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La Stampa Rassegna Stampa
19.02.2015 Votare per lo 'Stato di Palestina' è un premio al terrorismo palestinese: il Pd si divide e rinvia
Cronaca di Francesca Paci, Dino Martirano intervista il deputato Pd Walter Verini, editoriale del Foglio

Testata: La Stampa
Data: 19 febbraio 2015
Pagina: 8
Autore: Francesca Paci - Dino Martirano
Titolo: «'Riconosciamo la Palestina': il Pd ci prova, si divide e rinvia - Verini: 'Il momento è delicato, c'è un antisemitismo dilagante. Prima condanniamo Hamas' - Non dare Israele in pasto ai suoi nemici»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/02/2015, a pag. 8, con il titolo " 'Riconosciamo la Palestina': il Pd ci prova, si divide e rinvia", la cronaca di Francesca Paci; dal CORRIERE della SERA, a pag. 9, con il titolo "Verini: 'Il momento è delicato, c'è un antisemitismo dilagante. Prima condanniamo Hamas' ", l'intervista di Dino Martirano al deputato Pd Walter Verini; dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale "Non dare Israele in pasto ai suoi nemici"

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Francesca Paci: " 'Riconosciamo la Palestina': il Pd ci prova, si divide e rinvia"


Francesca Paci

Fumata nera per la mozione del Partito Democratico sullo Stato di Palestina. Ieri, al termine di una giornata segnata da un acceso dibattito interno tra la fazione favorevole al riconoscimento diretto sull’esempio della Francia (Sel e la sinistra Pd) e quella più sensibile alle ragioni d’Israele decisa invece a dire sì ma solo dopo le Nazioni Unite e solo in un quadro negoziale, il testo unico del Pd che avrebbe dovuto essere presentato stamattina non era stato neppure scritto. Di fatto oggi, in virtù del voto sul decreto legge Milleproroghe, non ci sarà alcun pronunciamento sul tema che ha già lacerato la politica di molti paesi europei. Tutto postposto dunque o, per usare le parole del capogruppo Roberto Speranza, ogni grattacapo a suo tempo: «Se votiamo domani presentiamo il testo domani, se votiamo dopodomani presentiamo il testo dopodomani...».
Quella della mozione sullo Stato di Palestina è una storia che va avanti da quando il presidente palestinese Abu Mazen, stretto tra l’oltranzismo della destra israeliana e quello dei suoi capitanati da Hamas, ha deciso l’intifada diplomatica chiedendo il riconoscimento entro i confini del ’67 tanto all’Onu (dove l’Anp è presente dal 1974 ma solo come «osservatore permanente») quanto ai parlamenti del vecchio continente. Da almeno vent’anni per l’Europa l’unica soluzione al conflitto dei conflitti è quella dei «due popoli, due stati». L’iniziativa di Abu Mazen è stata una fuga in avanti denunciata come unilaterale da Israele ma che il 17 dicembre scorso ha prodotto una risoluzione bipartisan del Parlamento Ue (498 sì, 88 no, 111 astenuti) in cui seppure in modo simbolico (l’Ue non dà la patente di Stati) si riconosce «in linea di principio» lo Stato di Palestina entro i confini del ’67. In modo analogo si sono poi espresse la Camera dei Comuni britannica, la Francia, la Spagna, la Svezia (la Germania ha evitato il tema sensibile).

Sull’Italia le speranze palestinesi erano particolarmente vive in virtù della sempre citata amicizia tra i due popoli. In realtà il fronte politico è da sempre tutt’altro che omogeneo (anche nel Pd). La Lega è contraria «in assenza di accordi bilaterali con Israele» e ipotizzava una mozione «contro ogni tentativo unilaterale dell’Anp di ottenere riconoscimenti ideologici». Sel e il Psi sostengono in modo separato il riconoscimento affinché ripartano i negoziati per arrivare «alla soluzione due popoli, due Stati» e citano il parere positivo di 100 intellettuali israeliani (fra cui Yehoshua, Oz, Grossman). Favorevoli sono anche i 5Stelle, un blocco a cui l’ambasciata israeliana ha replicato anche ieri che «qualsiasi riconoscimento prematuro non farebbe che incoraggiare i palestinesi a non ritornare ai negoziati con Israele e allontanerebbe ulteriormente le possibilità di una pace».

Ma è soprattutto nel Pd che gli umori divergono al punto da aver incaricato Enzo Amendola di preparare un testo che riducesse le distanze e andasse verso l’ok allo Stato di Palestina ma all’interno di un processo di mutuo riconoscimento dei due Stati (qualcuno ha obiettato anche l’opportunità di votare a un mese dalle elezioni israeliane). Lo slittamento fa tirare a tutti un sospiro di sollievo.

