Il mondo ha bisogno di un Martin Lutero musulmano
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)
Il mondo musulmano è sotto shock, assiste con orrore agli efferati delitti perpetrati dallo Stato Islamico in nome dell'Islam. Esseri umani macellati e bruciati vivi davanti ad una telecamera, donne e ragazze vendute nei mercati degli schiavi, mani di ladri tagliate, volontari che continuano a riversarsi da tutto il mondo e il capo dello Stato Islamico che annuncia di essere lui il califfo. E ancora, come viene punito con la morte ogni musulmano che non sia d'accordo con la sua Shari’a. Lo shock manifestato dal mondo islamico deriva in gran parte dal fatto che tutti i crimini commessi dall’IS sono derivati dal Corano e riflettono la tradizione islamica com’era nel settimo secolo, quando si diffondeva "pura" e senza macchia, prima che si insinuassero interpretazioni meno violente.
Il problema di fondo che oggi l'Islam deve affrontare è come porsi contro l'Islam delle origini, poiché se l’islam che persegue ora lo Stato Islamico non è il vero Islam, allora ciò che Maometto e i suoi seguaci hanno predicato, non è, per definizione,Islam, una tesi assurda e impossibile da accettare. Parte del problema deriva dal fatto che Stati musulmani come la Giordania e l'Arabia Saudita sono sulla lista nera dell’IS e le famiglie reali di entrambi i Paesi sono nel suo mirino. La soluzione islamica del problema è su più livelli: militare, politico e teologico. Sul piano militare: Arabia Saudita, Giordania, Kuwait, Qatar e gli Emirati Arabi Uniti si sono uniti a potenze straniere come Australia, America, ed Europa per combattere lo Stato Islaico. I Paesi musulmani avvertono una minaccia reale ai loro regimi, un attacco alle frontiere dall'esterno, da rivolte al loro interno. Sul piano politico, ci sono stati incontri tra i rappresentanti dei Paesi occidentali con quelli musulmani, dove tutti hanno sostenuto che questo non è il vero Islam, che il problema non è a livello locale, ma rappresenta una minaccia alla stabilità mondiale. Una osservazione, espressa da un arabo o da un musulmano, fa sì che l'Occidente lo avverta come "uno dei nostri", qualcuno di cui ci si può fidare. Un esempio lo si è avuto alcuni giorni fa, quando l'Emiro del Qatar, Sheikh Al Thani, ha visitato gli Stati Uniti per incontrarsi con Obama. In quella riunione aveva messo in rilievo l'impegno del Qatar per combattere lo Stato Islamico, riscuotendo la fiducia del Presidente, per l’impegno militare contro gli estremisti e il sostegno ai ribelli moderati in Siria. I due leader però hanno ignorato un piccolo ma rilevante aspetto: è proprio il Qatar, suo Paese ospite d'onore, a finanziare l’IS e i Fratelli Musulmani, l'organizzazione madre dello Stato Islamico. Il Qatar è parte del problema, eppure ora c’è che pensa che possa essere parte della soluzione. Tuttavia, per quanto riguarda il mondo musulmano, l’aspetto teologico è il più complesso , perché i musulmani devono giustificare una guerra contro politiche assai simili al comportamento di Maometto e a quello dei quattro califfi che gli succedettero, definiti "giusti" nell'Islam. Il loro problema più grande è il Corano stesso, che contiene il verso (Cap. 8, versetto 60): “Preparate, contro di loro {gli infedeli}, tutte le forze che potete [raccogliere] e i cavalli addestrati alla guerra, per terrorizzare il nemico di Dio e il vostro” un chiaro ordine del Corano per seminare il terrore e la paura nei nemici.
