia di travolgere il Titanic del buonsenso, per non dire di altro.
E’ la terza volta nella storia che l’Europa – consideriamola per un attimo come un’entità unica – si arroga il diritto di decidere del destino del popolo ebraico. La prima fu ai tempi dell’Inquisizione e delle espulsioni di massa, dei roghi, delle conversioni forzate. La seconda fu settant’anni fa con il nazismo, sulla cui strategia non occorre aggiungere parola. La terza è oggi, con l’avversione che specularmente colpisce ebrei singoli e lo stato d’Israele con una confusione voluta e malevola.
Ma ora le cose sono cambiate. Lo stato d’Israele esiste ed è forte, risoluto, aperto a chi cerca un rifugio. Non è la patria di tutti gli ebrei, che rimangono cittadini degli stati in cui vivono, ma è comunque la loro casa con la porta spalancata pronta ad accoglierli con affetto. La loro fortezza. La loro consapevolezza di non essere più in balìa di chi li odia o disprezza.
Gli ebrei non sono un popolo dominatore come disse De Gaulle nel 1967, ma non vogliono più essere un popolo dominato. I pericoli non mancano: Iran, Siria, Al Qaeda, Stato islamico, Hamas, Hezbollah sono da questo punto di vista sinonimi.
Netanyahu ha ragione o torto? Sarebbe meglio o peggio un governo di sinistra? Lasciamo che gli israeliani se la sbrighino da soli e scelgano come vogliono: non è prerogativa degli stati europei dire ad Israele cosa deve fare, né hanno diritto le istituzioni ed i cittadini europei a “punire” i loro cittadini di religione ebraica in base a quanto Israele fa o non fa. Sia detto senza vittimismo o catastrofismo: è questa la differenza che distingue la sempre più evidente volontà di decidere del destino degli ebrei dell’Europa del 2015 da quella, intrinsecamente simile, del XV e del XX secolo.
Federico Steinhaus