CORRIERE della SERA - Dino Martirano intervista Walter Verini, deputato Pd: "Verini: 'Il momento è delicato, c'è un antisemitismo dilagante. Prima condanniamo Hamas' "


Walter Verini

«No, quello che è successo sulle mozioni sulla Palestina non è un rinvio alle calende greche, non è un modo furbesco per aggirare una questione importante sulla quale il Pd, da partito maturo qual è, ha deciso di prendere posizione. Certo, il momento è delicato: l’instabilità del quadro internazionale, l’antisemitismo dilagante in tutta Europa e poi non dimentichiamo che a marzo si vota in Israele e tutto può essere strumentalizzato in chiave elettorale dalla destra». Walter Verini, deputato dem che conosce bene la dinamica della convivenza tra i «due Stati» ha lavorato molto in queste ore affinché la mozione del Pd sia il frutto di una sintesi che tenga necessariamente conto di almeno due condizioni.

Quali sono queste condizioni irrinunciabili? «Quando noi pensiamo al riconoscimento dello Stato palestinese dobbiamo chiarire che non possiamo accettare, anzi che dobbiamo combattere, quanto va sostenendo per statuto Hamas: e cioè distruggere Israele, uccidere gli ebrei, negare l’Olocausto. Soprattutto ora che assistiamo a fenomeni di antisemitismo dilagante».

L’ambasciata israeliana ha inviato un messaggio molto forte che qualcuno giudica un’invasione di campo. «Il Pd è amico di Israele anche se noi diciamo che molte volte i governi israeliani hanno sbagliato. In passato hanno eretto muri e commesso errori gravi. Però ora noi dobbiamo aiutare Israele a non avere paura perché Israele ha il diritto di puntare alla sicurezza dei suoi cittadini. E lo stesso ragionamento vale per i palestinesi perché noi sappiamo bene che Abu Mazen ha una politica profondamente diversa da Hamas anche se poi è costretto a convivere con chi teorizza e mette in pratica la distruzione di Israele».

Come farete a trovare la sintesi nella mozione che deve mettere insieme diverse sensibilità presenti nel Pd? «Io dico che non può esistere uno Stato palestinese sereno, laborioso e libero se, contestualmente, viene negato agli israeliani di essere laboriosi, sereni e liberi. Non c’è alternativa, tutto ruota intorno alla formula due Stati e due popoli sancita dagli accordi di Oslo. È lì che bisogna tornare».

Come immagina il dispositivo della mozione del Pd? «Questo è un compito affidato al deputato Enzo Amendola, responsabile Esteri del partito. In ogni caso, il riconoscimento dello Stato palestinese marcia di pari passo con il riconoscimento reciproco dei due Stati e, dunque, con la condanna netta di tutto ciò che è annientamento di Israele, distruzione, negazionismo. D’altronde è anche quello che chiedono 800 scrittori guidati da Abraham Yehoshua».

Sel teme che il Pd abbia trovato l’ennesima scusa per rinviare una questione spinosa. «Sel e altre forze parlamentari hanno tutto il diritto a ottenere la calendarizzazione delle mozioni sulla Palestina». 

IL FOGLIO: "Non dare Israele in pasto ai suoi nemici"



La Camera dei Deputati

Speriamo che il premier Matteo Renzi, che si è più volte professato e dimostrato amico di Israele, non decida adesso di gettare lo stato ebraico, l’unica democrazia mediorientale, in pasto al mondo arabo-islamico. Perché questo sarebbe il significato di un possibile riconoscimento italiano dello “stato di Palestina” (il voto è in programma domani alla Camera). E’ interesse anche d’Israele, perché condizione di pace oltre che esigenza di giustizia, cercare il dialogo con i palestinesi. Ma è volontà di sterminio chiedere, attraverso un voto simile, agli ebrei raccolti in Israele, terra d’asilo per i profughi europei, di rinunciare alla loro patria e di accettare la condizione di essere una minoranza senza difese in un mare arabo. Soltanto Israele può dare ai palestinesi quello che vogliono: indipendenza politica ed economica. Per questo il Parlamento italiano dovrebbe rigettare il ricatto della “guerra diplomatica” contro Gerusalemme. Perché con queste iniziative si vogliono in realtà distruggere i negoziati fra Israele e palestinesi, si vuole fare della “Palestina” una questione internazionale, si vuole rendere irrilevante la sicurezza d’Israele. Chiedere agli israeliani il suicidio nazionale, per farsi minoranza in uno stato a prevalenza araba, con le garanzie di laicità, di democraticità, di rispetto delle minoranze che offrono gli Arafat, gli ayatollah e gli islamisti di oggi, è un’ipotesi delirante o un delitto. Eppure finora, per sete di petrolio, calcolo politico, demagogia o solidarietà imbelle con il Terzo mondo, molti Parlamenti in Europa, che dovrebbero rappresentare paesi civili, hanno accettato che Israele venisse spinto ai margini del consorzio internazionale. L’Italia non assecondi questa vergogna.

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