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I fallimenti di Obama 06/03/2015

Mario Del Pero sarà un grande conoscitore della realtà politica americana, ma nell'articolo apparso il 4 marzo su Avvenire mostra più di qualche lacuna. John Boehner, non è Capogruppo del Partito Repubblicano, ma Chairman della Camera dei Rappresentanti. Ad invitare il Primo Ministro israeliano sono stati lui e il Presidente pro tempore del Senato Horrin Hatch che hanno accolto il Capo del governo israeliano in occasione di una seduta del Congresso presieduta da entrambi i Presidenti. L'esito è stato soddisfacente per il premier israeliano e per chi ha preso l'iniziativa, stando agli applausi, convinti e non di circostanza, di gran parte dei presenti e alla ricaduta nell'opinione pubblica. A leggere l'articolo, sembrerebbe che il premier israeliano possa disporre del Congresso americano a suo piacimento per fare campagna elettorale, tramite la "potente lobby ebraica d'America". Il grande conoscitore degli USA dovrebbe sapere che quella ebraica non è né la sola né la più influente lobby di quel Paese, dove anche quella islamica non è certo da sottovalutare. Pensare che la comunità ebraica abbia un tale potere è sopravvalutarne l'influenza. Non è stata un'iniziativa di Benjamin Netanyahu in funzione elettoralistica in vista del rinnovo della Knesset, anche se gli è tornata utile, ma una mossa del Partito Repubblicano che ha la maggioranza nel Congresso. Si è trattato di un messaggio dato a nuora perché suocera intenda. L'invito è servito per controbilanciare l'azzardata e avventurosa politica estera del Presidente Barack Hussein Obama di cui la maggioranza del Congresso non condivide l'accanimento nel voler proseguire nei negoziati sul nucleare iraniano. Affermare che Obama (sulla cui politica nutro non pochi dubbi) basi la testarda linea negoziale con Teheran nella convinzione che all'interno dell'establishment khomeinista vi siano delle sfumature, delle differenze che possono essere utili per "rabbonire" il regime degli Ayatollah, significa non capire neppure qual è la situazione politica iraniana. Chi ha letto bene l'intervento del premier israeliano sa che non ha annunciato chissà quali novità , ma ha fatto un'analisi dello scacchiere medio-orientale coincidente con quella della maggior parte degli osservatori, degli esperti di strategie militari e dei politologi che guardano allo scenario di quella calda area senza la deformazione di lenti ideologiche. Pensare di allearsi all'Iran per contenere il cosiddetto islam più radicale, vuol dire ritenere il regime iraniano "moderato" o che all'interno di esso esista una componente moderata: una fantasiosa e insidiosa ingenuità . Non so quante volte Del Pero sia andato in Medio Oriente, luogo di frizione di placche politiche in continuo conflitto (io vi sono andato oltre un centinaio). L'Iran è impegnato in una lotta millenaria con gli Arabi per l'egemonia nell'area e il possesso dei luoghi santi meccani e medinesi. Se a ciò si aggiunge l'immensa riserva petrolifera oggi in mano saudita, il dissidio assume pure connotati economici di portata mondiale. La sprezzante e "irata" reazione della Casa Bianca può pure essere letta capovolgendo la tesi di Del Pero. Proprio perché l'iniziativa del Congresso ha impressionato l'opinione pubblica, già scontenta dell'amministrazione democratica, la reazione di Obama è stata rabbiosa. Ciò dimostra ancora una volta che il Presidente americano pro tempore è un'anatra zoppa debole e si muove con molta difficoltà avviandosi malinconicamente a chiudere un mandato da dimenticare, che ha tradito le aspettative iniziali dei suoi stessi fans.

Maurizio Del Maschio

Le posizioni assunte dall'amministrazione Obama in politica estera, e in particolare in relazione al Medio Oriente, a Israele e al mondo arabo sono state e continuano ad essere fallimentari, dal sostegno acritico verso le cosiddette primavere arabe alla mano tesa verso l'Iran.

IC redazione


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