Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 20/02/2015, a pag. 34, con il titolo "Il riconoscimento della Palestina", la lettera della rappresentante palestinese a Roma Mai Aikaila.
Questa lettera è un esempio delle posizioni estreme - di aperto appoggio al terrorismo - della leadership "moderata" nell'Anp. Si tratta del rovesciamento totale della realtà. La riprendiamo per mostrare quali sono nella realtà le posizioni ufficiali dell'Anp.
Ci sarebbe piaciuto un intervento del rappresentante palestinese a Roma sul motivo per cui sono saltati i colloqui di pace tra Israele e Anp. Non solo recentemente, ma da sempre, dopo Oslo, sino a oggi. Già con Arafat, l'Olp ha rifiutato qualunque offerta di Israele, incluse quelle che di fatto soddisfacevano le richieste palestinesi. La Seconda Intifada venne programmata, d'altra parte, proprio a partire da un "no" alle proposte di Israele.
Sono due le strade per giungere alla pace. La prima è la sconfitta dei terroristi, cominciando da Hamas, su cui non ci sembra che l'Anp abbia posizioni anche solo minimamente serie. La seconda, che invece l'Anp riconosca il diritto alla sicurezza, visto che continua a godere della protezione di Israele, ma, al contempo, fomenta il terrorismo contro lo Stato ebraico.
Fintanto che l'Anp proseguirà su questa via, l'unica possibilità per Israele è il mantenimento dello status quo. Una scelta dolorosa per tutti, ma meno di quanto lo sarebbe l'abbandono di una politica di totale sicurezza da parte di Israele.
Naor Gilon, ambasciatore israeliano in Italia
Questo è il link all'intervista di Vincenzo Nigro a Naor Gilon, ambasciatore di Israele in Italia: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=4&sez=120&id=57253 uscita ieri su REPUBBLICA.
Le Monde, in data venerdì 20 febbraio ,pubblica un reportage da Hebron dal quale apprendiamo che un affiliato dello Stato Islamico è stato arrestato, e la sua organizzazione smantellata dallo Shin Beth in collaborazione con i servizi dell'Anp, già da gennaio. L'indagine era però partita a metà novembre. Pubblicheremo domani un intervento sulla situazione a Hebron, ma ci chiediamo come il rappresentante dell'Anp a Roma non senta l'urgenza di informare i lettori italiani attraverso un'altra lettera/articolo. Se queste informazioni giungessero anche da parte palestinese, l' Anp avrebbe fatto buona informazione. Un passo che la rappresentante non ha ritenuto di compiere.
Hebron
Ecco la lettera uscita su REPUBBLICA oggi:
Mai Aikaila, rappresentante palestinese a Roma
Caro direttore,
in qualità di Ambasciatore dello Stato di Palestina in Italia, mi avvalgo del diritto di replica a quanto affermava l’Ambasciatore d’Israele in Italia, Naor Gilon nell’intervista pubblicata ieri su Repubblica.
L’Ambasciatore d’Israele afferma che il riconoscimento è una mossa inutile e dannosa che rischia di fare un favore soltanto agli estremisti. Anzi vorrei chiarire al Signor Ambasciatore e ai gentili lettori del giornale che il riconoscimento dello Stato di Palestina è una mossa che va nella giusta direzione, secondo il diritto internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite e del Consiglio di Sicurezza n. 242, n. 338 e n. 1515 che invitano la potenza occupante rappresentata da Israele a ritirarsi dai territori occupati nel 1967, ivi compresa Gerusalemme Est.
E ribadisco che il non riconoscimento dello Stato di Palestina è un regalo gratuito che si offre alle forze dell’estremismo che possono strumentalizzare la causa giusta del popolo palestinese. Perché la Palestina non può essere riconosciuta dagli Stati membri delle Nazioni Unite, come è accaduto nel 1949 per il riconoscimento d’Israele? L’Italia già il 29 novembre 2012 ha riconosciuto la Palestina come Stato osservatore non membro delle Nazione Unite, quindi era dannoso anche questo?
I palestinesi hanno trattato con i diversi governi israeliani dal 1993, senza avere nessun risultato, anzi hanno continuato con la loro politica di: 1. intensificazione della colonizzazione delle terre palestinesi; 2. confisca dei terreni; 3. ebraicizzazione di Gerusalemme e l’espulsione di tanti suoi abitanti palestinesi; 4. demolizioni delle case, costruzione del muro e privazione dell’acqua; 5. continuo aumento dei prigionieri politici e di detenuti amministrativi (detenzione preventiva) in tutta la Palestina; 6. embargo e aggressioni nella Striscia di Gaza con migliaia di morti, sfollati, feriti, e la distruzione di infrastrutture sanitarie, scolastiche ed abitazioni.
Tutto nella piena violazione del diritto internazionale e della Quarta Convenzione di Ginevra, che obbliga la potenza occupante a rispettare e garantire l’integrità territoriale del paese occupato. Israele non ha nessun piano di pace e rifiuta lo Stato e la sovranità palestinese e non vuole nessuna soluzione del conflitto, anzi mantiene lo status quo: Israele non vuole giustizia per i rifugiati palestinesi, non blocca le colonie e non vuole tornare ai confini del 1967.
Che strano che l’Ambasciatore d’Israele chiede ai palestinesi di garantire la sicurezza dello Stato d’Israele, questo Stato che detiene la potenza nucleare e un esercito che viene definito la “quarta potenza” nel mondo e la prima nel Medio-Oriente. È un esercito che utilizza la potenza militare di armi sofisticate e proibite internazionalmente, come il fosforo bianco e l’uranio impoverito contro civili, bambini, anziani inermi, che tuttora soffrono degli effetti di queste armi proibite.
Per noi palestinesi la sicurezza d’Israele è nella nascita e crescita di uno Stato sovrano palestinese in una pace giusta e durevole che vede i due Stati, Palestina e Israele, vivere insieme in buon vicinato. Va ricordato l’appello ai parlamentari italiani ed europei per il riconoscimento dello Stato di Palestina, promosso da più di mille intellettuali israeliani, tra cui Alon Liel (ideatore dell’appello), Ester Levanon Mordoch, Ilan Baruch, Ilan Pappé, David Grossman.
La leadership palestinese non è contraria al negoziato come principio, ma dopo le esperienze passate chiede la legalità internazionale come punto di riferimento e una calendarizzazione del negoziato e della fine dell’occupazione israeliana e della nascita dello Stato di Palestina. Per concludere, i palestinesi hanno il diritto di costruire un loro Stato sovrano laico e democratico, in cui convivono pacificamente tutte le religioni.
Per inviare la propria opinione a Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante