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La Stampa Rassegna Stampa
15.02.2015 Copenaghen: come lo Stato Islamico continua la guerra all'Occidente
Analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 15 febbraio 2015
Pagina: 7
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Ronde islamiche e jihadisti di ritorno. Così l'Isis si è infiltrato in Danimarca»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/02/2015, a pag.7, con il titolo "Ronde islamiche e jihadisti di ritorno. Così l'Isis si è infiltrato in Danimarca",  il commento di Maurizio Molinari.

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La vignetta di Lark Vilks che nessun giornale ha pubblicato oggi
(in alto: Maurizio Molinari)

L'attentato di Copenaghen - tutti i giornali oggi lo raccontanpo ampiamente - offre alcune riflessioni. Il disegnatore svedese Lark Vilks, uscito salvo nella sparatoria che ha causato un morto e feriti, non ha avuto l'onore di vedere qualche sua vignetta sui quotidiani italiani. Cautela ? timori ? paura vera e propria ? Certo, è più facile e meno pericoloso richiamarsi a una generica solidarietà, ma così si incoraggia il terrorismo, dopo la strage di Parigi e ora Copenaghen restiamo in attesa di conoscere a chi toccherà la prossima volta.

Ronde nei quartieri per imporre la Sharia, volontari per il Califfo con i sussidi governativi, una delle percentuali più alte di estremisti e la missione di «punire per l'eternità i credenti nella democrazia»: i jihadisti danesi si ritrovano nel «Millatu Ibrahim», l'unico gruppo fondamentalista europeo a richiamarsi apertamente allo Stato Islamico (Isis). «Millatu Ibrahim» è un'espressione coranica con cui si intende la «fede di Abramo» ed è il nome del gruppo salafita tedesco di cui faceva parte anche il rapper convertito De-so Dogg. Messo al bando nel 2012 in Germania, dove nel 2013 è stato bersagliato da raid e arresti, «Milla-tu Ibrahim» nel 2014 trasloca in Danimarca dove debutta in settembre su YouTube con un video girato a Aarhus in cui il jihadista Abu Abdurrahman, alternando arabo e danese, inneggia tanto al Califfo di Isis, Abu Bakr al Baghdadi, che ad Abu Musab al Zarqawi, il leader di «Al Qaeda in Iraq» ucciso dagli americani nel 2006 e considerato l'ideologo dello Stato Islamico. «Condanniamo per l'eternità chi crede nella democrazia» dice il jihadista, a viso aperto, accomunando nel disprezzo le istituzioni danesi e «i musulmani che le sostengono». Nel video campeggia il logo del gruppo: una Kaba stilizzata fra rami d'alloro. II legame Nico Prucha, esperto di Jihad europea all'Istituto di affari internazionali dell'Università di Vienna, afferma che «c'è un forte legame fra Millatu Ibrahim e Stato Islamico». Se la genesi del gruppo danese è a Vejle, altre cellule operano a Copenhagen, Aarhus, Odense e Aalborg Si tratta di individui ideologicamente motivati, ben collegati e- secondo fonti della sicurezza danese - in contatto con altre cellule in Austria, Germania, Belgio, Francia e Gran Bretagna. La pericolosità di «Milla-tu Ibrahim» si riflette nel numero dei volontari partiti per Siria e Iraq: circa 100 ovvero 18 per ogni milione di residenti che significa il secondo tasso pro-capite più alto d'Occidente dopo il Belgio, 22, e assai più alto rispetto a Francia e Australia, 11, Norvegia, 10, Gran Bretagna, 6, e Svezia, 3. Miliziani con sussidio La Politiets Efterretningstjene-ste, l'intelligence danese, ritiene che gran parte delle partenze sono «verso la Siria» inclusi di 28 musulmani che risultavano soccupati» nei registri comunali, riscuotendola relativa immunità. Per mesi hanno combattuto per il Califfo ricevendo i versamenti di denaro dei contribuenti sui conti bancari danesi a conferma dell'integrazione nella società. Ad aver studiato l'alto tasso di jihadismo danese è Magnus Ranstorp, esperto di terrorismo al «Collegio di Difesa» di Svezia, secondo il quale «è il risultato della presenza di imam estremisti, delle notevoli dimensioni del gruppo Hiz-ut-Tahrir ed anche dell'aumento di polarizzazione dentro la società nazionale dove ha avuto un impatto non indifferente la pubblicazione nel 2005 delle vignette su Maometto da parte dello «Jyllands-Posten». Si spiega così anche la scoperta da parte della polizia di «gang» che in alcuni quartieri popolati di immigrati tentano di imporre la Sharia, legge islamica. La strada del «recupero» Nel tentativo di disinnescare questa mina il governo danese segue una strada basata sul recupero dei jihadisti che tornano. Ad Aarhus, dove la moschea di Grimhoj ha generato almeno 23 volontari per il Califfo, le autorità hanno creato un «centro di recupero» modellato sulla struttura precedente, creata nel 2007, per «disintossicare» dal neonazismo gli hooligans degli stadi. Dei 30 jihadisti partiti da Aarhus almeno 5 sono morti - incluse due donne - e 16 sono tornati: nessuno è stato arrestato ma ognuno ha ricevuto un «mentore» che G segue per «recuperarli». Fra le testimonianze raccolte in questa maniera, vi sono spiegazioni della scelta della Jihad motivata dalla volontà di «essere dei buoni musulmani e trasferirsi in uno Stato Islamico per essere rispettati». Ma per Jytte Klausen, docente dell'Università di Brandeis laureata ad Aarhus e studiosa dei jihadisti di ritorno, si tratta di una «soluzione assai ingenua perché stiamo parlando di danesi che a Raqqa ordinavano ai civili di rispettare gli editti del Califfo» mostrando una motivazione assai radicata.

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