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Il Giornale Rassegna Stampa
21.02.2015 Al Sisi: passa dal Cairo la speranza di un fronte islamico moderato
Commento di Fiamma Nirenstein

Testata: Il Giornale
Data: 21 febbraio 2015
Pagina: 12
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «E ora tutti (a Canossa) da Al Sisi»

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 21/02/2015, a pag. 12, con il titolo "E ora tutti (a Canossa) da Al Sisi", il commento di Fiamma Nirenstein


Fiamma Nirenstein


Abdel Fattah Al Sisi

Tutti lo guardano ormai come un leader con una responsabilità mondiale. Anzi, si spera nella sua determinazione; con un sorriso un po' scandalizzato e timido si capisce nel mondo che anche il problema libico e anche una contrapposizione dell'Islam moderato all'Isis, dopo i tanti auguri di «buona soluzione pacifica», la solita, da parte dell'Onu, è di fatto soprattutto nelle sue mani, di Abdel Fattah al Sisi, generale e presidente dell'Egitto.

La visita che il nostro Sottosegretario di Stato senatore Marco Minniti ha fatto al presidente egiziano, con lettera o senza lettera di Renzi (lui nega di averne portate) dice in buona sostanza questo: l'Italia sa di avere un guaio urgente con la Libia e il terrorismo, seguiremo l'impostazione del tentativo diplomatico dell'Onu, ma abbiamo fiducia nella collaborazione con l'Egitto anche in una circostanza tanto delicata.

Caduti i pregiudizi durati alcuni mesi, Sisi è diventato un interlocutore più che commendevole anche per un esperto di strategia internazionale come Minniti, orientato a rispondere al pericolo Isis con «le armi della democrazia», come ha detto, e come gli si compete da uomo di sinistra. Ma Sisi non ha l'uso delle armi della democrazia come suo primo obiettivo; Sisi, in Libia sa di avere a Tripoli rivali sostenuti dalla Turchia e mentre l'Onu cerca la soluzione del rapporto con Tobruk vuole anche punire terribilmente il terrorismo che osa toccare gli egiziani. Cercherà di trovare il modo quali che siano le pastoie internazionali. Non è per le armi della democrazia che cerchiamo Sisi, ma perché adesso sappiamo, essendoci ricreduti, che quando lui individuava nella Fratellanza Musulmana la testa del fronte che comincia fra pseudo moderati e finisce nell'Isis, aveva ragione. Sappiamo che combatte bene contro il terrore, lo conosce, e che, duro com'è, tuttavia è stato a sua volta ferito dagli attacchi dell'Isis.

A suo tempo sulla scia di Obama tutta la sinistra mondiale lo ha biasimato e messo in castigo. Ma il senatore e responsabile per la sicurezza delle Repubblica, di certo non è andato a prendere un tè. Anche Renzi aveva già incontrato Sisi due volte. Obama gli aveva addirittura tagliato i fondi e le forniture di armi, era stato visto in Sisi un pesante, personaggio in stile Moubarak, un dittatore che aveva fermato insieme a Mohammed Morsi anche gli ultimi fuochi di piazza Tahrir. Oggi appare per quello che veramente è: il leader arabo, che unico, può organizzare un fronte islamico moderato e che ha identificato il fronte di continua sedizione terrorista in Medio Oriente, compresa Hamas. Dopo il sacrificio umano dei cristiani su una spiaggia della Sirte per mano dell'Isis, non è più un dittatore, ma un alleato.

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