I Fratelli Musulmani hanno preso la prima parola del verso, "preparate", una delle disposizioni del Corano risalente al VII secolo, e l’hanno usata quale loro simbolo, così come stanno facendo è tutte le altre organizzazioni, sunnite e sciite: Hamas, Hezbollah, Jihad Islamica, Boko Haram, Jebhat el Nusrah, Ansar Bait al Maqdis, Al Qaeda e lo Stato Islamico. Tutti figli ideologici dei Fratelli Musulmani. Ora che il mondo intero ha aperto gli occhi davanti agli orrori perpetrati da fanatici islamici in Siria, Libano ma anche a Parigi, Londra, Bruxelles, Tolosa, Boston, New York, Sydney e Oklahoma City (per citarne solo alcuni), i musulmani stanno cercando di mostrare un’immagine migliore dell'Islam per renderla più accettabile agli occhi dell’Occidente, per impedire eventuali espulsioni degli immigrati musulmani venuti da Algeria, Marocco, Egitto, Siria e Yemen. Questo è ciò che ha spinto uno sceicco musulmano a chiedere scusa, spiegando al mondo la verità sul “vero Islam”, non su quello di cui si è presumibilmente “appropriata una piccola e poco importante minoranza”. Un esempio è stata una conferenza alla Mecca, la capitale dell'Islam, sotto il patrocinio del Re saudita, sovrano di un Paese medievale, che spende miliardi di petrodollari per diffondere il credo wahabita, il più fanatico nel mondo musulmano. La conferenza è stata organizzata dalla Lega Musulmana Mondiale allo scopo di ripulire l’immagine dei sauditi dall’accusa di sostenere e diffondere il terrorismo. I relatori del convegno provenivano da Arabia Saudita, Qatar (!), Libano (controllato da Hezbollah), Egitto, Giordania, Tunisia, Sudan, Marocco, Bosnia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Hanno sostenuto che “terrorismo” è una parola pericolosa e fuorviante, e che non c’è accordo sulla sua definizione.
Si sono dimenticati però di dire che chi è violentemente contrario a usare la parola terrorismo sono i musulmani stessi, perché, come abbiamo detto sopra, è proprio il Corano che comanda loro di incutere terrore nei loro nemici. A loro avviso, il terrorismo non ha nulla a che fare con la religione o con gruppi etnici; si tratta invece di un fenomeno umano che va separato dalla lotta armata, dato che persino l'ONU non condanna chi cerca di raggiungere l’autodeterminazione con la lotta di liberazione. I partecipanti alla conferenza hanno voluto tenere ben separato il jihad storico, che ha dato origine a guerre musulmane contro altre nazioni, la loro sottomissione e la loro conversione con la forza della spada e delle armi, dagli atti terroristici di oggi, che alcuni chiamano "violenza religiosa." In una delle sessioni della conferenza, si è discusso sulle motivazioni religiose del terrorismo. I partecipanti hanno attaccato l'ignoranza musulmana della legge della shari’a, dei suoi precetti e obiettivi, affermando che l'ignoranza è una delle principali cause del terrorismo. La loro pretesa era che "il terrorismo ha molte origini: ideologiche, psicologiche, politiche, economiche, sociali ed educative, per cui l'ignoranza degli obiettivi e dei precetti della Shari’a è la principale causa del terrorismo". Questo vorrebbe dire che se i jihadisti avessero saputo che il Corano proibisce il terrorismo, avrebbero sostituito le loro spade con gli aratri. Hanno riaffermato che insegnare la Shari’a è l'unico modo per costruire una società musulmana basata sull'uguaglianza e la giustizia, com’era nei tempi antichi. I partecipanti non potevano ignorare la crescita delle guerre civili nel mondo musulmano, in particolare quelle tra sunniti e sciiti, con la sua lunga lista quotidiana di vittime; tuttavia, non hanno indicato alcuna soluzione a questo problema. A loro giudizio, il mondo musulmano soffre per la presenza di gruppi estremisti e violenti che agiscono in suo nome, a causa di politiche teologiche poco chiare sostenute da gruppi e media internazionali, così come da Paesi arabi e musulmani, dove le istituzioni religiose musulmane non fanno la loro parte per diffondere una cultura della moderazione. Ne consegue che l'Islam è una