Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi,07/03/2015, con il titolo "Relazioni franco-israeliane, tra parecchie nubi e schiarite" la risposta di Sergio Romano a un lettore.
Questa volta Romano dà i numeri errati, come quando scrive che "il 5 giugno 1967 quando le forze aeree israeliane attaccarono di sorpresa 25 aeroporti in Egitto, Giordania, Siria e Iraq distruggendo gli aerei al suolo". In realtà furono soltanto gli aerei egiziani ad essere stati distrutti a terra, poco prima che potessero alzarsi in volo e bombardare Israele. Gli altri Stati citati da Romano non avevano una flotta aerea attrezzata come quella egiziana.
Che poi la politica estera francese e,soprattutto Usa, abbiano agito spesso in modo demenziale, è sotto gli occhi di tutti. Dichiarare infine che il popolo ebraico era un "popolo dominatore", come disse De Gaulle, è difficle classificarlo come un atto di simpatia. Per Romano, invece, è una opzione possibile.
Ecco la lettera, seguita dalla risposta:
David Ben Gurion con il Gen.De Gaulle (immagine d'archivio)
Indagando sugli Stati detentori di armi nucleari, ho scoperto che Israele viene catalogato come «Stato con armi nucleari non dichiarate». Si legge, inoltre, che il programma nucleare israeliano sarebbe stato avviato a partire dal 1968, sfruttando il reattore e il centro di ricerca nucleare di Dimona, costruito con l'aiuto dei francesi e proseguito negli anni successivi, malgrado la pressione contraria degli Usa. A questo punto, una domanda sorge spontanea: cosa c'entravano i francesi e perché gli Usa erano contrari?
Attillo Lucchini
attiliolucchini@hotmail.il
Caro Lucchini,
Fino alla guerra dei sei giorni (1967)1a Francia fu uno dei maggiori fornitori di armi e aerei (i Mirages della ditta Dassault) allo Stato d' Israele. Per molte ragioni. L'ambiziosa industria bellica francese era continua mente alla ricerca di nuovi mercati. Come altri partiti socialisti europei, anche quello francese, spesso al governo con ministeri importanti, aveva una forte simpatia politica per uno Stato nato dalle persecuzioni razziali della Germania di Hitler e, in Francia, del regime di Vichy. E, infine, la Francia armava Israele per meglio contrastare il regime egiziano di Nasser che molti uomini politici, a Parigi, consideravano il regista della rivolta algerina. L'operazione anglo-francese contro la nazionalizzazione della società proprietaria del canale di Suez fu concordata nei pressi dl Parigi con Shimon Peres, allora direttore generale del ministero della Difesa nel governo di Ben Gurion. L'aviazione israeliana, con un attacco di sorpresa, avrebbe distrutto al suolo gli aerei egiziani, mentre inglesi e francesi avrebbero puntato sulla conquista dei maggiori porti del Canale. Quando il presidente Eisenhower impose agli aggressori di fermarsi, Israele aveva già raggiunto il suo scopo. Quando tornò al potere due anni dopo, il generale De Gaulle prestò maggiore attenzione ai tradizionali rapporti della Francia con il mondo arabo, ma non si oppose alla collaborazione delle industrie francesi con l'apparato militare israeliano. La situazione cambiò il 5 giugno 1967 quando le forze aeree israeliane attaccarono di sorpresa 25 aeroporti in Egitto, Giordania, Siria e Iraq distruggendo gli aerei al suolo. Dieci giorni dopo il governo francese deplorò l'attacco e più tardi, in novembre, durante una conferenza stampa al Palazzo dell'Eliseo, De Gaulle pronunciò una frase divenuta famosa: «Molti si chiedono, disse il generale, se gli ebrei, sino ad allora dispersi, ma rimasti ciò che erano da sempre, vale a dire un popolo di élite, sicuro di se stesso e dominatore, non finiranno, una volta riuniti nei luoghi della loro antica grandezza, per trasformare in una ambizione ardente e conquistatrice i commoventi auspici che formulavano da diciannove secoli». Qualcuno sostenne che nelle parole di De Gaulle vi era una nota razzista; altri invece sostennero che vi era anche ammirazione. Da allora, caro Lucchini, l rapporti fra i due Paesi sono stati una lunga sequenza di annuvolamenti e schiarite. Alla sua domanda sull'atteggiamento degli Stati Uniti rispondo che Washington ha sempre cercato di evitare la diffusione della tecnologia nucleare, anche nei Paesi alleati. Fu questa la ragione per cui 'Italia, negli anni Sessanta, dovette rinunciare alla costruzione di un sommergibile nucleare che si sarebbe chiamato Guglielmo Marconi e di una nave di appoggio logistico della Marina militare che si sarebbe chiamata Enrico Fermi.
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