Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 20/02/2015, a pag. 19, con il titolo "Obama: 'L'Is sta compiendo un genocidio' ", la cronaca di Alberto Flores d'Arcais.
Alberto Flores d'Arcais
Barack Obama
Le armi da sole non bastano, per sconfiggere il terrorismo islamico occorre prima di tutto che i diritti umani vengano rispettati, che ci sia tolleranza religiosa e che le vie del dialogo vengano tenute aperte. Al vertice mondiale sull’antiestremismo (che a Washington vede riuniti leader politici, autorità religiose e Ong di sessantacinque paesi) Barack Obama sottolinea come la mancanza di libertà fondamentali (unita a una drammatica povertà) siano un facile terreno di coltura per le violenze più estreme. «Quando le persone vengono oppresse, quando i diritti umani vengono negati, quando il dissenso viene azzittito con ogni mezzo, si crea inevitabilmente un ambiente che i terroristi possono sfruttare al meglio», dice il presidente Usa in un appello rivolto al mondo — ma che ha come primi destinatari i paesi arabi e musulmani — perché in ogni parte del pianeta ci siano «libere elezioni, giudici indipendenti, libertà di parola e religione certezza delle leggi».
Bacchetta anche l’Europa Obama, quando ricorda che gli Stati Uniti hanno qualcosa che il Vecchio Continente non ha (una “lunga tradizione” nell’accoglienza degli immigranti) e come anche i musulmani negli States trovino una casa, un lavoro e leggi che li rendono uguali agli altri, ma punto centrale resta la sfida contro “l’ideologia deformata” dei gruppi del terrore “che usano l’Islam” per giustificare la violenza (il presidente Usa non esita a definire “genocidio” le azioni dell’Isis e di gruppi come Al Qaeda e Boko Haram): «Questi terroristi sono alla disperata ricerca di legittimità, tutti noi dobbiamo rifiutare la nozione che lo Stato Islamico rappresenti l’Islam. Questa non è una guerra dell’Occidente contro l’Islam, non è uno scontro tra civiltà. Questa è la grande menzogna dei terroristi che non hanno diritto di parlare a nome di un miliardo di musulmani».
Matteo Renzi
Mentre Obama parla, la diplomazia lavora dietro le quinte nel tentativo di trovare una soluzione a quanto accade in Libia (oltre che in Siria e Iraq). Il Segretario di Stato John Kerry incontra (alla presenza di Ban Ki-moon) il ministro degli Esteri “europeo” Federica Mogherini e quello egiziano Sameh Shoukri. L’Egitto ha presentato alle Nazioni Unite una bozza di risoluzione che prevede anche l’uso della forza militare, ma gli Stati Uniti e i principali paesi europei restano al momento freddi. Qualcosa dovranno però decidere (e anche in tempi brevi) perché sul terreno la situazione diventa ogni giorno più complicata. Le nuove minacce dell’iS all’Italia vengono prese molto seriamente e ieri Marco Minniti (sottosegretario con delega ai Servizi) è stato inviato al Cairo dal premier italiano per portagli una lettera, in cui gli chiede di aumentare gli sforzi per aiutare il dialogo tra le fazioni in Libia.
L’intelligence italiana ha da sempre un occhio attento a quanto accade in quel Paese e anche dopo la caduta di Gheddafi ha mantenuto i contatti con le diverse milizie in lotta tra di loro e con i due governi (quello riconosciuto internazionalmente di Tobruk, sostenuto dal Cairo e quello islamico di Tripoli). Lo stesso Renzi ha poi in programma un viaggio a Mosca il prossimo mese per cercare di coinvolgere la Russia di Putin nella coalizione internazionale che combatte i terroristi dello Stato Islamico. Il vero problema restano i paesi arabi e quelli che sono accusati di finanziare (più o meno direttamente) i terroristi. Accuse che adesso l’Egitto rende pubbliche, chiamando in causa il Qatar. Il paese del Golfo ha subito richiamato il proprio ambasciatore al Cairo e ha ottenuto il pubblico appoggio di Arabia Saudita e degli altri emirati, ma che dietro i successi dello Stato Islamico ci sia anche una “guerra” intermusulmana sembra ormai un fatto acclarato. Usa ed Europa dovranno tenerne conto.
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