religione perfetta, mite e moderata, ma che gruppi politici internazionali - e naturalmente i media - hanno portato alla rovina, spingendola verso il terrorismo. Una sessione del convegno verteva sui fattori sociali ed economici che stanno dietro a tutte le forme di terrorismo e come affrontarle. Il rappresentante del CAIR (Council on American-Islamic Relations) Nihad Awad Achmad, ha affermato che la debolezza delle istituzioni sociali e civili è una causa importante del terrorismo e del diffondersi di opinioni estremiste aberranti. Eppure lo stesso Nihad è stretti legami con il finanziamento di organizzazioni terroristiche. Un partecipante saudita ha parlato della corruzione amministrativa come una delle ragioni economiche che sfociano nel pensiero criminale che dà poi origine al terrorismo. Altri hanno parlato di superficialità culturale nella scuola: nelle classi inferiori, un curriculum scolastico scadente può essere causa del terrorismo; e i laureati che terminano gli studi con una cultura distorta, si lasciano facilmente attirare dalle ideologie estremiste, dall'odio per l'altro, dalla violenza. Il delegato marocchino ha parlato del senso di marginalità come causa di estremismo religioso, probabilmente riferendosi ai giovani di origine nordafricana che vivono in Francia. La linea di fondo di tutta la conferenza è stata che la religione musulmana e i suoi testi fondamentali- il Corano, l’Hadith (Legge orale), la storia e la biografia del Profeta Maometto – sono la perfezione, trasudano tolleranza e l’accettazione degli altri, i diritti civili per le donne e le minoranze; se alcuni musulmani sono attratti dal terrorismo, massacrando la gente, bruciando i nemici, vendendo le donne e tagliando le mani ai ladri, tutto ciò non è a causa dell'Islam - "religione della pace", delle sue idee o della santità delle sue opere, ma perché dei fattori esterni spingono i giovani musulmani a commettere questi delitti, che vanno contro l'Islam e il suo spirito, le sue idee, il suo stile di vita e i suoi obiettivi. Il problema di queste conferenze è che non c’è mai stata nemmeno una persona pronta a dichiarare la dolorosa verità: “ il Corano, l'Hadith, la storia e la biografia del nostro profeta sono pieni di idee, comandamenti, precedenti che spingono i nostri giovani al terrorismo, proprio come avevano motivato i nostri antenati a conquistare gran parte del mondo conosciuto nel VII secolo. Il concetto della conquista di terre straniere, il dominio da parte dell'Islam mediante terribile violenza, è quello che ha spinto l'Islam, dalla penisola arabica, a conquistare il territorio dall’Indonesia a est, fino alla Spagna e al Marocco ad ovest, ed è lo stesso che spinge i nostri giovani uomini e donne ad unirsi al jihad e a continuare a sottomettere il resto del mondo”. È vero, ci sono altri fattori - politici, sociali ed economici - che aiutano a promuovere il terrorismo, ma il principale motivo di base sono le idee e i precedenti nei testi sacri dell'Islam, e fino a quando non sorgeranno riformatori reali che opereranno modifiche significative in questi scritti, invece di tenere conferenze insignificanti come quella recente saudita, i musulmani continueranno a nascondere la testa sotto la sabbia, e il mondo continuerà a pensare che l'Islam sia una religione di pace, perché questo è ciò che illustri relatori dicono nelle loro conferenze. La negazione del vero problema sarà di perpetuare i problemi che ne derivano. C’è bisogno di un Martin Lutero musulmano, che ponga le domande giuste, avvii una riforma islamica, uno che metta in quarantena tutte le nozioni di sottomissione, violenza, odio e repulsione, cambiando la religione di Allah in qualcosa che possa portare alla fine il ciclo della violenza e della morte. Fino a quando quel riformatore non sarà nato, il mondo islamico continuerà a versare il proprio sangue e quello degli altri nella palude sanguinosa, chiamata Stato Islamico, i cui metodi vengono riportati dalle profondità del VII secolo al mondo di oggi.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi