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Shalom Rassegna Stampa
02.03.2015 Israele 'Stato ebraico': perché scandalizzarsi di questa definizione?
Analisi di Fiamma Nirenstein

Testata: Shalom
Data: 02 marzo 2015
Pagina: 4
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «La 'basic law' dello Stato di Israele che scandalizza il mondo»

Riprendiamo da SHALOM di febbraio 2015, a pag. 4-5, con il titolo "La 'basic law' dello Stato di Israele che scandalizza il mondo", l'analisi di Fiamma Nirenstein.


Fiamma Nirenstein

"Lo stato di Israele è democratico, basato sulle fondamenta della libertà, della giustizia e della pace nella visione dei profeti di Israele e sostiene i diritti individuali di tutti i suoi cittadini secondo la legge”.

Questo è l’inizio della proposta di legge che dovrebbe alla fine riconoscere Israele come lo Stato nazione del popolo ebraico. Non sembra minacciosa verso la democrazia come invece si sono affrettati a gridare i commentatori che non l’hanno nemmeno letta. E’ veramente notevole quante critiche e malumori abbia sollevato il fatto che il Parlamento israeliano abbia discusso il disegno che stabilirà, una volta approvato, che Israele è lo Stato nazionale del Popolo ebraico. Una verità auto-evidente, e che non sottrae nessun diritto alle minoranze, come non sottrae questo diritto il fatto che gli Stati Uniti siano la nazione del popolo americano. Cos’è che dà tanta noia all’opinione pubblica internazionale, che cosa spinge a credere che un fondamento legislativo di questo tipo possa trasformarsi in razzismo e in discriminazione? Non è l’Italia lo Stato del popolo italiano? Ciascuna nazione, non è la nazione del popolo che risiede con motivazioni storiche, culturali e, perbacco, talora persino religiose all’interno dei suoi confini, senza che questo significhi deturpare i diritti delle minoranze al suo interno? Perché immediatamente si è sospettato il governo israeliano, che così tanti amano odiare, di volere brandire una mannaia nei confronti delle religioni non ebraiche e verso le altre etnie?

Dove si trova la traccia che questo possa accadere? Non nella storia di questo paese, che ha rispettato tutte le differenze, e non nelle parole del disegno di legge che sarà quello maggioritario, ovvero quello già approvato dal Gabinetto. Forse che non è chiaro, anzi sicuramente non è chiaro neppure ai nostri amici una volta per tutte, anche se è stato rimarcato tante volte, che il popolo ebraico è appunto un popolo e che l’ebraismo non è una religione solamente. Moltissimi paesi occidentali, spiegano i costituzionalisti, definiscono il tema della appartenenza della terra al suo popolo in modo spesso molto più determinato di quanto non faccia la “basic law” ancora non votata alla Camera di Israele; e nessuno, fra i commentatori del New York Times o di Ha’aretz, sembra sapere che ci sono tre disegni di legge da mettere a confronto e nessuno dice, scegliendo di riportare la versione più dura, che l’opzione più probabile è invece che sia la versione più morbida a moderata quella destinata a diventare legge.

Sarebbe così bello che, una volta tanto nel giudizio verso Israele, invece di cercare il difetto, l’opinione pubblica cercasse di vedere la verità: e la verità è che la legge stabilirà semplicemente quello che ognuno sa e vede e che è naturale anche per qualsiasi altro popolo in qualsiasi altra nazione. Israele è lo Stato del popolo ebraico, la sua epica storia è costruita per ritrovare la patria degli ebrei da mani ebraiche, come noi italiani abbiamo avuto il nostro risorgimento e la nostra resistenza, così il popolo ebraico ha avuto i suoi momenti di identificazione nella storia contemporanea come nel passato, e le ragioni storiche e fattuali sono così forti, i sacrifici e l’eroismo nell’autodeterminazione, principio fondamentale della nostra epoca, così evidenti che davvero non dovrebbe saltare per la testa a nessuno di metterli in discussione.

Anche chi mette al primo posto la difesa dei diritti delle minoranze, e questo è un diritto incontrovertibile e anche importante, deve informarsi meglio: prima di tutto, tutte le versioni più estreme, quelle che potevano essere sospettate di discriminazione sono già cadute, anche se molti giornali di questo non tengono conto e seguitano a citarle, e il Gabinetto le ha già cancellate. La base della legge proposta dal governo è composta di 14 punti e dice: “La terra d’Israele è la patria del popolo ebraico e il luogo di nascita dello Stato”; poi si parla dell’inno “Hatikva”, successivamente dei diritto al ritorno che è esteso a ogni ebreo, poi della necessità di stringere rapporti con la diaspora e con gli ebrei in difficoltà nel mondo, dell’educazione e non della religione, e quando si arriva a parlare della religione si dice che qualsiasi membro di altre religioni avrà il diritto di osservare le sue feste e il suo culto, così come i luoghi santi resteranno nelle mani delle varie religioni.

