IC7 - Il commento di Giorgio Berruto
Dal 1 al 7 marzo 2015
Qual è il problema centrale in Medio Oriente?
Qual è il problema geopolitico fondamentale in Medio Oriente? Qual è la questione più importante da risolvere per la stabilità di un’area in cui vivono centinaia di milioni di persone? E qual è la risposta prevalente che in Italia viene data a questi interrogativi?
Cominciamo cercando di rispondere alla terza domanda. Qualcuno ricorderà il confronto del 28 novembre 2012 tra Pierluigi Bersani e Matteo Renzi, allora candidati alle primarie del Pd. In quella occasione Bersani (poi vincitore delle primarie ma di fatto sconfitto alle elezioni due mesi dopo e oggi incredibilmente risuscitato alla politica) sosteneva che il problema fondamentale di tutta la politica internazionale fosse quello israelo-palestinese. Giungeva addirittura a sostenere: “L’evoluzione in chiave democratica delle primavere arabe dipende dalla soluzione della questione israelo-palestinese” (http://www.loccidentale.it/node/119835): una sparata indifendibile già allora, figuriamoci oggi. Bersani si faceva così portavoce di quella politica filoaraba che per decenni, in Italia, aveva unito fraternamente Dc e Pci, per tacere della stagione anti-israeliana a tutto tondo del Psi di Craxi.
Renzi, invece, aveva puntato il dito contro l’Iran: “Non sono d’accordo nel dare centralità assoluta al conflitto fra Israele e Palestina. Per me la madre di tutte le battaglie è la questione iraniana” (http://www.repubblica.it/speciali/politica/primarie-pd/edizione2012/2012/11/28/news/appunti-47657038/).
Matteo Renzi discute con Pierluigi Bersani
L’idea di una centralità assoluta del conflitto arabo-israeliano in Medio Oriente è un’illusione. Ma c’è di più e di peggio: è un’illusione che conduce a una lettura distorta di quel conflitto, quasi sempre in senso ostile a Israele. E’ naturale che chi ha a cuore Israele sia più interessato a quello che succede a Gerusalemme anziché - per esempio - a Sana’a, in Yemen, ma dobbiamo essere consapevoli che, sul piano della geopolitica mediorientale, la questione israelo-palestinese sia enormemente sopravvalutata.
E' significativo che il Manifesto, un quotidiano di poche pagine, dedichi ogni giorno due o tre articoli a Israele. Quello che voglio dire non è che il Manifesto sia un giornale ideologico che fa dell’ostilità a prescindere contro Israele una sua cifra - anche se questo è certamente vero -, ma che tale ostilità discende in primo luogo proprio dal fatto di concedere uno spazio spropositato a quello che succede in Israele, in West Bank e a Gaza. Con questo non intendo dire che non dobbiamo parlare di Israele, ma che sopravvalutare il peso specifico del conflitto israelo-palestinese è la migliore premessa per traviarne il senso e la portata.
Dopo che Renzi è divenuto Capo del Governo le sue posizioni si sono in parte trasformate nel senso della continuità con il centrosinistra che lo ha preceduto, e nel caso del rapporto con Israele questo è evidentemente un male. E’ lui ad aver voluto prima alla Farnesina e poi come Alto rappresentante della politica estera dell’Unione europea Federica Mogherini, una figura non tanto ideologicamente avversa a Israele, quanto del tutto incompetente e propensa ad abbracciare le soluzioni all’apparenza più facili, ovvero in continuità con il poco glorioso passato di pregiudiziale avversione a Israele. E tuttavia dobbiamo riconoscere che il Pd di Renzi, oggi, ha su Israele una posizione molto più equilibrata di quella del partito condotto allo sfascio da Bersani (http://www.jpost.com/Opinion/Italy-Israel-and-Palestinian-statehood-A-change-of-narrative-392607).
Qual è dunque la questione centrale nello scenario mediorientale? Lo diceva Renzi già nel 2012, lo ha ripetuto Netanyahu martedì scorso davanti al Congresso americano: non è il conflitto israelo-palestinese, è l’Iran. Con o senza atomica, ma nel secondo caso di più ancora. La longa manus degli ayatollah già adesso tocca quasi Israele: le milizie sciite libanesi di Hezbollah sono alle dirette dipendenze di Teheran e dispongono di un arsenale di fronte al quale quello di Hamas a Gaza è poca cosa. Per questo in Israele tutti i partiti sionisti, a prescindere dall’orientamento politico di sinistra o di destra e tutt’al più con accenti differenti - resi più acuti in questi giorni dalla campagna elettorale -, considerano l’Iran la minaccia più grande per la propria sicurezza e per quella dell’intera area.