Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 19/02/2015, a pag. 30, con il titolo "La democrazia in recessione", l'analisi di Thomas L. Friedman.
In questo articolo finalmente Thomas L. Friedman mette da parte le posizioni di apertura al terzomondismo e di wishful thinking e delinea un quadro realistico e inquietante della Turchia odierna: un Paese che non ha più nulla dello Stato laico e democratico.
Ecco l'articolo:
Thomas L. Friedman
Il sultano Erdogan 'il Magnifico'
Ormai ogni mese il governo turco ci delizia con un’uscita antisemita, neanche partecipasse a una gara di insulti. Non sapevate che gli ebrei in tutto il mondo si danno da fare per spodestare il presidente Recep Tayyip Erdogan? La settimana scorsa ci ha pensato il primo ministro Ahmet Davutoglu a dichiarare che la Turchia «non soccomberà alla lobby ebraica». Erdogan aveva già sostenuto che gli avversari interni del partito di governo, l’Akp, «cooperano con il Mossad», l’intelligence israeliana.
Le illazioni antisemite di Davutoglu e Erdogan, che ora le utilizza regolarmente per galvanizzare la sua base, sono basse, rozze e disgustose. Per la grande nazione turca però fanno parte di una più ampia tragedia. È davvero difficile continuare a sostenere che la Turchia di Erdogan sia una democrazia. Peggio ancora, bisogna dire che la deriva turca si inserisce in un più ampio trend globale: la democrazia oggi è in recessione. In un saggio dal titolo Facing Up to the Democratic Recession (“ Affrontare la recessione democratica”) pubblicato sull’ultimo numero del Journal of Democracy , Larry Diamond, esperto dell’Università di Stanford, afferma: «Attorno al 2006 l’espansione della libertà e della democrazia nel mondo ha subito una battuta d’arresto. Dal 2006 non si è registrata alcuna espansione nel dato numerico delle democrazie elettorali, oscillante tra 114 e 119 (corrispondente a circa il 60 per cento degli stati mondiali). Il numero delle democrazie sia elettorali che liberali ha iniziato a decrescere dopo il 2006 per poi bloccarsi. A partire dal 2006 anche il livello medio di libertà nel mondo ha subito un lieve deterioramento». Dal 2000 in poi, aggiunge Diamond, «in tutto il mondo sono 25 i sistemi democratici crollati, non solo a causa di colpi di stato ma anche per via del velato e crescente deterioramento dei diritti e delle prassi democratiche ».
La Russia di Vladimir Putin e la Turchia di Erdogan rappresentano l’esempio più eclatante di questa tendenza, assieme a Venezuela, Thailandia, Botswana, Bangladesh e Kenya. In Turchia, scrive Diamond, l’Akp ha esteso costantemente «un controllo fazioso su magistratura e burocrazia, arrestando giornalisti, intimidendo i dissidenti in campo giornalistico e accademico, minacciando le imprese di ritorsioni in caso finanzino i partiti di opposizione, utilizzando arresti e processi per presunti complotti sovversivi. Tutto questo ha coinciso con un accentramento sempre più audace del potere nelle mani di Erdogan». Lo stato di diritto in Turchia è vittima di una grave erosione. Nel frattempo l’osservatorio della Freedom House ha rilevato che nel periodo 2006-2014, in molti paesi, il livello di libertà è diminuito più che aumentare. La tendenza è più pronunciata nell’Africa sub-sahariana, incluso il Sudafrica, dove ormai la trasparenza diminuisce, la legalità si sfalda e la corruzione cresce.
Qual è il motivo di questa involuzione? Diamond lo identifica nel fatto che gli autocrati di oggi imparano in fretta. Hanno creato e condiviso «nuove tecnologie di censura e strategie giuridiche per inibire l’azione della società civile e impedire che questa riceva sostegno internazionale». Negli anni Novanta e Duemila, con l’ascesa della democrazia post Guerra Fredda, le antiche prassi di corruzione e abusi vari erano state messe in sordina. «Ma oggi gli autocrati corrotti hanno la sensazione che le acque si siano calmate e di poter governare come vogliono, con indecente avidità». Inoltre la Cina, che non ha standard democratici da rispettare, fornisce aiuti a gran parte dell’Africa, rimpiazzando gli Stati Uniti in questo ruolo, mentre la Russia si è fatta più aggressiva nel minare praticamente qualsiasi tendenza democratica ai suoi confini. Infine, dopo l’Undici settembre, la nostra priorità in politica estera è diventata la “guerra al terrorismo”, soppiantando la promozione della democrazia, quindi ogni autocrate che ha catturato dei terroristi ha ricevuto virtualmente un lasciapassare dall’America.
Però, aggiunge Diamond, «forse l’aspetto più preoccupante della recessione democratica sta nel declino dell’efficienza, dell’energia e della fiducia a sostegno della democrazia » in America e in generale in Occidente. Dopo anni di stallo e corruzione, la prima democrazia del mondo è sempre più anomala, con il governo che rischia lo shutdown perché non è in grado di approvare un semplice bilancio. «Il mondo prende nota di tutto questo», dice Diamond, «i media dei Paesi autoritari pubblicizzano beatamente il calvario della democrazia americana per screditare la democrazia in generale». Ma Diamond esorta i democratici ad aver fede. La democrazia, come osservava Churchill, resta la peggiore forma di governo — eccezion fatta per tutte le altre. E ancora accende l’immaginazione delle persone come nessun altro sistema. Ma sarà così solo se le grandi democrazie offriranno un modello degno di essere seguito. New York Times Traduzione di Emilia Benghi
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