Libertà, giustizia, integrità, pace sono i principi citati come tipici di Israele nel disegno preferito, e non c’è nessuna traccia di principi discriminatori, anche se si possono trovare invece in altri progetti di legge. Il principio dell’uguaglianza, che non viene citato espressamente per evitare le reazioni degli ortodossi, appare chiaramente nel richiamo alla dichiarazione di Indipendenza dal momento che la legge incorpora la dichiarazione del 1948 come fu redatta e letta da David Ben Gurion stesso. “In questi giorni in cui si scrivono varie leggi sulla nazionalità… non deve esserci spazio per discriminazioni verso gruppi dentro la società israeliana… e (occorre) santificare i principi di eguaglianza su cui la dichiarazione di indipendenza è basata…”.

La prefazione, fatta di cinque frasi, menziona la parola eguaglianza cinque volte. Molti altri punti del progetto che sarà probabilmente quello prescelto ne parlano. I principi discriminatori che erano contenuti nelle proposte di destra, sono stati scavalcati dalla decisione politica per cui la legge dovrà essere sponsorizzata dal governo, e Netanyahu dovrà dare la sua approvazione. Certo, chi ama odiare Bibi seguiterà ad odiarla, la propaganda internazionale continuerà a bombardare, ma ogni persona di buon senso leggerà il testo e vedrà che arabi, beduini, armeni, circassi, eccetera, seguiteranno a godere di una protezione completa di tutti i loro diritti civili e culturali. Invece, come è noto, oltre a una piattaforma nettamente nazionalista, gli arabi palestinesi hanno decisamente adottato una piattaforma nazionalista discriminatoria nei confronti degli ebrei e pretendono un carattere totalmente, esclusivamente, arabo del loro stato.


Il simbolo di Hamas tra spadoni, la Cupola della Roccia e una mappa della "Palestina" che non lascia dubbi sul progetto dei terroristi: pacifico, non trovate?

La Carta nazionale palestinese dice “La Palestina è la patria del popolo arabo palestinese, è parte indivisibile della patria araba e i palestinesi sono parte integrante della nazione araba”. Sembra a qualcuno che qui ci sia posto per una minoranza, tanto più per la larga minoranza israeliana che si produrrebbe se ci fossero distacchi territoriali notevoli nelle mani dei palestinesi per formare uno stato palestinese, ovvero se gli insediamenti finissero in mano palestinese?

Chi avesse qualche speranza, può rileggersi i discorsi di Abu Mazen che ha dichiarato più volte che non vuole vedere l’ombra di un ebreo all’interno dei suoi territori quando esisterà lo Stato palestinese. E’ pura cultura dell’odio come quella che santifica i terroristi e dà i loro nomi alle piazze palestinesi, quindi non ci riguarda, non con questa ci confrontiamo. Ci riguarda molto di più invece il punto politico della necessità di dichiarare chiaro e tondo che Israele, Stato ebraico, proprio per questo non sarà mai un Paese discriminatorio nei confronti delle minoranze e che quando Abu Mazen dice che non riconoscerà mai Israele come stato ebraico, mesta nel torbido: cerca infatti di alimentare la confusione che crea nebbia quando si pensa all’ebraismo come religione e non come radice eterna della vita di un popolo variegato e molto diversificato al suo interno, in parte religioso in parte non religioso.

Se la legge confermerà che gli autobus non circolino di sabato, sarà più o meno la stessa scelta che stabilisce in Italia che la domenica sia festa, o che sia festa nazionale il Natale. Un popolo può, anzi deve riconoscere la sua radice, la sua natura, i valori per cui vive e muore, specialmente se, come Israele, ogni giorno di fatto deve difenderli da un attacco discriminatorio e violento. Deve affermare di fronte all’interlocutore che ha giurato di non riconoscerti mai per quello che sei la sua identità, soprattutto perché è del tutto evidente che dietro il rifiuto di Abu Mazen si nasconde (a malapena) il progetto del diritto al ritorno indiscriminato e alla fine al piano di sommergere il popolo ebraico in uno stato binazionale che diventi poi solo arabo. Israele è lo Stato del Popolo ebraico, e proteggerà come nessun altro i diritti delle minoranze. Il resto è solo una favoletta. Inoltre se c’è un modo di tornare a colloqui di pace, esso è legato alla definizione chiara delle parti. Il popolo ebraico è una di queste parti.

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