Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 09/03/2015, a pag. 8-9, con il titolo "Petrolio e orrori, Libia come la Siria", la cronaca di Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari e il suo recente libro "Il Califfato del terrore"
Sostenitori dello Stato Islamico in Libia
Isis accelera le operazioni per impossessarsi del maggior numero di pozzi petroliferi in Libia e nel giacimento di Al Ghani decide di lasciare il segno: massacra 11 guardie e rapisce nove stranieri. L’attacco, avvenuto nel fine-settimana a Sud di Sirte, regione natale dell’ex colonnello Gheddafi, arriva al termine di una serie di operazioni in crescendo che hanno portato i miliziani jihadisti ad impossessarsi di almeno 11 pozzi. Ma questa volta Isis ha voluto dare un giro di vite: fonti locali citate da Reuters affermano che «fra le guardie uccise molte sono state decapitate» mentre gli stranieri - un austriano, un ceco e nove non-europei - sono stati trasferiti in un luogo ignoto.
La battaglia per i pozzi
La somma fra decapitazioni e rapimenti è il messaggio a cui si affida Isis per convincere le «Petroleum Facilities Guards» a gettare le armi e consegnare i pozzi senza combattere. Si tratta di un corpo militare, agli ordini del generale Khalifa Haftar fresco di nomina a capo di Stato Maggiore dell’esercito libico, che ha finora dimostrato di saper tener testa alle scorribande dei jihadisti. In almeno due occasioni, nell’ultima settimana, le «guardie petrolifere» sono riuscite «a riconquistare dei pozzi che Isis aveva occupato» come afferma il loro portavoce Ali Al Hassi, riferendosi alle battaglie avvenute a Bahi e Dahra. Gli scontri sono stati cruenti ed anche ad Al Ghani, dopo il massacro, i miliziani di Isis si sono dovuti allontanare. Da qui l’impressione che stiamo assistendo all’inizio di una «guerra dei pozzi», nelle zone della Libia più ricche di petrolio, con Isis intenzionata a strapparle alle «guardie petrolifere» usando ogni tipo di violenza.
Il controllo delle risorse
Il controllo delle risorse è, sin dal giugno 2014, una caratteristica del Califfato di Abu Bakr al Baghdadi in Siria e Iraq, dove i miliziani si concentrano sull’occupazione di pozzi e corsi d’acqua per autofinanziare lo Stato Islamico. E in Libia le cellule che hanno proclamato fedeltà al Califfo - a cominciare da Ansar al Sharia - stanno dimostrando di voler seguire una strada simile con il controllo degli 11 pozzi dichiarati «non più in nostro controllo» dal legittimo governo libico. Si tratta, in particolare, di alcune strutture petrolifere a Mabruk e Dahra, dove alcuni pozzi restano a Isis. Dahra ha un significato logistico particolare perché, trovandosi a circa 160 a Sud della città di SIrte in mano a Isis, consente ai jihadisti di consolidare il controllo dell’area divenuta simbolica in quanto è proprio qui che il mese scorso sono stati decapitati i 21 copti egiziani.
Crolla la produzione
La National Oil Company libica, responsabile per le strutture petrolifere, continua a rassicurare i partner stranieri sull’affidabilità delle operazioni negli impianti energetici nazionali ma la realtà è che l’estrazione di greggio è già scesa a 500 mila barili al giorno - rispetto a 1,6 milioni precedente la caduta di Muammar Gheddafi - e minaccia di ridursi ulteriormente a causa di furti, saccheggi, attacchi e sabotaggi da parte jihadista.
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