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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
22.02.2015 Libia: forse armi chimiche in mano ai terroristi del Califfato
Cronaca di Guido Olimpio

Testata: Corriere della Sera
Data: 22 febbraio 2015
Pagina: 15
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «Armi chimiche in mano a milizie? Allerta in Libia»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 22/02/2015, a pag. 15, con il titolo "Armi chimiche in mano a milizie? Allerta in Libia", la cronaca di Guido Olimpio.


Guido Olimpio


Terroristi dello Stato Islamico in Libia

Ogni crisi mediorientale moltiplica notizie, voci, scenari allarmanti. A volte si tratta di informazioni incontrollabili: c’è un fondo di verità ma su questo si costruisce molto di più. La Libia non sfugge a questa «legge». E non potrebbe essere diverso. Il quotidiano saudita Asharq Al-Awsat ha scritto che una milizia islamista si sarebbe impossessata di sostanze che possono essere usate per realizzare armi chimiche. Il materiale tossico era ospitato in un deposito militare risalente all’epoca di Gheddafi e situato nella parte meridionale del Paese, a circa 600 chilometri a sud di Tripoli. Un’unità legata al gruppo di Misurata ne avrebbe trasferito numerosi contenitori nella loro città dove poi hanno eseguito un test. Una prova — ha aggiunto il giornale — documentata in un video con i combattenti.

Ora c’è il timore che i miliziani possano impiegarle contro i rivali — Misurata è al fianco del governo islamista di Tripoli — o anche che la sostanza finisca nelle mani dell’Isis. Il punto pero è che i combattenti devono essere in grado di trasformarle in armi e non è un processo semplice. Anche in Iraq, i ribelli sunniti vicini ad Al Qaeda hanno provato in passato a sviluppare ordigni «particolari», ma sono riusciti al massimo a produrre razzi pieni di clorina. Di recente, poi, gli americani hanno sostenuto di aver eliminato con un raid aereo un alto esponente dello Stato Islamico definito esperto nell’uso di gas letali. Con la fine del regime la comunità internazionale si è occupata della distruzione dell’arsenale chimico libico. Una missione condotta tra molte difficoltà per la situazione nel Paese ma che si è conclusa positivamente — almeno per quanto riguarda gli ordigni — nel febbraio 2014.

Eliminate le bombe, circa 3500, sono rimasti però i precursori, elementi indispensabili per la fabbricazione delle armi. A settembre l’Opac, l’organismo incaricato di monitorare il processo, ha rivelato che ve ne erano 850 tonnellate nell’impianto di Ruwagha, nel sudest della Libia. Un deposito che poteva essere svuotato per mancanza di controlli adeguati o causa di complicità interne. E forse qualcosa è avvenuto.

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lettere@corriere.it

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